Usa, è battaglia legale sulle (modeste) norme sul clima della Sec
Le norme della Sec per la rendicontazione sul clima sono troppo timide per gli ambientalisti, eppure inaccettabili per gli Stati repubblicani
Aggiornamento 20 marzo: Nella giornata di venerdì 15 marzo, i giudici del Quinto circuito hanno temporaneamente sospeso le nuove norme sul clima della Sec a seguito di una causa intentata da Liberty Energy e Nomad Proppant Services. Si tratta di due società che si occupano di fracking, l’estrazione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica delle rocce. Nella causa, le aziende sostengono che la Sec non abbia l’autorità per «regolamentare la controversa questione dei cambiamenti climatici». E che le nuove norme da un lato violino il primo emendamento, che garantisce la libertà di parola, e dall’altro lato comportino costi «irrecuperabili» per gli operatori.
Dopo ben due anni dalla sua prima proposta e circa 24mila commenti ricevuti, la Securities and Exchange Commission (Sec), l’equivalente statunitense della nostra Consob, mercoledì 6 marzo ha approvato le norme che le grandi società pubbliche dovranno seguire per la rendicontazione sul clima. I requisiti sono decisamente più morbidi rispetto a quanto era stato ipotizzato inizialmente. Ma sono stati comunque sufficienti per scatenare una levata di scudi da parte di dieci Stati repubblicani. Che promettono di dare battaglia in tribunale.
Cosa prevedono le nuove norme sul clima della Sec
Le quasi ottocento pagine di norme volute dalla Sec impongono alle grandi aziende di rendere noti i rischi legati al clima che hanno avuto (o «ragionevolmente potrebbero avere») un impatto materiale sulla loro strategia di business, sui loro risultati o sui loro dati finanziari. Anche facendo una stima di questi impatti, spiegando se hanno adottato processi ad hoc per gestire tali rischi e se il management e il consiglio di amministrazione se ne stanno occupando. Non solo: se le aziende hanno intrapreso piani di mitigazione o adattamento, dovranno rendere noti i costi e i possibili risultati.
D’ora in poi, i bilanci dovranno contenere il conteggio dei danni dovuti a fenomeni meteo estremi come uragani, inondazioni e ondate di siccità. E anche i costi legati alla compensazione della CO2 e all’acquisto di certificati di energia rinnovabile, se l’impresa fa perno su di essi per raggiungere i propri obiettivi climatici.
Il conteggio delle emissioni rimane “a metà”
Tra tutte queste informazioni sul clima da rendicontare alla Sec deve esserci anche il conteggio delle emissioni di gas a effetto serra? Fin da subito questo si è rivelato il capitolo più delicato. E si è chiuso con una norma decisamente annacquata rispetto alle aspettative. Perché inizialmente la Sec voleva obbligare le aziende a rendicontare tutte le emissioni: sia dirette, cioè derivanti dalle fonti di proprietà o controllate dall’azienda (Scope 1); sia indirette, cioè dovute all’energia elettrica acquistata (Scope 2); sia generate lungo tutta la catena di valore, a monte e a valle (Scope 3). Il testo finale, però, non menziona più le ultime. Che, quasi sempre, sono l’assoluta maggioranza.
Non solo: si restringe anche il perimetro delle aziende che dovranno adempiere a questo requisito. La Sec stima infatti che le nuove norme sul clima nel loro insieme riguardino 7mila società statunitensi e altre 900 straniere, con una tabella di marcia diversificata a seconda delle loro dimensioni. Ma soltanto il 60% delle prime e il 40% delle seconde sarà soggetto anche all’obbligo di rendicontazione delle emissioni, soltanto dopo un’analisi per capire se siano «materiali per gli investitori», e soltanto dopo una serie di passaggi che allungheranno ulteriormente i tempi.
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Dieci Stati repubblicani portano la Sec in tribunale
Un passo indietro che non è affatto piaciuto all’organizzazione ambientalista Sierra Club. Che, pur esprimendo apprezzamento nei confronti delle norme sul clima nel loro insieme, sta valutando di fare causa alla Sec proprio per l’esclusione delle emissioni Scope 3. Ad assisterla, lo studio legale no profit EarthJustice.
Ma c’è anche chi vuole dare battaglia in tribunale per il motivo opposto. Si tratta di dieci Stati americani, tutti a guida repubblicana. Capofila è la West Virginia, seguita da Alabama, Alaska, Georgia, Indiana, New Hampshire, Oklahoma, South Carolina, Virginia e Wyoming. Nella causa depositata presso una corte d’appello degli Stati Uniti, infatti, il procuratore generale della West Virginia Patrick Morrisey sostiene che la Sec abbia travalicato i propri poteri. E che il testo, dunque, sia fuorilegge.
Un’argomentazione che potrebbe avere una certa presa, sostiene David Zaring, professore presso la Wharton School of Business dell’università della Pennsylvania. «La Sec non è un’autorità di regolamentazione ambientale. Ha il compito di tutelare gli investitori», spiega alla testata E&E News. Interpellata anch’essa dalla stampa, la Sec promette attraverso un portavoce che difenderà «vigorosamente» in tribunale le nuove norme sul clima.