Finanza sostenibile, il Cile guarda avanti. È il primo Stato a emettere un sustainability-linked bond
Il Cile è il primo Stato al mondo a emettere un sustainability-linked bond, cioè un’obbligazione legata a precisi obiettivi in termini di sostenibilità.
La finanza sostenibile può essere una delle frecce all’arco di un Paese che vuole tutelarsi dalla crisi climatica? Il Cile scommette di sì. Ed è il primo Stato al mondo a emettere un sustainability-linked bond, cioè un’obbligazione sovrana che lo vincola al raggiungimento di precisi obiettivi in termini di sostenibilità.
Cos’è un sustainability-linked bond
I sustainability-linked bond fanno parte della grande famiglia delle obbligazioni sostenibili. Tecnicamente sono bond come tutti gli altri: la differenza però sta nel fatto che l’emittente (Stato o azienda) stabilisce determinati obiettivi di sostenibilità e, tipicamente, si vincola a pagare una cedola più elevata qualora essi non vengano raggiunti. Così facendo dimostra di volersi impegnare sul serio, tanto da essere disposto a rimetterci economicamente in caso di fallimento.
Questi strumenti finanziari non vanno confusi con i green bond che, invece, sono titoli di debito i cui proventi vengono reinvestiti in progetti virtuosi dal punto di vista ambientale, come la produzione di energia da fonti rinnovabili, gli impianti per il riciclo dei rifiuti, l’elettrificazione dei trasporti pubblici e così via.
Secondo Moody’s ESG Solutions, nel 2021 le emissioni di bond sostenibili – nel loro insieme – hanno superato i mille miliardi di dollari. I green bond continuano a fare la parte del leone con 523 miliardi, seguiti dai social bond a quota 199 miliardi e dai sustainability bond (179 miliardi). Il volume di sustainability-linked bond è inferiore, 90 miliardi, ma la crescita rispetto al 2020 è di oltre dieci volte; e si prevede che nel 2022 sfondino il tetto dei 200 miliardi.
I bond sono davvero green?
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Come funziona il sustainability-linked bond cileno
L’emissione del Cile ha una scadenza di vent’anni e un valore di 2 miliardi di dollari. Ha ricevuto ordini per più di 8 miliardi, quattro volte tanto; un risultato che è stato interpretato come un segnale di fiducia nei confronti del governo. Il tasso è pari al 4,346%, 200 punti base in più rispetto a titoli di Stato americani a vent’anni.
Il primo target è il rispetto delle NDC (Nationally Determined Contributions), cioè le promesse di riduzione delle emissioni di gas serra presentate in seguito all’Accordo di Parigi: il Cile, nello specifico, si è auto-imposto di restare entro le 95 tonnellate di CO2 equivalente all’anno entro il 2030. Il secondo obiettivo è quello di produrre la metà dell’energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2028, una percentuale che dovrà salire al 60% entro il 2032.
Affrontare i cambiamenti climatici dev’essere una priorità
Il Cile aveva già segnato un primato, come primo Stato del Continente americano a emettere un green bond. A partire da allora, le sue obbligazioni sostenibili hanno raggiunto un totale di 33 miliardi di dollari.
Questo afflato è – prima di tutto – una necessità. Con 83.850 chilometri di coste, l’equivalente di due giri attorno all’Equatore, il Cile è fortemente esposto all’innalzamento del livello dei mari. Così come alla siccità che persiste da più di un decennio, soprattutto nella zona settentrionale già desertica; un’ulteriore rarefazione delle precipitazioni potrebbe avere un pesante impatto sulla produzione agricola.
L’Assemblea incaricata di scrivere la nuova Costituzione ha promesso a chiare lettere di affrontare il tema con la dovuta serietà. E il primo ministro Gabriel Boric ha lanciato un segnale affidando il ministero dell’Ambiente a una climatologa, Maisa Rojas, co-autrice di diversi report del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC).