Auto e smog: ecatombe sanitaria, economica e ambientale
400mila morti premature in Europa ogni anno, perdita di PIL e di biodiversità: è il prezzo dell'inquinamento atmosferico, che vede i trasporti tra i maggiori responsabili
L’inquinamento atmosferico è il più grande rischio ambientale per la salute in Europa. E i trasporti sono, ancora, la principale fonte emissiva di biossido di azoto e particolato (le famigerate “polveri sottili”) che insieme causano quasi 500mila morti premature ogni anno. Sono più di quattro milioni e mezzo gli anni di vita persi dai cittadini europei, in particolare tra coloro che vivono nelle aree urbane più trafficate.
Milano e Torino sono due esempi drammatici per numero di morti premature ogni 100mila abitanti, attribuibili all’inquinamento atmosferico causato dai trasporti. Il dato, relativo al 2015, è contenuto in uno studio pubblicato il marzo scorso, dall’International Council on Clean Transportation.
Italia nella top ten delle morti premature
L’organizzazione non profit, che con il suo lavoro ha fatto scoprire lo scandalo Dieselgate, nel mondo, ha stimato 385mila morti premature, attribuibili esclusivamente alle emissioni dei gas di scarico dei veicoli e, in particolare alla porzione degli inquinanti da traffico rappresentata da polveri sottili (PM2.5) ed ozono. Secondo l’Ong, l’Italia figura al nono posto tra gli stati con il maggior numero di decessi prematuri in termini assoluti.
D’altro canto il triangolo che unisce trasporti, inquinamento e aumento della mortalità è certificato da molti altri studi. I dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, diffusi lo scorso ottobre con il rapporto «Air quality in Europe – 2018 report» evidenziano ad esempio come il settore del trasporto stradale è il più grande contributore alle emissioni totali di biossido di azoto nell’Unione wuropea. Uniche (magrissime) consolazioni: dal 1990 le emissioni si sono dimezzate e, se si considera la CO2, i riscaldamenti domestici impattano sei volte di più.
Ma come ha sottolineato il direttore dell’EEA, Hans Bruyninckx «le emissioni dei trasporti stradali sono spesso più dannose di quelle provenienti da altre fonti, poiché si verificano a livello del suolo e tendono a intensificarsi nelle città, vicino alle persone».
Le stime aggiornate, riportate nella relazione, indicano che, nel 2015 le concentrazioni di PM2,5 hanno causato circa 422mila morti premature in 41 paesi europei, di cui circa 391mila nei 28 Stati membri dell’UE. 79mila morti premature sono attribuite a biossido di azoto (NO2), e 17,700 mila all’esposizione a ozono (O3).
L’Italia ha il triste primato nella classifica per il tasso di mortalità dovuto proprio al biossido di azoto, seguita da Germania, Francia, Regno Unito e Spagna. È inoltre seconda in classifica per il Pm2,5, superata dalla Germania e seguita da Polonia, Francia e Regno Unito. Solo nei paesi Nordici (Islanda, Norvegia, Irlanda, Svezia e Finlandia) si respira meglio e si vive di più.
OMS ancor più pessimista
Ma le ricadute dell’impatto sulla nostra salute sono molto più elevate, se si leggono le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Gli obiettivi dell’UE in materia di inquinamento atmosferico sono inferiori a quelli raccomandati dall’Oms, con norme ormai obsolete: le ultime direttive sulla qualità dell’aria sono state varate tra il 2004 e il 2008.
Eppure, ricorda l’OMS, l’esposizione all’inquinamento atmosferico causa 4,2 milioni di morti in tutto il mondo, ogni anno. Nei 15 Paesi che emettono la maggior parte delle emissioni di gas serra, si stima che gli impatti sulla salute dell’inquinamento atmosferico costino più del 4% del loro PIL, mentre le azioni per raggiungere gli obiettivi di Parigi costerebbero circa l’1% del PIL globale.
I danni a cuore, cervello, polmoni e sistema riproduttivo
Già dal 2013 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato l’inquinamento atmosferico in generale, nonché il PM, come cancerogeno. Causa anche, secondo i dati Oms, di morti premature dovute a malattie cardiache e ictus. Seguite da patologie polmonari e cancro ai polmoni.
Inoltre, dicono gli epidemiologi, l’esposizione a breve e a lungo termine di bambini e adulti alle emissioni nocive in atmosfera può portare a una ridotta funzionalità polmonare, infezioni respiratorie, asma aggravata, impatti negativi sulla fertilità, sulla gravidanza, sulla salute di neonati. Esistono, poi, prove emergenti di correlazione tra inquinamento atmosferico e diabete di tipo 2, obesità, Alzheimer e demenza.
L’inquinamento atmosferico ha effetti anche sull’ecosistema
Oltre che sulla salute umana, ricorda l’EEA, l’inquinamento atmosferico ha diversi impatti ambientali e può influire direttamente sulla vegetazione e sulla fauna, nonché sulla qualità dell’acqua e del suolo. Ad esempio: gli ossidi di azoto (NOx, la somma di monossido di azoto NO e NO2) e le emissioni di ammoniaca (NH3) interrompono gli ecosistemi terrestri e acquatici introducendo quantità eccessive di azoto nutriente.
Questo porta all’eutrofizzazione, un’eccedenza di nutrienti che può portare a cambiamenti nella diversità delle specie e favorire l’invasione di nuove. Gli NOx, insieme all’SO2, contribuiscono anche all’acidificazione del suolo, dei laghi e dei fiumi, causando la perdita di biodiversità. Infine, l’ozono troposferico, (O3) al livello del suolo, danneggia colture agricole, boschi, foreste e piante, riducendo i loro tassi di crescita.
OCSE: inquinamento pesa pure sul PIL
La somma degli effetti dell’air pollution ha effetti sulla salute umana e sull’ambiente e in generale sul nostro ecosistema. Comporta, pure, secondo l’Ocse, notevoli costi per le economie nazionali, dovuti a una ridotta produttività del lavoro, spese sanitarie supplementari e perdite di raccolto nelle colture. Tali costi aumenteranno fino a raggiungere circa il 2% del Prodotto interno lordo (Pil) europeo nel 2060, portando a una riduzione dell’accumulazione di capitale e ad un rallentamento crescita economica.
L’Ocse, prendendo in esame i 35 paesi membri e le sei principali economie emergenti (Brasile, Russia, India, Indonesia, Cina e Sudafrica), ha calcolato che il costo dell’inquinamento atmosferico ambientale è salito nel 2015 a 5,1 trilioni di dollari. Un sacrificio di vite umane, secondo gli studi epidemiologici del Global Burden of Disease Study 2015, che hanno ricostruito l’aumento di mortalità tra il 2000 e il 2015, nei 41 paesi presi in esame.
Cifre enormi, difficili da comprendere, ma che rapportate al Prodotto interno lordo (PIL) di ogni Paese rendono meglio l’idea. Nel 2015 il costo economico della mortalità dovuta dall’inquinamento atmosferico di Pm in Italia, è ammontato, secondo i calcoli degli esperti Ocse, al 5,6% del nostro PIL.
Un favore ai cambiamenti climatici
Diverse sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera hanno anche un potenziale impatto sul clima a breve termine. Secondo l’Ipcc, l’ozono troposferico e il black carbon, un componente del particolato ultrafine, ne sono un esempio, perché contribuiscono direttamente al riscaldamento globale. Altri componenti delle polveri fini, come il carbonio organico, l’ammonio (NH4 +), il solfato (SO42-) e il nitrato (NO3-), hanno invece un effetto di raffreddamento.
«Il vero costo del cambiamento climatico è nei nostri ospedali e nei nostri polmoni. Il carico sanitario delle fonti di energia inquinanti è ora così elevato, che il passaggio a scelte più pulite e più sostenibili per l’approvvigionamento energetico, i trasporti e i sistemi alimentari si può ripagare in modo efficace», ha affermato Maria Neira, direttore dell’OMS per la salute pubblica.