Cambiamenti climatici, il Covid colpisce le politiche Ue
Gli stanziamenti ambientali per 550 miliardi decisi al vertice Ue sul bilancio valgono solo un quarto dei fondi necessari a rispettare gli impegni per il 2030
Le politiche ambientali rischiano di venire fatte a pezzi dall’impatto della pandemia di coronavirus. Dopo una maratona negoziale di 91 ore sul bilancio europeo, il 21 luglio il vertice dei capi di Stato e di Governo dei 27 Paesi membri dell’Unione europea ha superato le resistenze del fronte dei Paesi “parsimoniosi” e ha raggiunto una intesa storica. 1.074 miliardi stanziati per il bilancio 2021-27 (il cosiddetto quadro finanziario pluriennale) e altri 750 miliardi per le misure del fondo Next Generation Eu (Ngeu) contro l’impatto del Covid-19, il cosiddetto recovery fund. Questi interventi segnano però un accordo al ribasso sul fronte della sostenibilità. Il rispetto degli obiettivi del Green Deal europeo, proposto prima della pandemia dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, resta appeso alla buona volontà dei governi e ai piani di sostenibilità delle finanze pubbliche nazionali.
I tagli ambientali dietro all’accordo sul Recovery Fund
Il recovery fund da 750 miliardi da suddividere tra gli Stati membri consiste in 360 miliardi di prestiti e 390 miliardi in sovvenzioni a fondo perduto. La Commissione europea potrà finanziarle anche ricorrendo all’emissione di strumenti di debito (in pratica, gli eurobond), garantiti pro-quota dagli Stati membri. È vero che almeno il 30% degli stanziamenti complessi del bilancio a lungo termine e del recovery fund saranno dedicati a raggiungere gli obiettivi climatici per i quali l’Unione si è impegnata ad attuare l’Accordo di ParigiL’Accordo di Parigi è un documento d’intesa tra le nazioni facenti parte dell’UNFCCC che è stato raggiunto nel 2015 al termine della Cop21.Approfondisci e le intese sullo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, ma l’accordo ha comportato tagli alla spesa per il clima e a programmi ambientali. Ad esempio, il Fondo per la transizione energetica equa (Just Transition Fund, Jtf) ha subìto una riduzione a 17,5 miliardi dai 40 proposti inizialmente.
Il quesito
Il Recovery Fund europeo ha dimenticato il clima?
La Commissione europea ha indicato che il 30% del Recovery fund stanziato per uscire dalla crisi dovrà essere “green”. Ma i dubbi sono molti
Obiettivi sul clima, si spera negli investimenti del settore privato
Gli 1,8 trilioni di euro stanziati complessivamente per i prossimi sette anni saranno soggetti per il 30% a misure di attenzione ai cambiamenti climaticiVariazione dello stato del clima rispetto alla media e/o variabilità delle sue proprietà che persiste per un lungo periodo, generalmente numerosi decenni.Approfondisci. Dunque tra il 2021 e il 2027 circa 547 miliardi saranno dedicati dalla Ue alla transizione “verde”. La somma sembra ingente ma rappresenta solo un quarto degli investimenti, stimati in 300 miliardi l’anno, necessari per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni del 50-55% entro il 2030.
Appare dunque evidente che solo il settore privato potrà fornire gli investimenti necessari a garantire il rispetto degli obiettivi climatici al 2030 che i leader della Ue si sono impegnati a fissare entro la fine di quest’anno. La traiettoria di decarbonizzazione della Ue punta a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Tra questi operatori potrebbe spiccare il ruolo della Banca Europea per gli Investimenti. La BEI potrebbe raggiungere erogazioni complessive per circa 600 miliardi, 150 in più rispetto a oggi da destinare al finanziamento di progetti di lotta contro il climate change.
Buone notizie per la PAC del futuro
Le note positive comunque esistono. I leader europei hanno deciso ad esempio di dedicare il 40% della spesa della Politica agricola comune (Pac) all’azione per il clima. Su questo fronte, sino a oggi, i fondi Ue destinati all’agricoltura hanno latitato o sono stati addirittura dannosi. È chiaro che per garantire il rispetto di questi impegni serviranno decise azioni di monitoraggio. Altre risorse proverranno da un nuovo prelievo sulla plastica che partirà nel 2021 e da una misura di aggiustamento del mercato delle emissioni da preparare entro metà del prossimo anno e da estendere ai trasporti aerei e marittimi.
Ma in Italia appena un miliardo per il Fondo verde
Se lo spirito complessivo del pacchetto finanziario non tradisce l’ideale del Green Deal europeo, la palla della sua concretizzazione passa in mano ai singoli Paesi. Saranno loro a dover indicare concrete misure ambientali nei piani di ripresa nazionali. Peccato che su questo fronte l’Italia, prima del negoziato europeo, non abbia mandato segnali di ottimismo.
La relazione di accompagnamento al Documento di economia e finanza, deliberata il 24 aprile dal governo Conte, indicava che “per realizzare progetti economicamente sostenibili e che abbiano come obiettivo la decarbonizzazione dell’economia, l’economia circolare, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile, l’adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico e programmi di investimento e progetti a carattere innovativo e ad elevata sostenibilità ambientale è istituito il fondo green new deal, con una dotazione di bilancio complessiva di circa 4,2 miliardi nel periodo 2020-2023”. Poco più di un miliardo l’anno che il fondo metterà a disposizione “attraverso la concessione di garanzie o l’attivazione di operazioni finanziarie”.
Di certo non una grande somma. Soprattutto se la confrontiamo con 209 miliardi che dal 2021 l’Italia riceverà dall’Europa grazie al recovery fund. La partita insomma si giocherà nei prossimi mesi, quando dovrà essere approntato il piano di ripresa nazionale. Sinora si sono rincorse voci e indiscrezioni su possibili misure a pioggia, specie sul fronte dell’erogazione di incentivi una tantum. Non propriamente un quadro confortante di investimenti a lungo termine contro il cambiamento climatico. È sul metro di quelle misure, che impegneranno la spesa delle risorse aggiuntive europee nei prossimi sette anni, che si misurerà l’effettiva attenzione della politica italiana sull’ambiente.