Il modello Val Maira: riscoprire la montagna. Lentamente
La valle piemontese nelle Alpi occidentali ha saputo trasformarsi in meta "slow", economicamente sostenibile. Una perla che attrae appassionati da tutta Europa
La Val Maira rappresenta uno straordinario caso di intuizione turistica sostenibile in perfetto equilibrio con le nuove aspettative di un turismo attento all’ambiente naturale e attratto dalle sue prerogative.
Questa piccola valle occitana, arrampicata tra le impervie montagne del Piemonte occidentale, ha vissuto, per infinite generazioni, la difficile e severa esistenza legata alle poche “certezze” della montagna: freddo, isolamento, agricoltura di sussistenza e pastorizia di alpeggio. Ha tutte le caratteristiche negative che hanno portato allo spopolamento di gran parte delle valli alpine – una strada di accesso stretta e tortuosa che rende difficili i collegamenti con il fondovalle e “muore” in alta quota impedendo transiti abituali da una valle all’altra; una quota media delle frazioni elevata, sopra i 1500 metri di altitudine in alta valle; pendii irti e scoscesi con poca insolazione e ancor meno terreni “piani” idonei all’agricoltura; la mancanza di un nucleo abitativo principale e un’infinità di piccole e piccolissime frazioni (spesso costituite da un unico nucleo familiare) difficili da collegare e una conseguente mancanza dei servizi anche primari.
L’addio dei residenti
Negli anni ‘50 del secolo scorso, in pochi anni, ha così subito una migrazione pressoché totale della popolazione residente verso la pianura torinese, che rappresentava allora possibilità di lavoro e di miglioramento della propria condizione.
Per quattro decenni la Val Maira ha subito l’aggressione silenziosa della montagna, della neve, dell’abbandono. Poi, nei primi anni ‘90, qualcuno è tornato. Ha rimesso in piedi le vecchie case di famiglia, in pietra e legno, immaginando che quella condizione così lontana dalle necessità del turismo industriale alpino – fatto di simulacri della città, grandi comprensori sciistici e divertimenti “balneari” a base di discoteche e shopping center – forse poteva intrigare qualche visionario alla ricerca di pace e solitudine.
Il successo di una valle “impossibile”
Da quell’intuizione è nato un progetto che oggi si chiama Consorzio Turistico Valle Maira. Ma, a differenza di molte altre aree montane dove le esigenze del turismo industriale hanno portato allo stravolgimento delle caratteristiche e delle culture locali, la Val Maira è ancora quella che i suoi abitanti lasciarono negli anni ‘50: una strada “impossibile” che si inerpica tra stretti valloni rocciosi; nessuna infrastruttura “industriale”, ma solo piccole frazioni di pietra e legno che però oggi espongono alle finestre vasi di fiori colorati e insegne che raccontano una cura dell’ospite di altri tempi: locanda, osteria, bed&breakfast. Soprattutto, nessun impianto di risalita e nessuna pista da sci.
I versanti della Val Maira sono ancora oggi come li vedevano con timore i pastori dei secoli andati, carichi di neve fino alle creste che sfiorano i 3000 metri. Un autentico paradiso per gli appassionati di scialpinismo e ciaspolatori, che hanno fatto diventare questa sconosciuta valle piemontese un punto di riferimento internazionale per chi cerca una montagna ancora realmente autentica e non “addomesticata”.
The Guardian #chrismoss e la Val Maira
The area became depopulated in the 20th century. The arrival of machines killed off crafts such as saddle-making; a series of wars and the pull… https://t.co/b3CyscoQRQ
— Cuneo Montagna Festival (@montagnafest) August 21, 2018
I numeri della Val Maira
Il Consorzio, in continua crescita, attualmente associa una cinquantina di strutture turistiche principali – assimilabili alla categoria alberghiera Tre Stelle, con disponibilità da 5 a 20 camere, e sempre a conduzione “familiare” che permette di ottimizzare i costi – più una galassia di B&B, attività commerciali e artigianali. Tutte rigorosamente caratterizzate da un indissolubile legame con la tradizione valligiana. Molti hanno infatti riattivato le antiche case mantenendo con rigore la tipologia edilizia basata sulla pietra locale e sul legno di larice.
La valle accoglie circa 80mila turisti all’anno – 50mila dal 1 giugno al 30 settembre e 30mila nel periodo invernale da fine dicembre ad aprile – ma il dato straordinario, per i numeri del turismo attuale, è l’occupazione (totale) delle strutture esistenti, con un rapporto domanda/offerta di 3 a 1. Significa che una sola richiesta di alloggio su tre può essere accolta, e questo fa si che le prenotazioni, in Val Maira, spesso si fanno una stagione per l’altra. Nulla di più lontano dalla moda delle prenotazioni “last minute” che ormai caratterizzano la ricettività turistica industriale.
Contro lo sviluppo ad ogni costo
Tuttavia, gli operatori della Val Maira, da solidi e concreti montanari innamorati del loro territorio, non si fanno attrarre dalle chimere dello “sviluppo ad ogni costo”: «Cerchiamo di rimanere in equilibrio con la nostra montagna – racconta uno dei soci del Consorzio – e mantenendo le nostre strutture a conduzione familiare, senza farci attrarre dalla costruzione di nuovi edifici o dall’aumento delle possibilità ricettive delle nostre case, siamo certi di mantenere in corretto equilibrio il nostro lavoro con il nostro territorio. Chi vuol venire a trascorrere un periodo di vacanza nella magnifica natura della nostra valle deve pensarci per tempo. Siamo già pieni fino alla metà di aprile, e molte delle prenotazioni sono state fatte già la scorsa stagione da clienti che sono stati qui e si sono trovati bene».
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L’80% dei turisti è straniero e viene da lontano
Un altro dato stupefacente è la tipologia della clientela che frequenta la Val Maira, costituita da italiani solo per il 20% e nei periodi canonici di agosto e vacanze di Natale. L’80% è invece costituito da stranieri e verrebbe facile pensare che, data la vicinanza, si tratti di francesi. Sbagliato.
«I francesi per noi sono una minoranza» conferma Fabrizio, gestore del Rifugio di Viviere, situato in una posizione idilliaca a 1770 metri di quota «e passano di qua, nelle loro escursioni di scialpinismo da rifugio a rifugio, solo verso fine stagione, da metà marzo in poi. Si fermano una notte e poi ripartono, non sono clienti particolarmente interessanti. Quelli che invece si fermano qui per weekend e settimane intere sono al 60% di lingua tedesca – svizzeri, austriaci e appassionati di montagna provenienti dalla Germania – 10% da Nordeuropa e Inghilterra, e un 30% di olandesi, soprattutto d’estate».
Sono dati che devono far pensare: arrivare fin qui dall’Inghilterra, dalla Norvegia o dalla Germania, è un vero e proprio “viaggio”. Perciò cosa spinge queste persone (parliamo di circa 65mila turisti/anno e non poche decine di “assatanati” di solitudine e natura selvaggia) ad affrontare migliaia di chilometri per raggiungere una sperduta vallata delle Alpi Piemontesi, priva delle offerte – in termini di strutture e servizi – considerate “indispensabili” dai crismi del turismo canonico?
Il richiamo della Natura
Credo il richiamo di una Natura ancora integra, e la possibilità di viverla a misura d’uomo, con le piccole accortezze dell’ospitalità tipica dei montanari ma senza la maggior parte dei bisogni, spesso inutili, che ci portiamo addosso nella quotidianità. Un esempio da seguire? Personalmente ne sono certo.
Ma mi interessa anche analizzare alcuni dati emersi dalle mie chiacchierate con gli imprenditori locali. Innanzitutto il dato relativo alla presenza di clientela olandese, che si focalizza nel rapporto con DUE (due, non duecento o duemila) Tour Operator di quel paese. In un’epoca in cui, secondo le “leggi” del turismo industriale sembra indispensabile andare a prendersi i clienti uno per uno, spesso rubandoli ai competitors, facendo operazioni capillari di promozione in ogni parte del mondo, stupisce che un prodotto turistico apparentemente di nicchia come la vacanza montana in una valle che offre la sua Natura e l’accoglienza sicuramente calorosa di rifugi e B&B, ma nessuno dei “must” apparentemente obbligatori per posizionarsi sul mercato mondiale del turismo, attiri 15/20mila persone da un paese molto lontano dal turismo alpino.
Bisogna, forse, ripensare a quello che le persone vorrebbero realmente per la propria vacanza? Probabilmente si, a guardare i dati della Val Maira. Che, con un pernottamento medio intorno ai 50/60 Euro e un pranzo tipico con prodotti locali a 30 Euro, e un’occupazione delle strutture di circa 200 giorni all’anno, produce un indotto economico stimabile tra i 7 e 9 milioni di Euro all’anno.
https://www.facebook.com/consorziovallemaira/videos/936106956559826/
Guide in trasferta alla ricerca della montagna autentica
Ma c’è un ultima, piccola sottolineatura che mi piace evidenziare: «Sai da dove viene gran parte delle Guide Alpine che frequenta la Val Maira, soprattutto d’inverno?» confessa Fabrizio. «Da Chamonix e Courmayeur: loro, che hanno a portata di mano il Re delle Alpi, il Monte Bianco, spesso portano i loro clienti qui da noi, per fargli respirare le atmosfere della montagna autentica».
C’è n’è abbastanza per cominciare a ripensare a quello che potrebbe essere un turismo montano capace di eccitare la fantasia e le aspettative di molti che ormai cercano di fuggire dagli stereotipi ormai stantii del “progresso ad ogni costo”.
* L’autore è uno degli esploratori italiani più noti, con più di 500 fotoreportage all’attivo, pubblicati su riviste nazionali e internazionali. Giornalista e scrittore, fotografo e conduttore TV, ha realizzato spedizioni in ogni continente. È direttore responsabile di Trekking&Outdoor, la più qualificata rivista sul tema del turismo responsabile. L’articolo completo è stato pubblicato dalla testata Trekking – Vivere Scoprire Viaggiare.