L’IEA: «Gli 1,5 gradi sono a rischio, ma le rinnovabili possono salvarli»

L'inazione climatica ha portato a restringere sempre più la finestra per centrare il più ambizioso degli obiettivi dell'Accordo di Parigi

Contenere l’aumento delle temperature globali al di sotto del grado e mezzo rispetto ai livelli pre-industriali è difficile ma non impossibile, e la speranza viene dalla crescita dell’energia pulita. Parola dell’International Energy Agency, la branca dell’OCSE dedicata alle questioni energetiche, che nella giornata di ieri ha aggiornato il suo Net Zero Roadmap report.

Una strada accidentata

L’International Energy Agency ha pubblicato Net Zero Roadmap nel 2021. L’obiettivo dell’ambizioso documento era quello di fornire ai governi un percorso verso le emissioni nette zero. Il tutto allo scopo di limitare l’aumento della temperatura globale entro gli 1,5 gradi centigradi, rispetto a prima che cominciassimo a bruciare carbone, petrolio e gas. Si tratta della soglia che i governi di tutto il mondo hanno individuato come «desiderabile» all’interno dell’Accordo di Parigi, nonché il miglior scenario che la comunità scientifica prevede.

Già al momento dell’uscita della prima versione, il report destò stupore. L’IEA, storicamente considerata un’organizzazione conservatrice, si schierava con forza in favore del rapido sviluppo delle energie pulite e giudicava negativamente gli investimenti nel nuovo fossile. «Non c’è spazio per costruire qualunque cosa che emetta CO2», diceva Fatih Birol, direttore dell’agenzia, già prima della nomina.

L’aggiornamento appena rilasciato prende atto delle novità giunte negli ultimi due anni. L’evoluzione della tecnologia e la crescita dell’energia da fonti rinnovabili, ma anche l’aumento delle emissioni e il rimbalzo degli investimenti nel fossile. E traccia uno scenario con molte ombre e qualche luce: il traguardo degli 1,5 gradi centigradi è a forte rischio, ma il boom delle tecnologie verdi permette di non darlo ancora per perso.

Le buone notizie: solare e auto elettriche

Sono due gli indicatori la cui poderosa crescita lascia ben sperare i ricercatori dell’IEA: la vendita di auto elettriche e l’installazione di nuovi impianti solari. La loro crescita è in linea con l’azzeramento delle emissioni a livello globale entro il 2050. Questi dati sono particolarmente importanti, si legge nel documento, perché le due tecnologie sopra citate rappresentano da sole un terzo della riduzione delle emissioni previste da qui al 2030.

Le buone notizie non finiscono qua. Nel 2021 il report spiegava come una metà della riduzione delle emissioni prevista da qui al 2050 fosse da imputare a tecnologie non ancora disponibili sul mercato. Questa quota si è ridotta al 35% in soli due anni.

Le indicazioni dell’IEA: accesso all’energia e investimenti nelle rinnovabili

La Net Zero Roadmap è prima di tutto uno strumento di lavoro per decisori politici, e per questo i ricercatori accompagnano all’analisi vera e propria una serie di raccomandazioni.

In particolare l’International Energy Agency parla della possibilità di raggiungere la piena accessibilità all’energia per tutta l’umanità entro il 2030 con una spesa di 45 miliardi di dollari all’anno, pari all’1% degli investimenti globali sull’energia. Nello stesso scenario la spesa per l’energia pulita deve passare dai 1.800 miliardi di dollari del 2023 a 4.500 miliardi nel 2030.

Nell’insieme per il 2030 IEA prevede di triplicare lo sfruttamento di energia pulita, il raddoppio dell’efficienza energetica, un crollo del 75% delle emissioni di metano nel settore energetico. Se tutto andrà come l’agenzia auspica, la domanda di fossile si ridurrà del 35% entro il 2030 e dell’80% entro il 2050. Per arrivare a ciò, scrivono sempre i ricercatori, è necessario però fermare ogni progetto upstream sul gas e sul petrolio, e impedire sia la costruzione di nuove miniere di carbone sia la loro espansione. Porta ancora aperta, però, ad un certo numero di progetti Oil&Gas già esistenti o approvati.

Anche l’equità è un tema. Tutti gli Stati devono anticipare la loro deadline per il raggiungimento delle emissioni nette zero, ma i Paesi industrializzati devono arrivarci molto prima. Un principio già affermato in sede di negoziati Onu per il clima secondo la formula delle «comuni ma differenziate responsabilità».

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Ce la faremo?

Se il mondo non seguirà i consigli dell’IEA, i ricercatori evocano scenari cupi. Per rimanere sotto agli 1,5 gradi sarebbe necessario rimuovere dall’atmosfera 5 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno. Qualcosa di impossibile con le tecnologie attuali e molto difficile con quelle future.

Fatih Birol è però ottimista: «Il percorso verso 1,5 gradi si è ristretto negli ultimi due anni, ma le tecnologie energetiche pulite lo stanno mantenendo aperto. Con lo slancio internazionale che si sta sviluppando a favore di obiettivi globali chiave come la triplicazione della capacità rinnovabile e il raddoppio dell’efficienza energetica entro il 2030, che insieme porterebbero a una maggiore diminuzione della domanda di combustibili fossili in questo decennio, la COP28 di Dubai è un’opportunità vitale per impegnarsi a rafforzare l’ambizione e l’attuazione negli anni rimanenti di questo decennio critico».

Di certo c’è che la comunità scientifica è sempre più pessimista. L’ultimo report dell’Ipcc, la massima autorità globale in tema di clima, lascia spazio alla possibilità di restare sotto agli 1,5 gradi in pochissimi scenari. E il mondo conosce ogni giorno nuovi incendi, nuovi allagamenti, nuove siccità.