Green, pink, rainbow washing. Aziende, banche e fondi utilizzano ogni colore possibile per ripulire la propria immagine nel presentarsi ai consumatori e ai risparmiatori. C’è chi lo fa per mostrarsi più attento all’ambiente di quanto non sia in realtà. Sensibile ai diritti civili o socialmente responsabile.
Le sfumature del washing sono tante e si diffondono sempre più, parallelamente alla crescita della sensibilità delle persone – che sono anche consumatori e risparmiatori – sulle questioni ambientali e sociali. In questa chat i nostri lettori Oriana e Valerio passano in rassegna alcuni casi particolarmente eclatanti di washing.
Il greenwashing va in onda in prima serata
Valerio
Finalmente inizia Sanremo! Non vedevo l’ora! Ci voleva una settimana di musica di dubbia qualità e polemiche pretestuose e imbarazzanti per distrarci un po’ da tutto quello che non va nel mondo!
Oriana
Se lo dici tu… Non ho mai capito del tutto questa tua passione per Sanremo, ma finché non mi costringi ad ascoltare Fabrizio Moro che canta i Pooh va tutto bene
«Il colore verde, rispetto a quello rosso degli anni passati si riallaccia alla politica ambientale dell’unico sponsor del Festival di quest’anno, Eni, che promuove le energie rinnovabili», spiega l’assessore al Turismo di Sanremo Giuseppe Faraldi
Valerio
E quindi?
Oriana
Beh, le politiche ambientali di Eni non sono poi così orientate alla promozione delle energie rinnovabili. Il piano di decarbonizzazione di Eni è finito nel mirino degli azionisti critici
Risposte evasive che in alcuni casi sono sembrate delle “supercazzole”. E dove si parla di piani le ambizioni ci sono: addirittura l’azzeramento entro il 2030 delle emissioni nette relative agli Scope 1 e 2, cioè quelle dirette e quelle legate all’energia acquistata per le proprie attività.
Quello che manca è la spiegazione del “come” ci si arriverà
Però di sicuro si sa che nel piano 2021-2024 buona parte degli investimenti (il 65%) sarà ancora destinato ai combustibili fossili. Solo il 20% ad attività “green”, peraltro non meglio definite
Valerio
Però ho letto che oltre a un piano per la riduzione delle emissioni Eni ne ha uno per la compensazione attraverso progetti di conservazione forestale o riforestazione
Oriana
È quello che hanno detto agli azionisti critici rispondendo alle loro domande a maggio 2021. Hanno parlato di «compensazioni attraverso progetti di conservazione forestale per circa 40 milioni di tonnellate di CO2. Pari rispettivamente a circa il 10% e l’8% delle emissioni complessive (al 2018)»
Il problema è che le informazioni su questi progetti sono ancora limitate. E il ricorso al REDD+ (Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation), nuova passione delle compagnie petrolifere di tutto il mondo, serve a permettere di acquistare carbon credit. Cioè una sorta di “diritto ad inquinare”
In pratica, fare ricorso alla compensazione attraverso le foreste consente a Eni di azzerare le emissioni nette entro il 2050 senza dover rinunciare al proprio business fossile
Che cos’è questo se non greenwashing?
Valerio
Spiegati meglio…
Oriana
Il greenwashing è soprattutto una strategia di comunicazione, ma non solo. Ed è la pratica di raccontare come “sostenibili” attività che sostenibili non sono. In parte o del tutto
E Eni non è nuova a questi comportamenti. A novembre il Tar del Lazio ha confermato una condanna per pubblicità ingannevole in riferimento al biodiesel “Eni Diesel+”. Che l’azienda presentava come “green”
In alcuni casi il greenwashing è così palese che fa quasi ridere. Guardati questi esempi selezionati da Eco business
Ogni anno Eco business, testata giornalistica con sede a Singapore, stila la classifica dei casi più clamorosi di greenwashing
Valerio
Hai ascoltato il podcast con Paolo Iabichino? Lui dice di fare attenzione a classificare tutto come “washing”
Oriana
È vero. Ci sono aziende che si impegnano davvero per cambiare i loro prodotti, le filiere e cercano di rendersi davvero sostenibili. Però ce ne sono anche tante che usano gli argomenti a cui sono sensibili i consumatori per posizionarsi sul mercato, senza una reale adesione valoriale
E allora il washing prende diverse sfumature di colore e definizione: pink, social, art, woke…
Valerio
Un po’ come quando nel mese del Pride tutte le pagine social di aziende e prodotti si ricoprono di arcobaleni. E non sempre quelle aziende e quei prodotti praticano parità di genere e inclusione
Oriana
Esatto. Quello si chiama pinkwashing. O rainbow washing
Pensa alle magliette dei marchi della fast fashion che inneggiano al femminismo, perché ora, soprattutto tra i giovani, c’è molta attenzione sul tema della parità di genere. E pensa che sono oltre 50 milioni le persone nel mondo, quasi tutte donne, impiegate nel settore tessile-abbigliamento. Con stipendi che permettono a stento di sopravvivere. Dov’è la parità di genere in questo, se non nelle parole?
Valerio
Per fast fashion intendi quella strategia aziendale adottata nel settore della moda a partire dagli anni Ottanta? Una strategia che ha moltiplicato esponenzialmente le collezioni e ridotto drasticamente i costi di produzione? Che poi immagino voglia dire ridurre i costi del lavoro
Oriana
Esatto. Siamo passati da 2 collezioni all’anno a 52, in media
Senza contare che l’aumento della produzione fa aumentare anche la quantità di capi invenduti che finiscono in discarica, spesso con ancora il cartellino attaccato
Valerio
Ho visto le immagini, spaventose, del deserto di Atacama
Quello della fast fashion è un settore particolarmente incline al washing. Ma non è il solo. Abbiamo iniziato parlando di Eni. Che è in ottima compagnia
Le aziende del settore oil & gas si stanno dando molto da fare per distrarre il pubblico dagli effetti nocivi delle loro attività
E se prima erano attivamente impegnate nel negare l’esistenza dei cambiamenti climatici o nel minimizzare l’impatto delle loro attività, ora utilizzano l’adesione a campagne sociali per evitare di parlare di ciò che le riguarda
Valerio
Cioè?
Newsletter
Iscriviti a Valori
Il meglio delle notizie di finanza etica ed economia sostenibile.
Per esempio, fanno campagne pubblicitarie per mettere in evidenza il proprio impegno sul fronte della giustizia sociale. Così possono non parlare di crisi climatica
Valerio
Washing come distrazione
A questo proposito, ho letto una cosa che troverai interessante. Rheinmetall ha ottenuto la certificazione Top Employer 2022. Apprezzati in particolare la gender diversity e il multiculturalismo
Oriana
Aspetta: Rheinmetall è l’azienda che produce armi? Armi vendute, per esempio, alla coalizione a guida saudita che dal 2015 conduce una guerra in Yemen definita dall’Onu «il peggior disastro umanitario causato dall’uomo»?
Valerio
Esattamente quella Rheinmetall
La certificazione le è stata assegnata dal Top Employers Institute alle aziende che eccellono in ambito Hr
Oriana
Sulle certificazioni potremmo aprire un altro lungo capitolo. Ti rimando solo alla storia della fabbrica di Ali Enterprises andata a fuoco in Pakistan nel 2012. Erano morte 250 persone
Tre settimane prima RINA, una società italiana, aveva rilasciato la certificazione SA8000, garanzia di sostenibilità. Senza nemmeno visitare la fabbrica
Valerio
E le classifiche, allora? Hai visto che Unicredit è stata inserita nella lista delle 100 aziende più sostenibili secondo Corporate Knights? Prima banca italiana
Chissà se nella valutazione hanno tenuto conto dei 31,42 miliardi di dollari che Unicredit ha concesso al settore delle fonti fossili nei 5 anni successivi all’Accordo di Parigi?
Oriana
“Sostenibilità” per le banche è un concetto molto relativo. Guarda l’esempio di Banco de Santander, in Spagna. La banca più sostenibile al mondo, per il Dow Jones Sustainability Index