Appennino, decine di milioni di euro (pubblici) per la neve che non c’è

Dal Corno alle Scale a Roccaraso, nell’Appennino si continuano a bruciare soldi sul settore della neve. Come se i cambiamenti climatici non esistessero

Un'immagine della stazione sciistica di Corno alle Scale, in Emilia-Romagna, all'inizio del mese di febbraio © Valori.it

Quattro anni fa, nel 2016, le Regioni Emilia-Romagna e Toscana avevano siglato un protocollo. Obiettivo: ottenere un finanziamento a fondo perduto da 20 milioni di euro. Per costruire nuovi impianti di risalita verso il lago Scaffaiolo, nell’Appennino modenese. E creare così un comprensorio tra la stazione di Corno alle Scale (1.600 metri), monte Cimone e Abetone (1380 metri). Un “sogno” da 120 chilometri di piste, con un unico skipass.

Il progetto di un mega-comprensorio da 120 chilometri di piste

«L’opera chiave – spiegava all’epoca il Corriere Fiorentino – sarà la costruzione di una funivia che collegherà la Doganaccia (Toscana), con il lago Scaffaiolo al Corno alle Scale (Emilia): costo 7 milioni e tre anni di lavori tra progettazione e costruzione. Per unire Cutigliano con la seggiovia delle Regine all’Abetone basteranno una navetta e 20 minuti di strada. Stessa soluzione per collegare il paesino di Faidello (in fondo alla seggiovia Pulicchio, Abetone) con Le Polle, da dove ci si potranno godere gli altri 50 chilometri di piste del Cimone».

Il tutto per tentare di rilanciare l’area nell’Appennino, puntando ancora una volta sugli sport invernali. «Oggi la permanenza media nel comprensorio dell’Abetone è di due-tre giorni – aveva spiegato Rolando Galli, presidente del Consorzio turistico Apm Abetone -. Noi dobbiamo aumentare la qualità dei servizi e l’offerta delle piste, per intercettare i turisti che arrivano da Sud, ma anche quelli di Inghilterra, Olanda e Belgio, senza montagna ma con tantissimi sciatori: grazie ai voli low cost e ai prezzi da bassa stagione tra Pisa, Siena e Firenze, in molti integrerebbero la loro vacanza tra arte e sci».

Il WWF: «Sull’Appennino temperatura in aumento e neve in diminuzione»

Contro tale progetto si sono scagliate alcune associazioni ambientaliste. Per via deicambiamenti climaticiVariazione dello stato del clima rispetto alla media e/o variabilità delle sue proprietà che persiste per un lungo periodo, generalmente numerosi decenni.Approfondisci che stanno mettendo già ora a dura prova le stazioni sciistiche tosco-emiliane. Ma anche per l’impatto a livello locale. «Si tratta di una valle pressoché incontaminata – spiega Fausto Bonafede, presidente del WWF Bologna – è un’operazione del tutto illogica sia sul piano ambientale che su quello strategico».

L’attivista spiega che quindi che «negli ultimi 30 anni al Corno alle Scale le temperature sono aumentate mediamente di oltre 1 grado centigrado, e le precipitazioni sono diminuite di oltre 100mm/anno (equivalenti a circa un metro di neve)». Inoltre, «il Corno alle Scale, e più in generale il crinale appenninico, è uno dei luoghi più ventosi d’Italia: è normale che, durante le perturbazioni, il vento spiri a velocità comprese tra i 130 e i 150 km/h. L’11 gennaio 2016 al Passo di Croce Arcana (vicinissimo al Corno) si è registrato il record italiano di velocità del vento (238 km/h)».

E il vento, prosegue Bonafede, «oltre ad essere un pericolo per le funivie, provoca uno scioglimento accelerato del manto nevoso. Sulla neve, infatti, anche in giornate calde, staziona una bolla di aria più fredda, che a contatto con la neve è vicina a zero gradi, creando un “effetto frigorifero” che ne rallenta lo scioglimento e ne aumenta la permanenza sul terreno. In condizioni ventose, questa “bolla fredda” di aria viene spostata e dispersa».

«Meglio puntare sulla stagione estiva, ristrutturare sentieri e beni storici e artistici»

Ma non è tutto: secondo il WWF il progetto sciistico potrebbe nuocere alla biodiversità. «Ciò a causa della presenza “fisica” degli stessi impianti, della viabilità accessoria funzionale allo stoccaggio e trasporto (in fase di costruzione), delle nuove piste, dei grandi parcheggi (soprattutto sul versante toscano), della problematica connessa all’innevamento artificiale e alla captazione di sorgenti e acque superficiali».

Senza dimenticare che «il turismo sull’Appennino è sostenuto soprattutto dalla stagione estiva. È noto che le strutture ricettive mancano di elementi essenziali di accoglienza (servizi per handicap, bagno in tutte le camera ecc.). La rete di sentieri non ha un’adeguata manutenzione e segnalazione. I beni storici, artistici e culturali non vengono adeguatamente mantenuti e valorizzati».

Ciò nonostante, nell’ottobre del 2019 il progetto ha ricevuto i primi 2,5 milioni di euro di stanziamenti. Per infrastrutture che, stando all’evoluzione della temperatura media globale indicata dagli scienziati di tutto il mondo, saranno difficilmente sfruttabili già nel medio periodo. Legambiente Emilia-Romagna, in questo senso, ha bollato l’iniziativa come «un accanimento terapeutico».

In Abruzzo 50 milioni di euro per le piste da sci

Ma la vicenda Abetone-Corno alle Scale non è la sola. L’associazione Dislivelli ha ricordato che «nel 2017 la Regione Abruzzo ha stanziato 50 milioni di euro per sostenere lo sci e ampliare l’innevamento artificiale a Roccaraso, Ovindoli, Prati di Tivo, Passolanciano, Majelletta, Campo di Giove e Cappadocia. Quindi 22 milioni per due cabinovie a Castel di Sangro». Mentre «lavori per quasi 6 milioni provenienti dai fondi nazionali per le aree sottoutilizzate hanno permesso al già imponente sistema di innevamento artificiale del comprensorio dell’Alto Sangro di diventare il più grande d’Italia»

Eppure, le cronache parlano di neve che manca pressoché ovunque. E di temperature troppo alte non solo per aspettare che scenda dal cielo ma anche per spararla con i cannoni. All’inizio di febbraio, al Corno alle Scale le piste aperte si contavano sulle dita di una mano. Tanto che una responsabile della società che gestisce gli impianti di risalita ha parlato apertamente di stagione molto difficile.

Piste chiuse e neve scarsa in tutto l’Appennino

Allo stesso modo, stazioni come Campocatino e Campostaffi, nel Lazio, stanno vivendo «una stagione da incubo», come spiegato dal quotidiano locale Ciocaria Oggi. «Quelli che in questo periodo erano luoghi ricoperti dalla neve e affollati da appassionati si presentano come distese verdi», spiega la testata, che parla anche di «quadro desolante e preoccupante».

A Roccaraso, in Abruzzo, un’associazione di consumatori ha denunciato la mancanza di neve, sia naturale che artificiale, chiedendo perfino il rimborso degli skipass ai turisti. Mentre il Quotidiano del Molise parla di «stazioni di Campitello e Capracotta al collasso». Allo stesso modo, il Corriere di Siena titolava a metà gennaio: «Sci, poca neve sull’Amiata: a rischio la stagione invernale sulla montagna senese».