Il valore d’impresa del calcio è in crescita. Ma la realtà è diversa
L’ultimo report di Football Benchmark racconta un mondo meraviglioso. Ma possibile solo se inteso come bolla speculativa
Il calcio è oramai un prodotto finanziario, completamente slegato dal suo valore di produzione. Lo si evince, ancora una volta, guardando l’ultimo report di Football Benchmark. Lo studio racconta di una crescita del valore d’impresa dei top club europei del 14% rispetto all’anno precedente. E del 124% rispetto al 2016, quando fu pubblicata la prima edizione. Il report, assolutamente corretto e puntuale nella sua analisi, racconta quindi di una incredibile crescita di valore del prodotto calcio. Peccato però che questa strabiliante crescita si accompagni, nella realtà dei fatti, a bilanci sempre più in rosso. E soprattutto a debiti sempre in aumento.
Questo stato presente delle cose non contraddice affatto il report. Ma conferma come il calcio sia oramai un prodotto finanziario. Come lo sono titoli, azioni, obbligazioni e derivati. Prodotti il cui valore reale nulla ha a che fare con il loro valore d’uso, né tantomeno con una concreta solidità economica. E ancora di meno con una presunta capacità di produrre benessere. Il calcio finanziario è in grado solo di produrre una serie di ipotesi e di scommesse su eventuali futuri valori di scambio. E di immettere in circolazione flussi immateriali di denaro che transitano attraverso fondi d’investimento e società finanziarie.
Valore d’impresa in crescita: il Real Madrid guida la classifica
The European Football Elite 2024 Football Clubs’ Valuation prodotto da Football Benchmark analizza il valore d’impresa dei 32 club più ricchi d’Europa. Il valore d’impresa è un indicatore economico che non si riferisce al valore reale di un’azienda, ma al suo valore di mercato in base anche a una serie di parametri non economici. Il valore d’impresa di un noto marchio è quindi inevitabilmente alto, al di là della sua solidità. E così lo è anche per il calcio, dove però, trattandosi non di un singolo marchio ma di un intero sistema, e di un sistema in cui le perdite e i debiti sono in continuo aumento, si configura come una bolla. E le bolle, per le leggi della fisica e dell’economia, prima o poi esplodono.
Secondo il report, il valore aggregato d’impresa dei migliori 32 club europei ha raggiunto lo scorso anno i 60 miliardi di euro. Questo grazie al valore di squadre come Real Madrid, Manchester City e United, che sfiorano i 5 miliardi. E di club come Bayern, Liverpool, Psg, Barcellona, Tottenham, Chelsea e Arsenal, tutti sopra i 3 miliardi. Di questi 32 club, ben 24 hanno migliorato il loro valore di impresa rispetto allo scorso anno. A partire dal +35% di Arsenal e Milan. Solo otto squadre lo hanno peggiorato: in coda addirittura l’Atalanta con un -19%. Ma è chiaro che sono dati riferiti al 2023. E con la recente vittoria in Europa League, il ritorno in Champions e il calciomercato, l’anno prossimo i dati dei bergamaschi saranno assai diversi.
Debiti fuori controllo: è sempre il Real Madrid a guidare la classifica
Bene, ora però ha senso confrontare questi numeri con la realtà. Prendiamo l’ultimo report Uefa The European Club Finance and Investment Landscape 2024 e leggiamo che le perdite complessive dei club europei superano i 37 miliardi di euro. E i debiti aggregati sono arrivati a sfiorare i 26 miliardi. Le stesse squadre che sono in cima alla classifica del primo report hanno quindi debiti che oscillano dal mezzo miliardo ai due miliardi di euro. Per la maggior parte con le banche, ma anche con fornitori, con altre squadre per ragioni di mercato e con il fisco per le mancate imposte versate. Oltre a quelli extra calcio. Se guardiamo in particolare il Real Madrid, primo nella classifica di Football Benchmark, scopriamo che è primo anche in quella dei debiti. A chiusura di bilancio 2022/23 ha oltre 850 milioni di euro di debiti a bilancio. A cui ne vanno aggiunti quasi un miliardo per le operazioni immobiliari.
La conclusione è quindi che il valore d’impresa del calcio è giustamente considerato florido. Perché la voce entrate nei bilanci è in continua salita. Così come lo sono parametri quali popolarità, potenzialità, ipotesi di introiti dai diritti tv e dagli impianti sportivi. Ma è una dimensione appunto immateriale, puramente finanziaria. Slegata da una realtà fatta di debiti, promesse e scommesse. E non per caso da almeno un decennio il pallone è in mano a fondi d’investimento e istituzioni finanziarie. Una vera e propria bolla speculativa. Come il mercato immobiliare dei prestiti e dei mutui che nonostante le crisi cicliche, alcune devastanti, rimane in piedi perché alla fine di una casa hanno bisogno tutti. Resta da vedere se e per quanto tempo la gente avrà bisogno del pallone.