Mense scolastiche in Italia: un diritto a metà
Un viaggio nei numeri, nelle regole e nelle fratture del sistema mense: costi, qualità, Nord-Sud e il ruolo del pasto come diritto
Le mense scolastiche in Italia sono uno snodo cruciale dove si intrecciano diritti, disuguaglianze, salute pubblica e crisi climatica. “Il cibo che educa” è un dossier di Valori.it che entra in uno dei luoghi meno visibili del nostro welfare per raccontare un servizio essenziale, troppo spesso trascurato. Perché da ciò che finisce nel piatto delle bambine e dei bambini non dipende solo la qualità del loro pranzo, ma l’idea stessa di futuro che stiamo costruendo.
Gli articoli del dossier:
- Mense scolastiche in Italia: un diritto a metà
Un viaggio nei numeri, nelle regole e nelle fratture del sistema mense: costi, qualità, Nord-Sud e il ruolo del pasto come diritto. - Quando la mensa diventa politica climatica
Dalle scuole alle città, la mensa diventa strumento per ridurre emissioni, cambiare abitudini alimentari e trasformare la spesa pubblica in politica climatica. - Dove la mensa funziona: i modelli che cambiano il piatto
Storie e modelli concreti di mense che funzionano: città, cooperative e scuole che sperimentano filiere locali, menù sostenibili e partecipazione delle famiglie. - «La mensa è parte dell’educazione»: perché il pasto è un atto politico
Claudia Pratelli, assessora alla Scuola di Roma Capitale, racconta perché il pasto scolastico è parte del percorso educativo, leva contro le disuguaglianze e strumento concreto di politica pubblica. - Cosa raccontano le famiglie sulle mense scolastiche
Le voci di ottanta famiglie rivelano qualità, problemi e disuguaglianze delle mense scolastiche italiane, tra igiene, nutrizione, partecipazione e richieste di maggiore equità.
Quando il pranzo diventa una questione di salute e clima
Negli ultimi anni si sono registrati significativi avanzamenti, ma in Italia le mense scolastiche restano un servizio diseguale, che riflette le disuguaglianze strutturali del Paese, evidenti nelle differenze di standard tra Nord e Sud.
Prima di tutto, però, è importante capire quanto e perché si tratti di un settore chiave. Secondo un rapporto di Save the Children e dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, il 27% dei minorenni nel nostro Paese è in sovrappeso o obeso. Uno su 20 vive in povertà alimentare, ovvero non consuma almeno un pasto proteico al giorno. In questo contesto, per molte studentesse e molti studenti il pasto consumato a scuola – che dovrebbe coprire il 35% del fabbisogno energetico giornaliero – è l’unico davvero equilibrato della giornata.
Dal punto di vista delle politiche pubbliche, la ristorazione scolastica è un banco di prova per la transizione ecologica, come mostrano le tendenze più recenti. Sempre più mense riducono la carne rossa, un alimento ad alto impatto climatico e inserito dall’Organizzazione mondiale della sanità tra i «probabilmente cancerogeni». Aumenta invece la distribuzione di frutta, verdura e legumi.
Una ristorazione scolastica virtuosa, tuttavia, ha anche altri impatti ambientali positivi: promuovere cibi sani, locali e a basso impatto significa nutrire non solo i più piccoli e le più piccole, ma anche i territori, preservando la fertilità dei suoli e costruendo una filiera che restituisce valore alla comunità.
Un Paese diviso anche a mensa
Fatte queste dovute premesse, risulta ancora più stridente il contrasto tra le aree del Paese che garantiscono l’accesso a questo servizio e quelle che invece restano indietro. In Italia, infatti, solo un bambino su due, nella scuola primaria statale, fruisce della ristorazione scolastica. E non c’è bisogno di specificare che al Sud le percentuali di copertura crollano.
L’11,2% in Sicilia, il 16,9% in Puglia, il 21,3% in Campania. Le regioni più virtuose restano la Liguria (86,5%), la Toscana (82,7%) e il Piemonte (79,4%). La presenza della mensa è legata all’estensione del tempo pieno, che oggi riguarda appena il 40% degli alunni della primaria. Fanalini di coda, ancora una volta, sono due regioni del Sud: Molise (9,4%) e Sicilia (11,1%).
Come funzionano le mense scolastiche: le linee guida
Come funziona, concretamente, la ristorazione scolastica? È il ministero della Salute a disciplinare il modo in cui dovrebbe essere strutturata l’offerta nutrizionale delle mense. L’ultimo aggiornamento delle linee guida risale al 2021 e assume come modello di riferimento la dieta mediterranea.
Secondo il Ministero, il pasto scolastico dovrebbe garantire il 35% del fabbisogno nutrizionale giornaliero di studentesse e studenti. E dovrebbe farlo seguendo alcune indicazioni chiave: garantire un’alimentazione ricca di frutta, verdura e legumi; utilizzare solo olio extravergine d’oliva come condimento; limitare la quantità di sale e usare esclusivamente quello iodato; privilegiare i piatti unici per assicurare un adeguato equilibrio nutrizionale; evitare, per quanto possibile, il bis di primo o secondo, incentivando invece quello di verdure.
Si tratta di uno schema di base, che deve naturalmente poter essere integrato con diete personalizzate per diverse ragioni: cliniche (e, in caso di celiachia, anche con flussi separati), etiche o religiose.
Quanto costano le mense scolastiche (e chi le paga)
La ristorazione scolastica in Italia, tra il 2019 e il 2022, è costata allo Stato 5,7 miliardi di euro. Il costo medio di un pasto per una famiglia con un Isee di 19.900 euro è di 4,30 euro, ma le differenze a seconda del contesto geografico sono enormi. I casi più economici sono quelli di Barletta (2 euro), Cagliari (2,15 euro) e L’Aquila (2,48 euro). Pagano decisamente di più i genitori di Livorno e Trapani (6,40 euro), Parma (6,18 euro) e Reggio Emilia (6,12 euro).
Secondo un’indagine dell’Autorità nazionale anticorruzione, su 195 contratti analizzati nel 79% dei casi gli appalti sono assegnati secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, privilegiando però la qualità rispetto al prezzo. Gran parte dei contratti, infatti, include i Criteri ambientali minimi (Cam) e negli ultimi anni ha introdotto misure aggiuntive. Nel 93% dei casi si tratta della riduzione della plastica, nell’80% della formazione sulla sostenibilità.
Verso menù scolastici più sostenibili
L’applicazione dei Cam ha dato slancio alla trasformazione della ristorazione scolastica. Nell’ottica della transizione ecologica vengono proposti menù più sostenibili. Rispetto al 2020, si registra un aumento del 44% dei prodotti biologici e, soprattutto, una crescita di oltre il 500% dei menù composti da cinque o più tipi diversi di cereali.
In alcuni Comuni la mensa diventa anche un motore per l’economia locale. È il caso di Sesto Fiorentino, prima nel rating Foodinsider 2024: la città ha trasformato la mensa in un laboratorio di filiere biologiche locali, dal pane ai latticini. O di Cremona, dove si arriva fino a otto cereali diversi, con un alto tasso di consumo di piatti a base di legumi. O delle Marche, dove viene valorizzato il “pesce povero” dell’Adriatico.
Insetti, frodi e sprechi: il lato oscuro delle mense scolastiche
Ma non esistono solo esempi virtuosi. Un’indagine dei Nas del 2024 su oltre 700 mense scolastiche ha riscontrato irregolarità in una struttura su quattro. Gravi carenze igieniche, presenza di insetti o roditori, mancanza di autorizzazioni e frodi dipingono un quadro preoccupante. Sono stati sequestrati 350 chili di alimenti perché scaduti o privi di tracciabilità. A Treviso un centro educativo è stato sequestrato per assenza di permessi, a Pescara un asilo nido è stato sospeso per carenze strutturali. A Caserta, il titolare di una ditta è stato denunciato per frode nelle pubbliche forniture: rietichettava e distribuiva pasti prodotti da altre aziende.
Resta poi il grande tema degli sprechi. In media, bambine e bambini consumano circa la metà del pasto. Un dato noto soprattutto in modo empirico, attraverso sondaggi tra i docenti, visto che nel 37% delle mense non si monitora quanta parte del cibo venga buttata.
Il futuro della mensa scolastica in Italia
Nel Pnrr è prevista l’apertura di 961 nuove mense scolastiche entro il 2026. Nonostante le disparità dell’offerta già note, però, il 48,6% delle risorse è destinato al Nord, a fronte del 37% per Sud e Isole.
Si sta lavorando per riconoscere la ristorazione scolastica come servizio pubblico da inserire nei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), così da garantire un accesso più universale e tariffe più omogenee. Sarebbe un passo importante, nell’ottica di riconoscere il valore delle mense scolastiche come laboratorio sociale e ambientale, capace di far crescere bambine e bambini, tutelandone la salute e quella delle loro comunità.
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