«La finanza sostenibile? Se non cambia il sistema è solo greenwashing»

Intervista a Tariq Fancy, ex dirigente del fondo americano BlackRock che ha deciso di raccontare la sua verità, dopo due anni nel cuore della finanza

L'ex dirigente del fondo americano BlackRock, Tariq Fancy

Tariq Fancy è stato responsabile della divisione investimenti sostenibili presso BlackRock, il più grande fondo d’investimenti del mondo. Una società più volte finita nel mirino degli ecologisti per il sostegno concesso alle fonti fossili (nonostante le affermazioni rassicuranti del presidente Larry Fink). Il compito che Fancy per anni è stato chiamato a svolgere, in altre parole, era quello di consentire alla finanza “ESG” (ovvero attenta ad ambiente, società e governance) di fare breccia nel business as usual. Eppure proprio lui, che ha visto da vicino il sistema, ritiene che la finanza sostenibile, in fin dei conti, non funzioni. «Il sistema capitalista – spiega – è basato sul risultato di breve termine. I manager sono obbligati legalmente a cercare di massimizzare i ritorni sugli investimenti. E finché non interverranno i governi con regole stringenti, non potrà cambiare nulla».

Tariq Fancy, qual era il suo ruolo presso BlackRock?

Sono stato a capo della divisione investimenti sostenibili tra il 2018 e il 2019.

blackrock carbone
Il rapporto di una Ong denuncia gli asset nel settore del carbone ancora gestiti dal fondo americano BlackRock, nonostante gli impegni annunciati sul clima © hapabapa/iStockPhoto

Quindi lei, che si occupava di sostenibilità, oggi dichiara che la finanza ESG «non funziona».

Mi consenta una premessa: BlackRock gestisce capitali e investe per conto di una larga porzione della società. Incluse persone che non sanno neppure che i loro soldi sono gestiti da questa azienda. È il più grande fondo della storia e ha un’influenza enorme su cosa accade nell’economia. Transizione ecologica inclusa. Lavorare sugli investimenti sostenibili significa guardare in questo senso l’intero processo: tutti gli 8.700 miliardi di dollari di asset in gestione. Significa inoltre creare prodotti specifici a basso impatto. Io ho lavorato sui due aspetti e posso dire, sinceramente, che in entrambi i casi non abbiamo creato alcun valore sociale misurabile.

«Esistono numerosi business che non ci piacciono, ma che ancora sono redditizi»

Perché?

Vede, con i prodotti sostenibili le persone si sentono a posto con la coscienza, perché pensano che i loro capitali e risparmi siano investiti su cose che loro hanno a cuore. La realtà è che le aziende non fanno business green perché è utile per il Pianeta: lo fanno quando esso è utile per generare profitti sul breve termine. Tutti agiscono secondo precisi imperativi economici: il paradigma è sempre lo stesso. Esistono ancora numerosi business che non ci piacciono, ma che restano redditizi per molte aziende. È così per il lavoro da schiavi nella catena di approvvigionamento di una casa di moda ed è così per le emissioni di CO2 di un’industria.

Cosa si può fare per cambiare le cose?

Penso che nulla cambierà finché i governi non legifereranno per orientare i business. E questo lo si può fare solo con la leva fiscale: se si impone una carbon tax su certi prodotti, le persone li eviteranno perché diventeranno troppo cari. Altrimenti rimarremo nel sistema attuale, nel quale, sfortunatamente, essere irresponsabili è ancora redditizio. Per questo anche la finanza green non cambia granché: serve alle coscienze dei singoli. È un placebo, che non fa altro che ritardare le azioni che servirebbero. Peggio, ci può far credere che Wall Street stia facendo qualcosa. Dentro a quel sistema io ci sono stato. E mi sono talmente inquietato da convincermi a parlare.

Quindi non è altro che greenwashing?

Complessivamente sì, è assolutamente greenwashing. Il lavoro che ho svolto mi ha consentito di vedere cosa sta accadendo nel capitalismo. I grandi gestori di fondi propongono prodotti ESG e accadono due cose. Primo, gli investitori pagano commissioni più alte perché pensano di fare qualcosa di buono. Secondo, si immagina che così si tolgano soldi a società “cattive”. Ma la realtà è che queste li otterranno da altri. Ci sarà sempre qualche fondo speculativo pronto a comprare quelle quote, finché resteranno redditizie. Il sistema finanziario non è in grado di autoregolarsi, l’unica strada passa per le leggi e per le tasse. Il problema è che la retorica di Margaret Thatcher e Ronald Reagan ha contaminato il mondo intero. Io posso affermare che è priva di senso. Lei è tifoso di calcio immagino, vero?

«Se nel calcio domani sparissero regole e arbitri, si giocherebbe sporco. Nella finanza è accaduta la stessa cosa»

Certamente!

Allora saprà che se domani si eliminassero le regole e gli arbitri i giocatori comincerebbero a giocare sporco. Nella finanza è stato esattamente così. Wall Street insegue i profitti ovunque essi siano.

Secondo Tariq Fancy solo i governi possono rendere sostenibile la finanza, imponendo nuove regole

Lei è sicuro che di fronte ad un sistema così ben rodato i governi siano davvero in grado di imporre delle regole?

La sua domanda centra il problema. E la mia risposta è che sì, penso che i governi possano intervenire con successo. Spero che possa accadere nei prossimi anni, perché hanno tutti i mezzi per farlo. A mancare finora è stata la volontà politica. Negli Stati Uniti c’era una legge, chiamata Glass-Steagall Act, che separava le attività delle banche d’investimento da quelle retail. Fu approvata negli anni Trenta, dopo la crisi del ’29, proprio per evitare nuovi crolli bancari.

Ed è stata abolita da Bill Clinton, un democratico...

Esattamente. Aggiunga che nel 2008 Obama ha ricevuto il doppio di donazioni da Wall Street rispetto al repubblicano John McCain. Dopo la crisi dei subprime sono state fatte delle cose, ma marginali. Non si è attaccato il cuore del problema. Eppure la crisi del Covid-19 ci dimostra che i governi, se vogliono, possono intervenire e farlo in modo draconiano. Anche sulla crisi climatica si potrebbe, ma non lo fanno.

E perché?

Per questioni di tempo. La pandemia si è diffusa in poche settimane. Per il clima ci vorranno alcuni decenni. La maggior parte di chi ci governa è nata negli anni Cinquanta o Sessanta, sono i cosiddetti baby boomers. Per loro si tratta di risolvere una questione immediatamente. Il clima riguarda i Millennials e chi è ancora più giovane.

Eppure Biden sembra essere partito col piede giusto.

Penso che lui e la sua squadra abbiano ascoltato la scienza e compreso la gravità del problema. Biden farà meglio del tipo che l’ha preceduto, ma questo vuol dire poco. Il problema è che l’intero sistema economico e il capitalismo sono oggi focalizzati sul breve termine, a partire dai premi e dagli  incentivi degli amministratori delegati. Mentre quello climatico è, appunto, un problema di lungo termine. Nel frattempo, se Biden dovesse calcare troppo la mano, rischia di perdere sostegno politico…

Un problema legato al sistema politico americano.

Certamente. Ma va detto che dovremmo smetterla di parlare della questione come di un problema nazionale e guardarlo in termini di frontiere. Meglio affrontarlo in termini di generazioni.

In Europa si sta cercando di incentivare la finanza sostenibile con un Action Plan. Perché sì, si possono fare soldi anche con la sostenibilità: non è miope pensare di no? Esiste un problema culturale nei management?

I dirigenti non sono necessariamente cattive persone. Sono persone incentivate dal sistema a massimizzare i ritorni sugli investimenti. E sono legalmente obbligate a farlo, perché usano soldi di altre persone. Se lei ci parlasse, le direbbero che credono nei cambiamenti climatici. Ma che le strategie di investimento non possono cambiarle, perché il sistema non funziona nel modo giusto. È il capitalismo. Per questo finché non interverranno i governi, penalizzando i comportamenti nocivi per il clima o la società, non cambierà nulla.

«I manager sono obbligati legalmente a massimizzare i ritorni sugli investimenti»

Pensa che una tassa sulle transazioni finanziarie possa essere utile?

Penso di sì. Chi si oppone insiste sul fatto che è complicata da applicare. Io credo che sia difficile renderla operativa ma che sia fattibile. Oggi nella finanza c’è un sacco di denaro che si muove a velocità supersonica senza creare alcun valore per le società. Sono solo soldi usati per sfruttare il sistema al fine di guadagnarne altri. Spesso a scapito di interessi collettivi. L’high frequency trading non è altro che questo. C’è un bel libro, di Michael Lewis, intitolato Flash Boys, che lo spiega bene. Anche in questo caso, l’unica via passa per nuove regole stringenti.

La sua è una critica radicale al sistema. Lei è socialista?

Sono un moderato. Anzi, la verità è che io sono un capitalista. Sono un ex banchiere d’affari. Ho un master in business administration ottenuto in Europa. Però il capitalismo attuale è stato estremizzato a partire dagli anni Ottanta.

John Maynard Keynes diceva che il capitalismo non è bello, non è giusto e non mantiene le promesse, ma poi quando si tratta di superarlo si rimane perplessi.

John Maynard Keynes aveva ragione su parecchie cose.