Questo articolo è stato pubblicato oltre 4 anni fa e potrebbe contenere dati o informazioni relative a fonti/reference dell'epoca, che nel corso degli anni potrebbero essere state riviste/corrette/aggiornate.

Italia eccellenza per l’economia sociale: occupazione solida e innovazione

Un giro d’affari di circa 71 miliardi di euro, 390 mila imprese, 1,6 milioni di occupati. Un settore prezioso per il nostro Paese. E non solo

operatori e servizi sociali, anziani, Terzo settore - fonte cooperativa sociale Genera di Milano - 4

Mai sentito parlare di economia sociale e solidale? Impossibile, chiunque in più di un’occasione se ne è servito. Non potrebbe essere altrimenti considerando i numeri di questa realtà in Italia: «A livello nazionale il settore dell’economia sociale in senso ampio ha un giro d’affari di circa 71 miliardi di euro, poco meno del 5% del Pil, ha un’occupazione pari circa all’8% degli occupati complessivi e al 17% di quelli del settore privato». Sono le parole di Gianluca Salvatori, segretario generale dell’istituto Euricse, alla conferenza internazionale “Il momento dell’economia sociale e solidale” che si è tenuta a Trento dal 18 al 20 novembre.

Cooperative e imprese sociali, associazioni, fondazioni, realtà del Terzo settore. Un vasto ecosistema che, stando già al 9° Censimento dell’industria e dei servizi e al Censimento delle istituzioni non profit citato nel rapporto Financial Mechanisms for Innovative Social and Solidarity Economy Ecosystems, riguarda circa 390mila organizzazioni in Italia.

TABELLA l’economia sociale e solidale in Italia in cifre – fonte rapporto ‘Financial Mechanisms for Innovative Social and Solidarity Economy Ecosystems’ ILO 2019

Una realtà in crescita tra stabilità e innovazione

Un impatto generale tutt’altro che trascurabile, quindi, il cui potenziale di crescita non sembra esaurito, soprattutto per le realtà capaci di serrare rapporti sempre più stretti con le imprese for profit. Come del resto emerge dal XIII Rapporto dell’Osservatorio Isnet sull’impresa sociale in Italia, indagine condotta in particolare sulle cooperative sociali, oltre che su imprese sociali ex lege (DLgs 155/2006), Società Benefit, B-Corp™ e SIAVS (ovvero le Startup innovative a vocazione sociale). Dal lavoro dei ricercatori si evince che certe collaborazioni si siano evolute «in conoscenza e apprendimento reciproci, dando vita anche a iniziative di impegno sociale comunitario sul territorio».

Dal punto di vista quantitativo quasi 7 imprese su 10 manifestano stabilità nei valori occupazionali, con un incremento del 17% negli ultimi 3 anni e un orizzonte che si mantiene positivo. E per il 2020 il 23% delle imprese ha un cosiddetto “sentiment occupazionale” in crescita.

Ma l’aspetto più interessante è che le organizzazioni di inserimento lavorativo che hanno realizzato partnership aziendali presentano andamento economico e propensione all’innovazione superiori alla media: «Il 54,5% ha indici di innovazione medio alti, +14,5% rispetto al campione generale; l’84,6% delle imprese ha previsioni di stabilità e crescita economica contro il 76% del campione generale».

..ma potrebbero crescere anche di più

I dati di Isnet confermano perciò l’impatto positivo delle partnership aziendali in ambito economico, delle opportunità di lavoro e della ricaduta sociale, eppure è ancora ampio lo spazio di incremento disponibile. L’indagine sottolinea che sono ancora poche le imprese sociali e le aziende che utilizzano le convenzioni per l’inserimento lavorativo (ex-art. 14 D.Lgs. 276/2003). Ovvero gli strumenti attraverso cui i settore for profit può assolvere più agevolmente agli obblighi della Legge 68/1999 affidando commesse a cooperative sociali di inserimento lavorativo per categorie svantaggiate, e soprattutto le persone con disabilità.

GRAFICO sentiment occupazionale lavoratori con svantaggio 148 cooperative sociali – fonte dati XIII Rapporto Osservatorio Isnet, 2019

 

Canali e strumenti finanziari diversificati

D’altra parte, per quanto le partnership virtuose possano costituire una fonte di risorse e sviluppo, questo non basta. Non a caso, sempre Salvatori durante il convegno di Trento, ricordava che «nei soggetti dell’economia sociale di Paesi in cui c’è il vincolo di distribuzione limitata degli utili e non alienazione del patrimonio (ad esempio in Italia, ndr), dopo 10, 20 o 30 anni la patrimonializzazione è superiore rispetto a quella dell’impresa di capitale. In prospettiva, siccome saranno sempre di più gli ambiti in cui le organizzazioni dell’economia sociale saranno chiamate a intervenire, serviranno nuovi strumenti finanziari, ma dovranno essere o riadattati o inventati rispetto alla finanza profit».

GRAFICO patrimonio, redditività e indebitamento delle cooperative sociali – fonte Osservatorio UBI BANCA su Finanza e Terzo Settore, 2019

In conclusione, se l’economia sociale e solidale cresce ed espande il proprio raggio d’azione, diventa sì più attraente per il mercato, ma è costretta a misurarsi con esso alla pari con i vari competitor. Da un lato non potranno perciò bastarle più i soli canali interni e tradizionali di approvvigionamento delle risorse finanziarie, dall’altro anche lo scenario dei suoi principali fornitori di finanziamento (perlopiù altre organizzazioni consimili come le banche cooperative e la pubblica amministrazione) si va articolando.

Non a caso la relazione 2019 dell’Osservatorio UBI BANCA su Finanza e Terzo Settore, pur non registrando un estremo dinamismo nei fatti, rileva un aumento nella conoscenza degli strumenti di finanza a impatto sociale e aspettative positive sui fabbisogni finanziari per investimenti.

TABELLA previsioni di investimento nelle cooperative sociali – fonte Osservatorio UBI BANCA su Finanza e Terzo Settore, 2019

Un’evoluzione che anche i ricercatori Euricse mettono in evidenza, sottolineando l’avanzata di strumenti inediti: «La recente riforma del Terzo settore, ad esempio, prevede nuove forme di finanziamento per le imprese sociali, come il crowdfunding (donazioni, premi, prestiti ed equity), mini bond e fondi d’impatto sociale». Mentre fra i  nuovi fornitori aumenta l’interesse delle “banche a scopo di lucro”, che stanno iniziando a fornire prodotti su misura per la SSE, nonché quello dei cittadini privati, che «sono sempre più in grado di fornire finanziamenti diretti a progetti a cui sono interessati, grazie a nuove piattaforme tecnologiche».