La verità sul caldo estremo: perché c’è e cosa comporta
L'Italia è avvolta da un'ondata di calore eccezionale. È colpa del riscaldamento globale? E quali sono i rischi? Rispondiamo a tutte le domande in questo articolo
È un afoso pomeriggio di luglio, uno dei tanti in questa estate dei record. Su Rete4 va in onda Diario del giorno, una striscia quotidiana dedicata ai temi dell’attualità. In studio i giornalisti Vittorio Feltri, Caterina Collovati e Karima Moual. A condurre c’è Andrea Giambruno, volto Mediaset e compagno della presidente Giorgia Meloni.
Il tema della trasmissione è il caldo eccezionale che sta colpendo l’Italia. I toni sono quelli che ci si aspetta da un’emittente vicina alla destra di governo. «Oggi è il grande giorno del grande caldo e qualcuno si chiede se sia una novità che nel mese di luglio si raggiungano queste temperature. Secondo noi non è poi una grande notizia», dice Giambruno, subito spalleggiato da Feltri. Ma la sorpresa arriva quando il conduttore dà la parola alla sua inviata a Bari, Rossella Grandolfo. In controtendenza rispetto alla linea editoriale della trasmissione, la giornalista cita i dati dell’IPCC, la massima autorità globale in tema di crisi climatica; si scaglia contro i negazionisti; snocciola le cifre dell’ondata di caldo che ha avvolto il meridione. Un fuoriprogramma evidentemente imbarazzante per Giambruno, che dopo qualche balbettio toglie la parola alla sua cronista.
Questo aneddoto televisivo di pochi giorni fa è una buona approssimazione del dibattito pubblico sugli eventi meteorologici estremi che stanno colpendo il nostro Paese. Da un lato la forte preoccupazione, specie in chi vive da vicino le situazioni più tragiche. Dall’altra un pezzo di sistema mediatico e di opinione pubblica che vive con fastidio gli allarmi relativi a temperature, tempeste, incendi.
In mezzo, tante persone che cercano risposte. Davvero questo caldo è eccezionale? La causa va ricercata nel riscaldamento globale? E se sì, cosa ci aspetta in futuro?
La crisi climatica porta alle ondate di calore
Capire se e quanto un dato evento meteorologico sia frutto dell’aumento delle temperature medie globali è operazione non banale. Non sempre è possibile rispondere con certezza a questa domanda, e la scienza ha bisogno di tempo per ricercare e dibattere ogni caso specifico.
Nel caso del caldo che sta colpendo l’Europa da settimane iniziamo ad avere i primi studi. Sono risposte parziali, che dovranno essere ancora dibattute nella comunità degli esperti, ma comunque significative.
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Il primo dato viene da Climate Central, un centro di ricerca indipendente. I ricercatori hanno stimato che il riscaldamento globale abbia reso le temperature estreme registrate nei giorni scorsi in Germania, Francia, Spagna e Polonia almeno tre volte più probabili. In Italia e in Spagna picchi del genere sono cinque volte più probabili.
Un secondo studio è invece opera del World Weather Attribution, un gruppo di esperti specializzato nella scienza dell’attribuzione – cioè la branca della climatologia che individua i legami tra global warming ed eventi estremi. I risultati sono più netti di quelli raggiunti da Climate Central: le ondate di caldo di luglio in Europa sarebbero state praticamente impossibili senza la crisi climatica.
I ricercatori del WWA spiegano anche che in alcune regioni la situazione è resa più critica dall’arrivo di El Niño, un fenomeno climatico naturale e ciclico che aumenta per alcuni anni le temperature medie. Ma la causa principale di queste ondate, continuano gli scienziati, rimane il riscaldamento globale di origine antropica.
Il divulgatore scientifico Andrea Capocci, in un articolo su il manifesto di qualche giorno fa, ha efficacemente spiegato come i picchi di temperatura non siano il sintomo più affidabile per registrare gli effetti del clima che muta. La prudenza, in questi casi, è d’obbligo. Ma i primi indizi scientifici sui fenomeni che stanno vivendo le nostre città puntano per ora in direzione della crisi climatica.
Di caldo si muore?
Quali siano gli effetti di questo caldo estremo ma sempre meno eccezionale è noto. L’esposizione ad alte temperature, specie se accompagnate da importanti percentuali di umidità, rappresenta un pericolo per la salute. Un rischio particolarmente forte per chi vive in città, dove le cosiddette isole di calore aumentano le temperature, e per chi lavora in settori che implicano lavoro manuale in ambienti non climatizzati – tipicamente edilizia e agricoltura.
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Sull’ondata di caldo in corso non abbiamo ancora numeri affidabili. Qualche dato, però, ce lo fornisce l’Istituto di Barcellona per la salute globale in collaborazione con l’Istituto nazionale di sanità francese. In uno studio pubblicato sull’autorevole rivista Nature i due centri di ricerca stimano in 61.672 i morti attribuibili al caldo in Europa nel periodo che va dal 30 maggio al 4 settembre 2022. L’Italia è il Paese più colpito: 18.010 decessi stimati. Le categorie a rischio, si legge nel documento, sono soprattutto anziani e donne.
Per il 2023 non è ancora stato realizzato uno studio simile, ma i rappresentanti del lavoratori non intendono stare a guardare. La Cgil ha chiesto con urgenza lo stanziamento di fondi per permettere a tutte le categorie di astenersi dal lavoro nelle ore più calde. L’Unione Sindacale di Base chiede che la cassa integrazione per calore eccessivo scatti a 30°C, e non a 35°C come prevede il governo. Rivendicazioni sindacali che fanno seguito alle notizie delle ultime settimane, con numerosi casi di lavoratori deceduti proprio a causa delle alte temperature.
Le ondate di calore del futuro
Già oggi vediamo gli effetti della crisi climatica. Ma l’aumento delle temperature è un fenomeno graduale, e nei prossimi anni e decenni è inevitabile un peggioramento delle condizioni. Quanto lunga e quanto profonda sarà questa degenerazione dipende dalla velocità con cui si ridurranno le emissioni globali.
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Sempre nello studio sopra citato, il World Weather Attribution stima il tempo di ritorno di questa ondata di caldo – cioè il periodo necessario perché, statisticamente, l’evento si ripeta – in 10 anni nell’Europa meridionale. Ma con un aumento della temperatura media globale pari a +2°C rispetto ai livelli pre-industriali , soglia verso la quale il Pianeta è attualmente diretto, il tempo di ritorno si ridurrebbe ad una forbice di 2 o 5 anni.
Dati che fanno il paio con quelli recentemente diffusi dalla NASA. Per gli scienziati statunitensi intere nazioni rischiano di raggiungere nei prossimi decenni temperature medie che rendono difficile la vita umana. Parliamo dei Paesi del Golfo Persico, dell’Iran, dell’Egitto, dell’Etiopia. E le nazioni del Mediterraneo, Italia compresa, sono appena un gradino sopra in questa inquietante classifica.