Cop28, negoziati ampiamente in alto mare a metà percorso
Pubblicata la seconda bozza di decisione finale della Cop28. Il testo mostra come su tutte le principali questioni il mondo sia ancora diviso
Che i negoziati alla ventottesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite fossero complicati era noto. Fin dalla designazione del presidente della Cop28, Ahmed al-Jaber, che ricopre anche il ruolo di amministratore delegato della Adnoc, colosso petrolifero di Stato degli Emirati Arabi Uniti. Ma si sperava che, a metà del summit, si potesse non essere ad un livello di impasse tale.
La cover decision della Cop28 rischia di essere priva di ciò che serve per il clima
Nonostante gli avvertimenti della scienza, nonostante gli impegni assunti ufficialmente a livello internazionale, nonostante le parole accorate della segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, infatti, la seconda bozza di cover decision mostra come i negoziati della Cop28 siano ancora in alto mare.
Il fulcro del dibattito
Fossili, addio o calo? La chiave del successo o fallimento della Cop28
Dopo le parole del presidente della Cop28 al-Jaber, il dibattito si concentra sul cuore del problema: pianificare o meno l’addio alle fossili
Il documento è stato pubblicato sul sito ufficiale della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (la Unfccc) alle 5 di mattina, ora locale, di martedì 5 dicembre. Si tratta di 24 pagine dalle quali dovrebbe discendere l’attuazione concreta dell’Accordo di Parigi del 2015. Ma già a pagina 5, e in particolare al punto 35, si comprende quanto il mondo sia diviso sulla questione della risposta alla crisi climatica.
Come facilmente ipotizzato in precedenza, è la sorte del settore dell’energia a vedere le delegazioni divise in blocchi contrapposti. Non soltanto per quanto riguarda l’uscita dalle fonti fossili, ma perfino sul sostegno alle rinnovabili. Il testo prevede infatti due opzioni su queste ultime. La prima prevede di includere il seguente testo: «Triplicare la potenza installata da fonti rinnovabili, a livello globale, entro il 2030 rispetto al 2022. Raggiungendo gli 11mila gigawatt. E raddoppiare il tasso di miglioramento annuale dell’efficienza energetica al 4,1%, entro il 2030 rispetto al 2022». Seconda opzione: non inserire alcun testo.
Sulle fossili tutte le opzioni sono ancora possibili, ma la strada appare in salita
Per quanto riguarda un possibile addio alle fonti fossili, le possibilità sono le seguenti. L’opzione 1 indica «un’ordinata ed equa uscita dalle fonti fossili». L’opzione due prevede invece «un’accelerazione degli sforzi verso l’uscita dalle fonti fossili “unabated”, riducendo il loro uso al fine di raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di CO2 nei sistemi energetici entro o attorno alla metà del secolo». Una formulazione, questa, estremamente meno ambiziosa. In primo luogo poiché si parla solamente delle fossili “unabated”, ovvero quelle prive di sistemi di cattura e stoccaggio della CO2. Parliamo della grande maggioranza delle centrali attualmente attive in tutto il mondo. In secondo luogo non viene fornita una data certa, bensì l’apertura ha raggiungere la net zero «attorno alla metà del secolo». Il che lascia aperta la possibilità di procrastinare ulteriormente l’azione climatica.
Anche sul carbone l’impressione è che manchi sostanza
Una speranza potrebbe essere legata allo scorporamento delle fonti fossili. Immaginando difficile un progetto ambizioso su petrolio a gas nel corso di una conferenza presieduta da un petroliere, si potrebbe perlomeno supporre che sul carbone possano esserci meno resistenze. La seconda bozza di accordo conclusivo della Cop28, tuttavia, lascio intendere il contrario. Di addio complessivo alla fonte fossile più dannosa per il clima non si parla neppure.
Le due opzioni in campo sono le seguenti: «Una rapida uscita dal carbone “unabated” entro il decennio è un immediata cessazione delle autorizzazioni per nuovi impianti a carbone “unabated”, riconoscendo che l’Ipcc suggerisce uno scenario che prevede una riduzione del carbone “unabated” del 75% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019». Il che, ancora una volta, salverebbe di fatto il carbone. Oppure, in alternativa, saltare a piè pari la questione («No text»).