Finanza sostenibile: l’Europa è davanti a sfide ambiziose
Definizioni univoche, trasparenza e dati comparabili sui rischi ambientali. Sono alcune delle sfide che l'Ue sta affrontando per regolamentare la finanza sostenibile
Sono passati poco più di tre anni (era l’8 marzo 2018) da quando la Commissione Europea ha lanciato il Piano d’Azione per finanziare la crescita sostenibile: un’ambiziosa tabella di marcia con proposte e scadenze per sostenere lo sviluppo della finanza sostenibile. Gli obiettivi erano tre: incrementare il flusso di investimenti in progetti sostenibili; migliorare l’integrazione dei rischi di sostenibilità nei processi finanziari; promuovere trasparenza e un orizzonte temporale di lungo periodo tra gli operatori.
Il percorso tracciato dal Piano d’Azione ha assunto una rilevanza ancora maggiore in seguito a due importanti svolte politiche. La prima è il lancio del Green Deal europeo, con cui l’UE si è impegnata ad azzerare le emissioni di gas a effetto serra entro il 2050. E a fornire il proprio contributo agli sforzi della comunità internazionale per rispettare l’Accordo di Parigi. Il secondo è il Next Generation EU, introdotto a maggio del 2020, in risposta alla crisi economico-sociale generata dalla pandemia di Covid-19. Un piano per avviare la ripresa secondo un modello di crescita più inclusivo e a ridotto impatto ambientale.
Le tre sfide della finanza sostenibile
In entrambi i casi la finanza sostenibile risulta uno strumento fondamentale per indirizzare capitali verso progetti compatibili con una traiettoria di decarbonizzazione e di promozione della giustizia sociale. Per funzionare, per crescere e per essere efficace nel proprio apporto allo sviluppo sostenibile il mercato deve vincere alcune sfide. Ne possiamo identificare almeno tre:
- Introdurre definizioni e classificazioni condivise su temi e strumenti che riguardano la sostenibilità nell’ambito dei processi finanziari (una sorta di alfabeto comune su cosa è sostenibile e cosa non lo è);
- Incrementare la trasparenza del mercato. Che significa mettere in circolazione più informazioni rigorose e dettagliate sulle caratteristiche di sostenibilità delle politiche d’investimento, dei prodotti e dei servizi finanziari. Indispensabile per combattere il greenwashing e coltivare la fiducia degli investitori;
- Aumentare qualità, quantità e comparabilità dei dati sui rischi ambientali e sociali e sugli impattidelle attività economiche sui fattori di sostenibilità.
I dati sono i mattoni indispensabili di tutta la struttura del mercato. Vengono divulgati da aziende, analizzati ed eventualmente valutati da società competenti. E, infine, usati dagli operatori finanziari per compiere scelte d’investimento sostenibile più solide e per comunicarle in maniera adeguata ai consumatori/risparmiatori. I dati sono presupposto di definizioni condivise e indispensabili per una maggiore trasparenza.
Definizioni (e non solo)
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Cos’è stato realizzato finora per rendere la finanza sostenibile
Su queste tre priorità le istituzioni europee sono intervenute con alcune importanti iniziative, che sono già parte del sistema normativo comunitario.
- La tassonomia europea delle attività economiche eco-compatibili (Regolamento 852/2020) consente agli investitori di identificare quali sono le attività che, svolte entro determinati criteri tecnici stabiliti su base scientifica, contribuiscono a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici dell’UE.
- Il Regolamento 2088/2019 (Sustainable Finance Disclosure Regulation – SFDR) ha introdotto requisiti di disclosure sulle informazioni di sostenibilità delle politiche d’investimento e dei prodotti finanziari per i partecipanti ai mercati e per i consulenti.
- I benchmark climatici (dettagliati nel Regolamento 2089/2019 e negli atti delegati) guidano la definizione di efficaci e trasparenti traiettorie di decarbonizzazione dei portafogli.
- Le linee guida sul reporting delle informazioni sul clima integrano, seppure in maniera non vincolante, le linee guida della direttiva sulla rendicontazione delle informazioni non-finanziarie delle imprese. L’atto normativo di riferimento per fornire al mercato dati ambientali, sociali e di governance (ESG).
Pronti, via!
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Cosa invece manca ancora
Sempre in merito a classificazioni, trasparenza e dati, altri processi sono in fase di sviluppo:
- Sulla tassonomia della finanza sostenibile la Commissione Europea sta lavorando all’introduzione degli atti delegati con i criteri tecnici di screening che definiscono il contributo agli obiettivi ambientali dell’UE, fondamentale per attivare altri strumenti, come SFDR o lo standard europeo dei green bond. Inoltre, dovrà chiarire come le imprese soggette alla direttiva sulla rendicontazione non-finanziaria dovranno dichiarare il proprio allineamento alla tassonomia;
- Su SFDR, le autorità di vigilanza europee e nazionali, insieme alla Commissione UE, dovranno finalizzare norme tecniche efficaci per la divulgazione di informazioni su rischi e impatti delle politiche d’investimento e dei prodotti finanziari, sostenibili e non;
- La direttiva sulla rendicontazione non-finanziaria è soggetta a un processo di revisione, che la Commissione presenterà al mercato nelle prossime settimane.
Nei prossimi mesi gli sforzi dei regolatori e degli operatori di mercato dovranno convergere su alcuni nodi.
La tassonomia è un mezzo, non un fine
Al di là degli sviluppi normativi, è importare promuovere e alimentare un “dibattito onesto” (come lo definisce Eurosif in un recente paper) sulla natura e sullo scopo della tassonomia. Nella concezione della Commissione europea, la tassonomia è uno strumento di classificazione delle attività economiche che troveranno posto in un’economia priva di impatti sull’ambiente. La tassonomia è la fotografia di come dovrà essere l’economia europea a impatto zero sul clima nel 2050. Una fotografia che oggi deve servire da mappa per arrivare a questo obiettivo.
Per essere utile a questo scopo e per essere un autentico punto di riferimento del mercato, è importante proteggerne la natura scientifica (“science-based“). È necessario chiare con tutti gli attori coinvolti (Stati, imprese, investitori) che la tassonomia è anzitutto una classificazione. In base a questo, può essere uno strumento di reporting, perché consente alle imprese di comunicare al mercato il proprio grado di allineamento a un’economia verde. E anche uno strumento di transizione, perché mostra il percorso necessario a centrare il traguardo finale. La tassonomia non è una lista vincolante delle sole attività in cui gli operatori finanziari potranno investire.
Naturalmente, la Commissione dovrà tenere conto del fatto che alcune attività economiche, che potrebbero non essere comprese nella classificazione “verde”, sono comunque fondamentali per rendere possibili gli sforzi di progressiva transizione di Paesi, settori produttivi e singole imprese. Il confronto tra le istituzioni e il mercato sarà cruciale per analizzare e promuovere tutti gli strumenti finanziari e di policy a disposizione: per esempio, i benchmark climatici sulla transizione (che si auspica possano essere utilizzati di più), o linee di credito legate agli obiettivi di decarbonizzazione, magari fissati tenendo come punto di riferimento proprio la tassonomia.
Per una buona rendicontazione degli operatori finanziari
L’efficacia del regolamento SFDR dipenderà da almeno tre elementi. Anzitutto, fornire al mercato gli strumenti per misurare gli indicatori richiesti dalle norme tecniche di disclosure a livello di soggetto e a livello di prodotto. Questo aspetto è indispensabile affinché il regolamento raggiunga il proprio obiettivo, ovvero valorizzare gli sforzi di allineamento degli operatori agli obiettivi di sostenibilità, senza caricarli di eccessivi requisiti di mera compliance. E, soprattutto, scongiurando il pericolo di ostacolare l’innovazione di prodotto.
In secondo luogo, il fattore tempo è determinante. La Commissione dovrà valutare le tempistiche più adeguate per spingere un’ambiziosa svolta del mercato e, al tempo stesso, lasciare agli operatori il tempo necessario per adeguarsi alle nuove richieste.
Il terzo, ma non ultimo punto riguarda l’armonizzazione tra l’SFDR, la direttiva MiFID II e l’IDD (Insurance Distribution Directive, la disciplina europea per la trasparenza in ambito assicurativo). L’SFDR, infatti, produce effetti diretti sulla comunicazione ai clienti delle informazioni ESG dei prodotti. Queste informazioni devono essere rigorose, dettagliate ed esaurienti e, al tempo stesso, accessibili e sintetiche.
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Il nodo dei dati
È indispensabile migliorare quantità, qualità e utilità delle informazioni sostenibili, a vantaggio di imprese e investitori. In questo senso, sarà interessante seguire gli sviluppi del progetto sull’European Single Access Point (ESAP) per informazioni finanziarie e non-finanziarie. Un database unico e condiviso su cui le aziende potranno caricare le proprie informazioni e a cui gli investitori potranno attingere per elaborare le proprie politiche d’investimento.
Si tratta di un’iniziativa ambiziosa, con regole d’ingaggio e infrastrutture complesse. Dovrà trovare una perfetta sintesi tra assoluta qualità delle informazioni (altrimenti non si distinguerebbe da database, standard e quadri di riferimento attualmente esistenti per il reporting) e sufficiente inclusività, per accogliere un numero più elevato possibile di imprese e di investitori. Inoltre, sarà molto importante evitare duplicazioni e complicazioni dei requisiti di reporting. A beneficio sia delle aziende che producono i dati, sia dei soggetti finanziari che le utilizzano.
Coinvolgere le piccole e medie imprese
Le misure volte a incrementare i dati ESG non possono prescindere dal coinvolgimento delle piccole e medie imprese (PMI). Aumentare la qualità delle dichiarazioni non finanziarie delle PMI è fondamentale per due motivi. Anzitutto, consentirebbe agli investitori responsabili di cogliere opportunità in imprese che hanno credenziali ESG elevate e/o che propongono soluzioni innovative per rispondere alle grandi sfide climatiche, ambientali e sociali.
Secondo motivo: la rendicontazione di sostenibilità potrebbe diventare uno strumento utile anche per le imprese. Non solo per espandere il bacino di potenziali investitori, ma soprattutto per analizzare i rischi ESG per l’azienda. E, viceversa, gli impatti delle attività aziendali sui temi di sostenibilità. Su questo, sarà importante intervenire con iniziative di dialogo tra investitori e imprese e di promozione della consapevolezza dell’importanza della rendicontazione ESG per le PMI.
Nelle prossime settimane la Commissione europea pubblicherà l’aggiornamento della strategia sulla finanza sostenibile, per rilanciare gli obiettivi e il perimetro del primo Piano d’Azione. È cruciale che queste sfide trovino risposte di policy efficaci e un mercato aperto e reattivo al cambiamento.
Francesco Bicciato è segretario generale del Forum per la Finanza Sostenibile