Clima. Da Google ai Koch, ecco chi sponsorizza i “negazionisti”

Il quotidiano britannico The Guardian scopre una serie di finanziamenti per i gruppi anti-clima. Dietro di loro una rete di interessi e contributi milionari

Matteo Cavallito
© Roman Boed/Pxhere
Matteo Cavallito
Leggi più tardi

Pronta sulla carta a tutelare il clima ma incline, contemporaneamente, a mettere mano al portafoglio per sostenere i negazionisti del riscaldamento globale. È l’accusa mossa a Google dal Guardian che che ha puntato il dito sulle donazioni della corporation. Il colosso del Nasdaq, sostiene in particolare il quotidiano britannico, avrebbe finanziato più di una decina di organizzazioni «che hanno condotto campagne contro la legislazione sul clima, messo in discussione la necessità di intervenire sul problema o promosso il superamento delle misure approvate durante l’amministrazione Obama». Google ha ammesso le donazioni negando però che queste ultime implichino una piena adesione all’agenda politica dei beneficiari.

Google finanzia i nemici del clima

Le cifre non sono note, visto che Google – precisa ancora il quotidiano – non ha risposto alle domande dei giornalisti britannici sull’ammontare esatto dei contributi erogati. Tra i nomi dei beneficiari spicca quello del Competitive Enterprise Institute (CEI), un think tank conservatore celebre per aver chiesto all’agenzia spaziale americana, la NASA, di eliminare dal proprio sito il riferimento a una statistica sul consenso quasi unanime degli scienziati sulle responsabilità umane rispetto al cambiamento climatico.

Nel giugno del 2019, ha riferito il New York Times, i nomi di Google, Uber e Amazon compaiono poi nell’elenco degli sponsor di una cena di gala a tema Game of Thrones (Sic) per il trentacinquesimo compleanno dell’Istituto. E sarebbe stato sempre il CEI, secondo il Guardian, ad ispirare direttamente Donald Trump convincendolo ad assumere una posizione scettica sul problema del clima e ad abbandonare gli accordi di Parigi.

Proprio allo storico vertice del 2015 nella capitale francese, per altro, Google aveva assunto per contro un atteggiamento netto nei confronti della questione invocando un’azione forte a tutela del clima. Lo scorso anno, inoltre, l’azienda aveva sponsorizzato un altro importante vertice: il Global Climate Action summit di San Francisco. Ma sono proprio le azioni meritorie dal punto di vista degli ambientalisti a ritorcersi ora contro il gigante della Silicon Valley. Il noto giornalista e attivista green Bill McKibben, riferisce ancora il quotidiano britannico, ha accusato l’azienda di “greenwashing funzionale” sottolineando il contrasto tra le affermazioni pubbliche e i finanziamenti privati.

I fondi nella galassia Koch

Tra gli altri destinatari dei finanziamenti di Google si segnalano l’American Enterprise Institute, l’organizzazione Americans for Tax Reform, Heritage Action e il Cato Institute, associazioni, queste ultime, caratterizzate da una generale opposizione alla legislazione sul clima. Ma i nomi più interessanti sono probabilmente altri due: l’American Conservative Union e il Mercatus Center. Entrambe le associazioni sono infatti legate alla galassia dei celebri fratelli David e Charles Koch, miliardari del settore petrolifero. L’American Conservative Union, infatti, è presieduta dal manager Matt Schlapp, per un decennio a libro paga del gruppo Koch Industries che, a sua volta, finanzia direttamente il Mercatus Center.

La fama dei Koch era emersa con forza già in occasione delle elezioni di mid-term del 2014. All’epoca i due fratelli avevano convogliato decine di milioni di dollari allo State Policy Network, una vera e propria associazione di diversi think tank che si batteva contro le politiche ambientali del governo americano. Greenpeace, in particolare, accusava i beneficiari dei Koch di diffondere rapporti non scientifici al fine di mettere in dubbio i risultati delle analisi ufficiali. I due fratelli, inoltre, avevano anche lanciato una vasta campagna di spot televisivi contro le iniziative sul clima. La gestione di questi ultimi era affidata al gruppo lobbista Americans for Prosperity.

Non solo Google: gli altri lobbisti anti-clima

Secondo Greenpeace, tra il 1997 e il 2017 i Koch avrebbero finanziato con 127 milioni di dollari 92 gruppi di pressione per mettere in discussione tanto i rapporti scientifici quanto le iniziative ambientali del governo. E non si tratta certo di iniziative isolate. Nel 2013, Robert Brulle, sociologo e docente di scienza ambientale della Drexel University, ha analizzato e descritto la complesse rete delle fondazioni, multinazionali e associazioni di varia natura che operano in chiave lobbistica contro le politiche a tutela del clima. Emergeva così una rete di 140 diversi enti che dal 2003 al 2010 avevano finanziato 91 gruppi negazionisti con un contributo totale di oltre mezzo miliardo di dollari. Tra i nomi evidenziati le fondazioni Searle Freedom Trust, John William Pope, Howard Charitable e Sarah Scaife. Oltre  alla stessa famiglia Koch e all’ente ad hoc del colosso del petrolio Exxon.