Eni, gli obiettivi climatici e il mega-giacimento di gas in Australia
Il giacimento, in Australia, potrebbe emettere enormi quantità di gas ad effetto serra. Eni, però, non lo considera una "bomba climatica"
Prima l’accusa di aver sottratto risorse destinate al Pakistan. Poi la notizia della denuncia depositata in tribunale dalle associazioni ReCommon e Greenpeace. Quindi l’informazione diffusa dall’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (Ieefa), secondo la quale si starebbe pianificando l’estrazione di gas da uno dei giacimenti potenzialmente a più alto impatto climatico mondo, situato in Australia. Il colosso italiano dell’energia Eni è da giorni al centro delle polemiche.
Il giacimento di Eni in Australia e l’obiettivo l’azzeramento di CO2 entro il 2035
Un nuovo rapporto dell’Ieefa spiega che la multinazionale sta pianificando lo sviluppo del sito di Evans Shoal, al largo delle coste dell’Australia settentrionale, che verrà utilizzato per l’esportazione di Gnl (gas naturale liquefatto).
Il giacimento, che è stato ribattezzato “Verus”, potrebbe essere uno dei più problematici impianti del mondo in termini di emissioni di gas ad effetto serra. Il che appare in evidente contrasto con le ambizioni dell’Australia di ridurre le emissioni nazionali di gas serra del 43%, entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005. Ma, sostiene Ieefa, ostacolerà anche l’ambizioso obiettivo di Eni di azzerare entro il 2035 le emissioni generate dall’estrazione e dalla produzione di petrolio e gas.
Per IEEFA è tutto greenwashing
L’accusa più pesante da parte di Ieefa, tuttavia, non riguarda le emissioni. Bensì le presunte promesse infrante di Eni. L’istituto fa riferimento al fatto che diversi azionisti del “cane a sei zampe” abbiano dato fiducia alle ambizioni “green” di Eni. Sottoscrivendo a gennaio un’emissione obbligazionaria da 2 miliardi di euro, legata all’obiettivo della neutralità climatica. Ora ci si chiede se quei fondi possano essere utilizzati per lo sviluppo di Verus.
«Poiché le affermazioni sul greenwashing sono diventate oggetto di attenzione da parte delle autorità di regolamentazione negli Stati Uniti, in Europa e in Australia, le credenziali di sostenibilità dell’Eni non solo dovrebbero essere sottoposte a un maggiore controllo normativo, ma anche gli investitori dovrebbero porsi delle domande», scrive Ieefa nel suo comunicato.
La posizione di Eni, che punta sulla (ancora futuribile) cattura e stoccaggio della CO2
Eni ha replicato indicando come a suo avviso sia «assolutamente falso sostenere che l’emissione obbligazionaria Eni sustainability-linked di gennaio, dedicata al retail, sia stata legata al finanziamento di progetti gas specifici, tantomeno di Verus. I proventi hanno invece l’obiettivo di mantenere equilibrata la struttura finanziaria e diversificare ulteriormente le fonti finanziarie».
L’inchiesta
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Secondo Eni, inoltre, sarebbe improprio riferirsi al giacimento di gas australiano con l’espressione “bomba climatica”, come fa il rapporto di Ieefa. Per “bomba climatica” o “carbon bomb” si intende un progetto capace di emettere in atmosfera almeno un miliardo di tonnellate di CO2 nell’arco dell’intero ciclo di vita. «È falso che lo sviluppo del progetto Verus sia in contrasto con l’obiettivo Eni di raggiungere la carbon neutrality di tutti i business per le emissioni Scope 1 e 2 entro il 2035» continua Eni. Secondo la quale il target è confermato.
Ma come farà Eni ad azzerare le emissioni nette di CO2 prodotte avviando un progetto di questa portata? È la stessa azienda a rispondere: con la cattura e lo stoccaggio di CO2. Una tecnologia che, però, necessita ancora di anni e anni di sviluppo per poter essere fruibile ed efficace.