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Stop al consumo di suolo: le case ci sono, non ne servono altre

In Italia ci sono 7 milioni di case vuote. Invece si continua a costruire: due metri quadrati al secondo. Soprattutto nelle grandi città

In Italia ci sono oltre 31 milioni di abitazioni e un quinto di esse,  circa 7 milioni, sono vuote o abbandonate. Questa la fotografia scattata dall’ultimo censimento Istat. Il tutto mentre si continua a costruire a ritmi vertiginosi.

La cementificazione in Italia avanza senza sosta, al ritmo di due metri quadrati al secondo, 14 ettari al giorno nel 2018, soprattutto nelle aree già molto compromesse, come le grandi città, Roma e Milano in primis, come precisa  il rapporto dell’Istituto Superiore per l’Ambiente sul consumo di suolo. Unica grande città, in controtendenza, Torino. In totale, quasi la metà della perdita di territorio integro nazionale dell’ultimo anno si concentra nelle aree urbane, il 15% in quelle centrali e semicentrali, il 32% nelle fasce periferiche e meno dense.

Fonte: Ispra 2019

La legge contro il consumo di suolo 

«A nostro avviso, il modo migliore per rilanciare il comparto dell’edilizia, quello che in Italia incide maggiormente sul PIL, dovrebbe essere ristrutturare e recuperare gli stabili abbandonati», commenta a Valori Alessandro Mortarino, coordinatore nazionale del Forum Salviamo il Paesaggio, movimento civico indipendente nato nel 2011, proprio per tutelare il territorio naturale italiano, dalla deregulation e dal cemento selvaggio. Forum nazionale che ha anche presentato un proprio disegno di legge, che insieme ad altri 14 testi, giace tra le Commissioni congiunte Agricoltura e Ambiente, al Senato. «Una proposta che non è contro lo sviluppo, ma anzi vuole favorire lavoro sostenibile, per noi e per l’ambiente- sottolinea Mortarino».

Il richiamo della Corte dei Conti

A sostenere la bontà dell’iniziativa civica è intervenuta, nel frattempo, persino la Corte dei Conti, che nella sua deliberazione del 31 ottobre 2019,  ha ribadito come le risorse per intervenire contro il dissesto idrogeologico giacciano praticamente inutilizzate. Mentre il Paese non si è ancora dotato di uno strumento legislativo come il disegno di legge di iniziativa popolare. Fermo all’esame del Senato, afferma la stessa Corte, dal 3 luglio 2019. «È un lusso che non possiamo permetterci. Dobbiamo essere molto reattivi per sollecitare, con forza, la ripresa del dibattito parlamentare e una rapida approvazione. L’unica proposta di legge che chiede alla politica di arrestare il consumo di suolo e il riuso dei suoli urbanizzati», ribadiscono dal Forum.

L’idea è, ora, quella di passare di sollecitare i parlamentari attraverso i comuni. «Abbiamo preparato una mozione da discutere in tutti i consigli comunali, di sostegno all’approvazione della legge. Chiediamo alle oltre mille organizzazioni e ai cittadini della rete, di inoltrare il testo a tutti i Sindaci e consiglieri comunali con cui sono in contatto. Chiedendo loro di formalizzarne la discussione consiliare e, ci auguriamo, a volerla approvare».

Rigenerazione urbana sostenibile

Intanto c’è chi sta lavorando attivamente, anche in sede parlamentare, e lo ha fatto in questa e nella precedente legislatura. È la senatrice Paola Nugnes, ora nel gruppo misto, che ha fatto proprio il testo elaborato dal Forum, nuovamente depositato appena insediato il parlamento. E ne ha elaborato un altro (AS 1398), frutto delle audizioni in commissione congiunta, ripresentato a luglio 2019.  Un disegno legislativo che va dalla definizione di “consumo del suolo”, per poi arrivare a rivedere la materia della rigenerazione urbana. Uno dei passaggi cruciali e più corposi, del disegno Nugnes è il terzo capo incentrato sul «programma di rigenerazione urbana sostenibile».

Programma che prevede, a livello di pianificazione comunale generale, la strutturazione di due banche dati. La prima  relativa ai suoli e alla loro capacità di fornire servizi ecosistemici. La seconda invece relativa al riuso del patrimonio immobiliare esistente e delle aree dismesse da riutilizzare. L’obiettivo è quello di soddisfare le esigenze insediative, anche relative all’abitare, tramite la ristrutturazione, la sostituzione, il costruire sul costruito, la rigenerazione. Con in più il tentativo, regolamentato per legge, di innalzare la percentuale di rinaturalizzazione dei suoli consumati in modo reversibile, anche attraverso le bonifiche.

Non consumare più suolo: ce lo chiede l’Europa 

La rinaturalizzazione dei territori è quanto ci chiede l’Europa, con l’obiettivo della Land Degradation Neutrality, prevista dall’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Come ricorda sempre il rapporto Ispra, infatti,  gli Stati membri devono prevedere sia l’azzeramento della cementificazione, sia l’aumento delle superfici naturali, che vanno sottratte all’urbanizzazione. Obiettivo più che auspicabile in un Paese ad alto rischio di dissesto idrogeologico, come il nostro. Dove, anche a seguito dei cambiamenti climatici, occorre de-impermeabilizzazione la terra. Eliminare le coperture artificiali che impediscono, ad esempio, il fluire delle acque piovane.

I danni economici potenziali, causati dell’eccesso di cementificazione, sono stati quantificati dall’Istituto Superiore per l’ambiente tra i 2 e i 3 miliardi di euro all’anno.

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