Calabria libera: l’economia sociale contro la ‘ndrangheta
Dal bio all'impresa sociale. Così la Valle del Marro resiste al coronavirus e alle ‘ndrine. «Per cambiare la Calabria bisogna restare»
L’ultimo atto di intimidazione è accaduto la notte del primo marzo. «Siamo nati quindici anni fa, ma ciclicamente siamo ancora oggetto di atti criminosi, che mirano a metterci in difficoltà» spiega Antonio Napoli, vicepresidente e socio fondatore della Cooperativa della Valle del Marro, a Polistena in Calabria. Un progetto che nasce sui terreni confiscati alla ‘ndrangheta, nella Piana di Rosarno, a poca distanza dalla baraccopoli di San Ferdinando.
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Anche qui è arrivata la crisi economica e sanitaria dettata dal coronavirus, sommandosi ai soprusi delle ‘ndrine. «Ma non ci abbattiamo, neppure questa volta. Guardando indietro sappiamo di avere fatto moltissimo. Abbiamo realizzato un modello di agricoltura biologica, d’innovazione. Ma ciò che dà fastidio non è solo il nostro modello di impresa sociale: è il nostro progetto culturale sul territorio. Stiamo dimostrando che lavorare per il bello, con onestà, è possibile».
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Quel «fresco profumo di libertà» contro le mafie
Quasi un miracolo, in una regione ancora profondamente vessata dalla ‘ndrangheta, a cui si oppone fortemente un’organizzazione di cittadinanza come quella di Libera, qui guidata da Don Pino De Masi, il parroco della comunità Santa Marina Vergine di Polistena. Antonio è uno dei suoi ragazzi cresciuto in oratorio che ha respirato, come ancora oggi fanno i bambini e i ragazzi della comunità, quel «fresco profumo di libertà» contro le mafie.
«Creare posti di lavoro per noi ha significato e significa garantire alle persone il diritto di crescere, in una terra in cui tutti ti dicono che nulla può cambiare». Invece, i ragazzi di Don Pino, con le loro gambe ce l’hanno fatta. Anche l’emergenza sanitaria non li ha disarmati. «Attualmente siamo 6 soci, con 11 lavoratori assunti a tempo indeterminato. Con i lavoratori stagionali arriviamo a più di 40 addetti. Per tutti è scattato il piano di prevenzione e sicurezza aziendale. È fondamentale. Il nostro capitale sociale sono le persone».
Gli agrumi della Legalità della Valle del Marro
240 lavoratori, oltre 7 milioni di fatturato
La Valle del Marro con i suoi 100 ettari è uno dei progetti di spicco della rete di Libera Terra che comprende in totale circa 70 soci lavoratori e 170 dipendenti che lavorano complessivamente su 1300 ettari di terreni sequestrati e confiscati tra Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. «Sono circa i 90 prodotti realizzati, che vengono venduti in Italia e all’estero, anche attraverso l’e-commerce, per un totale superiore ai 7 milioni di euro di fatturato» come conferma Francesca Rispoli dall’ufficio di presidenza dell’associazione nazionale.
«Nel tempo abbiamo ottenuto la certificazione biologica per tutto ciò che produciamo, dall’olio ai peperoncini piccanti, alle arance fino alle clementine e prossimamente ai kiwi» ribadisce con orgoglio Antonio. Un progetto di innovazione sviluppato grazie anche alla collaborazione con il Centro di Ricerche Agro-ambientali “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa.
Oggi ricorre il ventiquattresimo anniversario della legge 109 del 1996 per il riutilizzo dei beni confiscati alle mafie.#perilbeneditutti pic.twitter.com/wXj3YJMZWX
— Libera Terra (@LiberaTerra) March 7, 2020
Tutti insieme per combattere il caporalato
Ma l’impegno della cooperativa non si ferma qui. «La nostra vocazione per il reinserimento lavorativo è sempre presente, diamo sostegno al lavoro legale andando incontro alle persone più deboli e svantaggiate che rischiano di finire nella rete del caporalato. Siamo a pochi chilometri da Rosarno». Poco o nulla è stato fatto per risolvere il dramma della baraccopoli e le condizioni in cui versano i migranti. La risposta dello Stato è stata quella di tamponare , ma è una situazione irrisolta.
«Non a caso Emergency ha stabilito la sede di un proprio ambulatorio di cure proprio a Polistena, in un palazzo confiscato alla ‘ndrangheta». Progetto in cui anche la Valle del Marro è partner. «Collaboriamo con i medici di Emergency e con i sindacati attivi sul territorio. La situazione è ancora drammatica, ma pensiamo non ci sia altra via se non offrire loro condizioni di lavoro e vita dignitose. Lavoriamo per l’integrazione».
La solidarietà e l’impegno per i diritti non si sono interrotte neppure in questo momento di crisi? «Anche noi stiamo soffrendo, le nostre entrate sono legate esclusivamente alle vendite e in parte al progetto di Unicoop Firenze verso la Grande Distribuzione per La Buona Spesa sostenuta dalla Fondazione Il Cuore si scioglie». Tutto ciò ci ha fatto riprendere in mano progetti a suo tempo sospesi, come la creazione dello spaccio aziendale e il punto vendita al pubblico. Ne abbiamo interrotti altri, invece, come quello appena decollato della fattoria didattica, che con la chiusura delle scuole si è fermato»
«Per cambiare la Calabria bisogna restare»
Intanto la Valle del Marro sa di non essere sola. «La speranza per noi non è un optional, ma il motore di questa attività malgrado le difficoltà. Grazie a Libera è cresciuta la rete per la legalità intorno a noi. Abbiamo avviato collaborazioni e incontri con i campi di Estate Liberi, le università, giornalisti e magistrati. I familiari delle vittime delle mafie sanno che qui hanno un punto di riferimento e loro lo sono per noi. Certo siamo animati da un cauto ottimismo, non abbiamo ottenuto la rivoluzione culturale che ci attendevamo in un decennio».
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Ma proprio la crisi dettata dal coronavirus sembra favorire il cambiamento. «Quello che stiamo registrando sempre più nei colloqui è la presenza di giovani freschi di laurea o di diploma. È aumentata la consapevolezza delle ricchezze del nostro territorio. L’opzione della partenza sta diventando, finalmente, secondaria. E per cambiare la Calabria bisogna restare».