Coronavirus, ecco la fondazione che fa studiare gli orfani dei sanitari italiani

Da 150 anni, l'Onaosi garantisce servizi e istruzione ai figli dei sanitari italiani morti. Un esempio dei vantaggi del mutuo aiuto, rivalutato con l'emergenza Covid-19

Emanuele Isonio
Una delle biblioteche del collegio trecentesco La Sapienza Vecchia nel cuore del centro storico di Perugia, di proprietà della Fondazione ONAOSI. FOTO: Emanuele Caposciutti - Archivio Onaosi / Greenpress Environmedia.
Emanuele Isonio
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Il primo, l’11 marzo scorso, fu Roberto Stella, presidente dell’Ordine dei medici di Varese. L’ultimo (almeno nel momento in cui scriviamo) è stato Gianbattista Perego, medico di medicina generale morto per coronavirus il 23 aprile. In mezzo, altri 148 operatori sanitari morti dopo essere stati contratto il Covid-19. Una penosa scia di morte tra medici, infermieri, operatori sociosanitari, psicologi, farmacisti, tecnici di radiologia come non si vedeva da oltre un secolo. Ciascuno lascia familiari e spesso figli. Da far crescere e studiare.

Quello che sembra un problema contingente causato dall’attuale pandemia è in realtà un fenomeno che attraversa le epoche. E trova nella seconda metà dell’Ottocento un’idea che ha fatto storia: l’epoca d’oro del mutuo soccorso, utilizzato da fasce diverse di lavoratori per sopperire alle carenze dello Stato sociale (attuale, eh…). Obiettivo: aiutarsi reciprocamente per costruirsi un primo apparato di autodifesa contro incidenti sul lavoro e malattie.

Tra queste categorie, certo i medici non facevano eccezione: nel 1874 a uno di loro, il medico romagnolo Luigi Casati, venne l’idea di creare un’istituzione volontaria che si preoccupasse di garantire un’istruzione (e quindi un futuro) agli orfani degli operatori sanitari. Nacque così l’Onaosi, che iniziò le sue attività qualche anno dopo e da allora non si è più fermata.

Alla scoperta dell’Opera Nazionale Assistenza Orfani Sanitari ItalianiMolti servizi senza soldi pubblici

Nel tempo, pace, progressi della medicina, agiatezza economica avevano finito per far sottovalutare i vantaggi che le esperienze di mutuo aiuto possono garantire agli appartenenti a una categoria professionale. Alcuni, anche fra i beneficiari dei suoi servizi, hanno contestato duramente quell’obolo che ogni mese veniva detratto dal proprio stipendio, bollandolo come un balzello senza utilità. L’Onaosi infatti, come molte esperienze simili costruite nel tempo da diverse categorie professionali, si è sempre retta grazie ai contributi economici degli associati: oggi il versamento è obbligatorio per i sanitari assunti nelle strutture ospedaliere italiane (con trattenuta in busta paga compresa tra 0,34 e 0,38% del reddito lordo, a seconda dell’anzianità di servizio). È invece facoltativo per chi esercita la libera professione. In totale sono attualmente oltre 160mila i suoi contribuenti.

L’emergenza coronavirus sta però facendo ricredere molti, rivalutando le esperienze mutualistiche. «In realtà – spiega il presidente Onaosi, Serafino Zucchelli – già da qualche anno, con lo scoppio della crisi economica del 2008, i membri della categoria dei sanitari italiani sono tornati a guardare con attenzione alle nostre attività».

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Una rete di 11 centri formativi

Nel caso di Onaosi, gli orfani dei sanitari contribuenti sono annualmente assistiti fino al limite massimo di 30 anni di età, elevato a 32 anni in caso di specializzazione post laurea ed anche oltre per gli assistiti diversamente abili che studiano.  «Ad oggi assistiamo 3518 ragazzi. A ognuno di loro, vengono garantite erogazioni in denaro a domicilio e viene offerta l’ospitalità nelle strutture formative sparse per l’Italia nel momento in cui devono studiare all’università» spiega Zucchelli. La rete conta attualmente 11 centri in 8 città (Bologna, Messina, Milano, Padova, Pavia, Perugia e Torino). In ognuno, i ragazzi trovano tutor che li assistono nel percorso scolastico e opportunità di formazione extrauniversitaria.

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Oltre agli orfani, i servizi sono fruibili (a pagamento) anche dai figli degli altri medici contribuenti. Nelle strutture della fondazione infatti i costi richiesti sono spesso più convenienti rispetto all’affitto di un appartamento.

In “collegio” si studia meglio

Fiore all’occhiello fra i centri, il Collegio La Sapienza Vecchia, nel cuore del centro storico di Perugia. Non solo per la bellezza della struttura (edificata nel ‘300 e dotata di ogni servizio: cucine collettive, palestra, sale multimediali, persino un teatro). Ma soprattutto perché, da qualche mese, è entrato a far parte del ristretto gruppo dei 55 “Collegi di merito” italiani. Strutture riconosciute dal ministero dell’Università dopo un approfondito iter di accreditamento che offrono agli studenti, ammessi per concorso, non solo vitto e alloggio, ma anche un insieme di servizi per favorire il loro rendimento universitario.

Teatro goldoniano Collegio Sapienza Vecchia Perugia ONAOSI
Lo splendido teatro risalente al 1362 e poi ristrutturato nel XIX secolo, all’interno del Collegio La Sapienza Vecchia di Perugia. E’ attualmente destinato ad accogliere le attività culturali organizzate dalla Fondazione ONAOSI. FOTO: Emanuele Caposciutti – Archivio ONAOSI / Greenpress Environmedia.

Un contesto favorevole allo studio che si riverbera infatti sia sui risultati accademici sia sugli sbocchi lavorativi degli ex studenti. Dall’ultima indagine realizzata dalla Conferenza Collegi Universitari di Merito (CCUM) è emerso che il 67,7% di chi li ha frequentati ha trovato lavoro entro 3 mesi dal conseguimento del titolo di studio. Il 79% è occupato entro 6 mesi dal conseguimento del titolo di studio e il 92% entro un anno.

Cultura e solidarietà, perni per il futuro dell’Italia

«Il nostro – spiega Zucchelli – non è uno sforzo solo assistenziale ma è un servizio in favore della comunità con un fine preciso: costruire cittadini preparati. Pensiamo infatti che la cultura sia l’unica chiave di volta in grado di garantire il futuro del nostro Paese».

L’emergenza coronavirus poi ha spinto il CdA dell’Onaosi ad estendere le proprie prestazioni ai figli dei medici morti per Covid-19 anche se non contribuenti della fondazione. Un gesto di solidarietà per ribadire le motivazioni fondative dell’ente. «È in momenti di emergenza come quella attuale che una classe professionale deve mostrarsi unita: è da oltre un secolo, dalla terribile influenza spagnola del 1918, che dei medici siano morti per salvare le vite degli altri in strutture pubbliche. Siamo in una situazione figlia di tagli scriteriati alla sanità che ha ridotto le protezioni per chi aiuta i malati. Con questa scelta vogliamo andare controcorrente e dare un segno di unità: la nostra fondazione è aperta a tutti».

Gli orfani di quei sanitari non contribuenti morti per Covid-19 potranno quindi ricevere ospitalità gratuita presso il collegio Onaosi di Perugia. Lì saranno seguiti dal personale della fondazione e dai tutor come già avviene per i ragazzi già presenti nelle strutture della fondazione.

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