Francia, i reattori EPR sono «un fallimento». Ma il governo ne promette altri sei
Nonostante la pioggia di critiche sui nuovi reattori EPR, con costi alle stelle e ritardi decennali, Parigi rassicura EDF: programma nucleare confermato
La decisione definitiva non è stata ancora presa. Ma il governo della Francia ha mostrato in modo chiaro il proprio orientamento in materia di energia. Non attraverso una proposta di legge, né rivolgendosi alla popolazione: lo ha fatto in una lettera indirizzata a Jean-Bernard Lévy. Ovvero all’amministratore delegato del colosso Edf, che gestisce il parco nucleare transalpino.
La promessa di nuovi reattori in una lettera alla compagnia EDF
I ministri dell’Economia e della Transizione ecologica, Bruno Le Maire e Elisabeth Borne, hanno voluto infatti rassicurare il manager. Spiegandogli che lo Stato prevede la costruzione di sei nuovi reattori nucleari EPR di terza generazione. Nonostante l’esplosione dei costi e gli enormi ritardi accumulati nel cantiere di Flamaville. Quest’ultimo, infatti, avrebbe dovuto essere completato nel 2012 per un costo complessivo stimato in 3,3 miliardi di euro. E, ad oggi, i lavori sono ancora molto lontani dall’essere completati.
#Nucléaire : comment le gouvernement travaille en catimini à la construction de 6 EPR
Dans une lettre adressée au président d’EDF, le gouvernement donne une feuille de route précise conduisant à la construction de six réacteurs sur les 15 prochaines années https://t.co/dN5IKzwRdH— LaPenséeLibre (@LibreDePenserFR) October 14, 2019
Già nel 2014 il prezzo totale dell’opera era stato rivisto a 5 miliardi. Valore cresciuto a 8,5 nel 2016, a 10,5 nel 2018 e a 12,4 miliardi nel 2019. Mentre il nastro del reattore non sarà tagliato prima del 2023, con oltre un decennio di ritardo rispetto alle previsioni iniziali. Ciò a causa di una lunga serie di problemi evidenziati dall’Agenzia per la sicurezza nucleare, che ha bloccato a più riprese il cantiere per via di anomalie e problemi riscontrati su numerose componenti.
Proprio per questo lo stesso governo di Parigi ha chiesto ad EDF di presentare un documento in cui venga dettagliato lo stato dell’arte di tutta la filiera nucleare. Al fine di comprendere le ragioni dei ritardi ed evitare di ritrovarsi una volta ancora in difficoltà. Tale studio sarà presentato verso la metà del 2021. Solo allora saranno messe dunque a disposizione dell’esecutivo le valutazioni della compagnia pubblica. Valutazioni che, tra l’altro, non potranno che essere “di parte” dal momento che per EDF la costruzione di nuovi EPR rappresenta un business cruciale.
Les conséquences du retard du chantier de l'EPR à Flamanville:
❌Le coût est de 12,4 milliards d'euros, soit 3,5 fois son prix initial
❌Sa mise en service est prévue en 2023, alors qu'elle était attendue… pour 2012 https://t.co/IvA8xJV1hr— Alternatives Économiques (@AlterEco_) October 17, 2019
Un rapporto sul cantiere di Flamanville parla di «fallimento»
Nell’attesa, lunedì 28 ottobre è stata intanto presentato da Jean-Martin Folz, ex amministratore delegato di Peugeot, un rapporto specifico sul caso di Flamanville. La bocciatura è senza appello: «La costruzione del reattore EPR avrà accumulato tali aumenti dei costi e ritardi da non poter essere considerata altro che un fallimento per EDF». Il documento, inoltre, critica «l’irrealismo» delle stime economiche iniziali.
« La construction de l’EPR de Flamanville aura accumulé tant de surcoûts et de délais qu’elle ne peut être considérée que comme un échec pour EDF. »#Flamanvillehttps://t.co/N7SoseiGYn
— Reporterre | Le média de l'écologie (@Reporterre) October 29, 2019
Ci si poteva dunque aspettare una fase di attendismo da parte del governo. Il presidente Emmanuel Macron e il primo ministro Edouard Philippe, invece, non dovendo più fare i conti con le richieste dell’ex ministro dell’Ecologia Nicolas Hulot, hanno preferito accelerare. Nella lettera a Lévy, infatti, il governo precisa anche alcune delle tappe che dovrebbero scandire la nuova strategia nucleare.
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Malumori nella maggioranza di governo
Si parla infatti di «un programma che prevede la costruzione di tre coppie di reattori su tre siti distinti». Essi saranno fabbricati «a distanza di quattro anni l’uno dall’altro». E la “prima pietra”, rappresentata da uno studio preliminare effettuato da Edf, dovrebbe arrivare nel corso del prossimo mese di novembre. Stupefacente. Tanto che anche la deputata Barbara Pompili, appartenente allo stesso partito del presidente Macron, si è detta «molto sorpresa». Giudicando i termini della lettera «inquietanti», perché «danno l’idea che le decisioni siano state già prese». Senza dunque consultare neppure il Parlamento.
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E senza ascoltare l’opinione dell’Agenzia francese per l’ambiente e l’energia (Ademe), che in un rapporto pubblicato nello scorso gennaio aveva spiegato che la costruzione di un solo reattore EPR di qui al 2030 imporrebbe alle casse pubbliche un costo compreso tra 4 e 6 miliardi di euro. Secondo il rapporto, inoltre, la creazione di una filiera industriale nucleare capace di portare ad una produzione da nucleare pari a 24 GWh entro il 2060 sarebbe di 39 miliardi.
Abbandonata la ricerca sui reattori di quarta generazione
Per gli antinuclearisti francesi la sola buona notizia è legata alla decisione ufficiale di chiudere l’impianto di Fessenheim, al confine con la Germania. La più vecchia centrale del Paese, in servizio dal 1977, arresterà definitivamente le proprie attività nel 2020. In gigantesco ritardo rispetto alle promesse dei presidenti che si sono succeduti. Il socialista François Hollande aveva assicurato nella campagna elettorale del 2012 che avrebbe disposto lo stop entro la fine del proprio mandato quinquennale.
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Coloro che in Francia si battono per il nucleare hanno inoltre accolto con favore la decisione di abbandonare la ricerca sui reattori di quarta generazione. Ovvero sul sistema a neutroni veloci (RNR) chiamato “Astrid”. Il quotidiano Le Monde ad agosto ha infatti riferito che il Commissariato per l’Energia Atomica (CEA) ha deciso di non investire più nel progetto. Che, soltanto fino al 2017, ha tuttavia comportato spese per quasi 738 milioni di euro.