Terre rare, anche l’Africa vuole sognare in grande
In Burundi è attiva la prima miniera di terre rare dell’Africa. Anche Malawi, Gabon, Tanzania e Madagascar potrebbero lanciarsi nel business
La miniera di Steenkampskraal, a 350 chilometri da Città del Capo, in Sudafrica, è stata scoperta nel 1949. Tra il 1952 e il 1964 è stata sfruttata per estrarre torio, metallo radioattivo utilizzato come combustibile nucleare. Quindi si è scoperto che al suo interno era presente anche della monazite, minerale contenente metalli del gruppo delle terre rare. E in grandi quantità. Sono stati quindi ritrovati neodimio e praseodimio, elementi fondamentali in numerose applicazioni industriali. Ambiti dalle grandi potenze economiche. E, soprattutto, molto cari.
La miniera di Steenkampskraal in SudafricaA Steenkampskraal, in Sudafrica, il record di concentrazione di terre rare
Per il Sudafrica potrebbe trattarsi di una manna dal cielo. Anche perché la Cina, primo produttore mondiale di terre rare, è diventato anche da tempo importatore netto. Ciò in ragione del suo commercio particolarmente importante di veicoli elettrici, le cui vendite sono salite del 68% lo scorso anno a livello mondiale, a quota 5,12 milioni. Di cui oltre un milione proprio in Cina, secondo le informazioni fornite dall’Agenzia Internazionale per l’Energia.
L’interno della miniera di SteenkampskraalTrevor Blench, presidente della miniera di Steenkampskraal, ha spiegato all’agenzia Afp che «la Cina, in ragione delle proprie necessità di approvvigionamento, esporta un quantitativo via via sempre più esiguo di terre rare. È dunque vitale che altri fornitori si presentino sul mercato offrendo tali elementi a Stati Uniti, Europa e Giappone. Nel nostro sito circa il 14% della roccia è composto da terre rare. Si tratta di un livello di concentrazione straordinario, tanto che non esistono valori paragonabili sull’intero Pianeta».
Il Burundi pioniere in Africa sullo sfruttamento delle terre rare
In media, in effetti, le miniere presentano una concentrazione del 6%. Da quella sudafricana si ritiene possano essere estratte a regime 2.700 tonnellate. Va detto però che, precisa all’Afp Diego Oliva-Velez, analista di Fitch Solutions a Londra, «la miniera di Steenkampskraal è costituita soprattutto da terre rare leggere, come il neodimio e il praseodimio, che sono più abbondanti nel mondo e dunque meno ricercate rispetto alle terre rare più pesanti».
Ma aldilà del Sudafrica, anche altre nazioni del continente dispone potenzialmente di riserve abbondanti e non ancora sfruttate. In particolare, a porsi come pioniere africano è stato il Burundi, con la miniera di Gakara, nella quale opera una società britannica, la Rainbow Rare Earths, controllata dal magnate greco Adonis Pouroulis. Ad oggi, si tratta del solo sito africano già in funzione. L’uomo d’affari ha siglato una partnership con lo Stato africano che permetterà alla sua azienda di sfruttare la miniera per un periodo non inferiore a 25 anni.
Superato il valore delle esportazioni di caffè e tè
Il Burundi è uno dei paesi più poveri del pianeta, la cui economia dipende largamente dall’agricoltura. Quest’ultima, infatti, dal lavoro a circa l’80% della popolazione attiva. Il contributo dell’attività mineraria al prodotto interno lordo nazionale, dunque, è ancora marginale, ma fa gola. Negli ultimi anni, tuttavia, proprio l’ingresso nel settore delle terre rare ha consentito al comparto minerario di superare, in termini di ricavi legati alle esportazioni, il caffè e il tè. Ovvero due tra le principali voci dell’export del Burundi. Un sorpasso che è stato confermato all’agenzia Reuters da Léonidas Sindayigaya, portavoce del ministero delle Miniere, nel luglio del 2019.
Ad oggi, in ogni caso, la produzione di terre rare del Burundi rappresenta ancora una piccola frazione del totale mondiale. Secondo i dati dell’USGS (United States Geological Survey) relativi al 2019, la quota è pari attualmente allo 0,28%. Ma in Africa, sul punto di avviare la produzione c’è anche la miniera di Songwe Hill, nel Malawi. Il Gabon, inoltre, tenta ti lanciarsi con il sito di Mabounié, nei pressi della città di Lambaréné (che oltre alle terre rare presenta importanti riserve di uranio). E anche in Tanzania e Madagascar si ritiene possono esserci giacimenti di rilievo.