Il riscatto di Taranto: l’ecodidattica in aiuto della scuola digitale

Scuola a distanza, collaborativa e strumenti digitali. Così si formano gli studenti su cambiamento climatico e sostenibilità

I docenti del corso di formazione di ecodidattica dell’Istituto Righi di Taranto con il professor Daniele Marescotti. La scuola ha lanciato uno dei primi progetti italiani sull’educazione ambientale per gli studenti. Foto: Daniele Marescotti

Anche la cittadinanza attiva fa bene alla scuola e può agevolare sia la formazione dei docenti che dei ragazzi alla didattica a distanza. Arriva dall’Istituto Superiore e Liceo Tecnico Righi di Taranto, uno dei primi progetti italiani sull’educazione ambientale che diventerà materia obbligatoria nel prossimo anno scolastico. Si intitola ecodidattica,  è «nativa digitale» e fa parte dell’offerta formativa dell’istituto già dal 2016, all’interno del corso dedicato all’energia rinnovabile e sostenibilità ambientale.

Arriva dall’Istituto Righi di Taranto uno dei primi progetti italiani sull’educazione ambientale a scuola. Foto: ecodidattica.it
Foto: ecodidattica.it

Il format per l’educazione ambientale già pronto

«Sono metodologie per l’educazione ambientale e la cittadinanza attiva, già corrispondenti alle linee guida diffuse dal ministero dell’Ambiente e completamente digitalizzate» racconta a Valori il suo ideatore, Alessandro Marescotti, professore di italiano e storia nonché presidente di Peacelink, storica associazione per la tutela della pace e dell’ambiente. «Da cinque anni ho anche l’incarico di animatore digitale dell’istituto» prosegue il docente. «L’esperienza di cittadinanza attiva mi ha sicuramente agevolato. Ma comprendo che passare dalla didattica frontale in aula a quella esclusivamente digitale, da un giorno all’altro, non sia stato semplice per centinaia di migliaia di insegnanti e famiglie in tutta Italia».

Scuola: dalla distanza alla collaborazione

Per il professor Marescotti la difficoltà nell’emergenza dettata dal coronavirus è stata, invece, quella di doversi sdoppiare.  Sia per seguire i propri alunni che per la formazione ai colleghi che non erano ancora preparati all’utilizzo del web.«Nei momenti più critici mi sono venuti incontro i miei allievi, che hanno illustrato al posto mio, quando sono rimasto senza voce, i principali strumenti digitali utilizzati a lezione. Dall’impostazione dei webinar, alla costruzione di un padlet fino all’elaborazione di mappe concettuali, che ormai i ragazzi hanno imparato a usare abitualmente per seguire la lezione».

Non è, quindi, solo questione dei temi affrontati, ma anche di metodo. La preparazione per le lezioni online è completamente diversa rispetto a quelle frontali. «Senza saperlo eravamo pronti all’impatto scatenato dal coronavirus sulla scuola. Da almeno tre anni avevamo già impostato l’ora di ecodidattica in webinar per almeno 60 studenti. Con i contenuti progettati per l’utilizzo sul web» sottolinea Marescotti. «Semmai, quelle che non hanno retto, a causa dell’ingresso massiccio di docenti e studenti da tutta Italia, sono state le piattaforme digitali in open source che avevamo utilizzato fino a quel momento».

Manuali, padlet e repository  su clima e sostenibilità

Ora, in mancanza di spazi web scolastici, i materiali, scaricabili e aperti alla consultazione di chiunque ne voglia usufruire sono sia sul sito professionale del docente che sul sito web di Peacelink. Tra i temi affrontati l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU con le schede sui 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals) e i cambiamenti climatici. Ma anche il manuale scaricabile con tutti i principali elementi dell’ecologia applicata alla sostenibilità. E un repository con i progetti che hanno coinvolto 16 scuole nella sola Taranto e almeno 40 in Puglia.

…e webinar come lezioni all’università

«Da quando le scuole sono chiuse, la nostra ora di ecodidattica del sabato mattina si è trasformata in una lezione aperta, come se fossimo all’università. Con la partecipazione di centinaia di persone, docenti e allievi da tutta Italia» racconta Marescotti. Un metodo che ora è stato esteso all’intero orario scolastico, diventato punto di riferimento per molti altri insegnanti. Con risultati sorprendenti.

Il ritorno alla scuola collaborativa

«Ogni allievo ha creato un proprio portfolio digitale, una sorta di quaderno elettronico. Dove inserire tutti i suoi appunti, scansionando anche quelli manuali. Mappe, schede, slides, video, link. Mentre a noi insegnanti tocca il compito di presentare materiali progettati in modo da poter essere trasportati da una piattaforma all’altra» spiega Marescotti.

«Quello che mi ha piacevolmente sorpreso è come i ragazzi abbiano applicato il metodo acquisito con l’ecodidattica a tutte le altre materie. Come l’uso delle mappe concettuali, necessario per fissare pensiero logico complesso, che ormai i miei allievi utilizzano abitualmente». Ogni elaborato viene poi condiviso in cloud, cioè su un’unica piattaforma in grado di contenere i contenuti a cui tutti hanno accesso. La scuola a distanza si è così trasformata in un’esperienza di didattica collaborativa. Con  gli studenti liberi di cercare gli strumenti più adatti per memorizzare i concetti e per raffigurare quanto hanno appreso.

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Strumenti digitali per comprendere la complessità

«Interrompendo il programma di storia non era pensabile limitarsi a far studiare i ragazzi sul libro elettronico» precisa il professore che ha preferito reperire in rete i video da guardare e commentare insieme agli studenti. «Certo, strumenti digitali e lezioni in webinar non possono sostituire la relazione umana. Ma dal punto di vista dell’apprendimento favoriscono la comprensione della complessità».

Un metodo efficace che in questi anni si è rivelato valido per avvicinare ai temi ambientali centinaia di adulti e ragazzi. Producendo formazione concreta in vista del futuro post crisi, come le azioni per fermare i cambiamenti climatici e i principi della green economy. Ma anche per affrontare questioni cruciali come l’inquinamento e l’impatto dell’acciaieria Ilva, che il lockdown non ha fermato.

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