Enel, la vittoria della lobby fossile sostenuta da Giorgia Meloni
Dopo gli anni di Starace, che ha reso l'Enel un esempio per la transizione, l'azienda viene affidata a dirigenti di tutt'altro orientamento
La lista di candidati del governo ce l’ha fatta. L’assemblea degli azionisti di Enel del 10 maggio è finita con un consiglio di amministrazione che rispetta i desiderata del governo Meloni. Alla presidenza va Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni fino al 2014, campione del petrolio e soprattutto del gas. Nel 2006 fu proprio Scaroni, da Ceo di Eni, a firmare l’accordo con Gazprom, che ci consegnò mani e piedi al gas russo.
Chi sono i nuovi dirigenti di Enel
Come amministratore delegato entra invece l’investitore e manager Flavio Cattaneo. Ex direttore generale della Rai di Berlusconi, nel 2003. Poi amministratore delegato di Terna, di Ntv (Italo), di Telecom e oggi consigliere di Generali, designato da Caltagirone. Un supermanager per tutte le stagioni, esperto in operazioni di turnaround aziendali, con una lunga esperienza nel campo dell’energia.
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Francesco Starace, sotto la cui guida Enel, in nove anni, è diventata leader globale nelle energie rinnovabili, è costretto a fare le valigie. « È una notizia triste per l’azienda e per il nostro Paese», spiega Simone Siliani, direttore di Fondazione Finanza Etica (FFE), da 15 anni azionista critico di Enel. «Con Enel ci siamo scontrati anche duramente fino al 2014, prima dell’arrivo di Starace. In seguito l’aria è cambiata e dallo scontro siamo passati al dialogo, alla cooperazione».
Dai tempi di Fulvio Conti alla svolta con Francesco Starace
L’Enel di Fulvio Conti, l’amministratore delegato che ha preceduto Starace, era stata attaccata per i piani di investimento nel carbone e nel nucleare o i progetti per la costruzione di grandi dighe nella Patagonia cilena. «Per fortuna di tutti questi piani non si è fatto nulla, forse anche grazie alle nostre critiche. Che sono state condivise da associazioni, campagne, perfino da due vescovi, in Cile e in Guatemala», ha dichiarato Fondazione Finanza Etica nel suo intervento in assemblea.
Con Starace, invece, Enel ha intrapreso un percorso di decarbonizzazione credibile. Che si è posto come obiettivo le “zero emissioni nette” entro il 2040. E non, come quasi tutte le compagnie del settore energetico, inclusa Eni, entro il 2050. «Abbiamo apprezzato i cambiamenti delle strategie societarie sull’approvvigionamento di carbone in Colombia, sulla centrale del Mercure. E, più̀ recentemente, sull’approvvigionamento di moduli solari. A fronte delle nostre domande e osservazioni sono arrivate risposte puntuali, impegni precisi, interventi rapidi», si legge nell’intervento di FFE.
L’Enel di Starace è stata un’azienda coraggiosa
Starace ha avuto il coraggio di portare il dibattito sulla decarbonizzazione in Italia a un altro livello, parlando di idrogeno verde, in contrapposizione all’idrogeno blu, quello fossile, tanto amato da Eni. Una contrapposizione che, a quanto pare, gli è costata cara.
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Ora che la stagione Starace è finita, c’è da chiedersi cosa resterà della rivoluzione verde di Enel. C’è chi è pronto a scommettere che la prossima operazione straordinaria di Cattaneo potrebbe essere quella di vendere pezzi di Enel, soprattutto le attività estere, per ridurre il debito.
«Il debito di Enel è un falso problema gonfiato dalla stampa», spiega a Valori un analista finanziario, che ha preferito mantenere l’anonimato. «Il debito netto al momento è tre volte l’Ebitda ma scenderà presto a 2,5 volte, con le operazioni previste nei prossimi mesi. Solo per fare un confronto, il debito netto di Terna è oltre quattro volte l’Ebitda e nessuno parla di mega-debito, come si è fatto nelle scorse settimane con Enel».
Cosa resterà ora della rivoluzione verde della compagnia italiana?
Con la scusa di abbattere il debito, Enel potrebbe essere quindi rimpicciolita. Il business potrebbe poi essere spinto verso nuove strategie di sviluppo delle fonti fossili o del nucleare. Operazioni straordinarie che non sono però estranee al curriculum di Flavio Cattaneo. Tra gli scenari che diventerebbero meno impossibili, potrebbe tornare in auge anche la più volte paventata fusione tra Eni ed Enel, per creare un colosso italiano dell’energia.
Si tratta di scenari possibili anche se, al momento, non sono confortati da alcuna strategia o dichiarazione pubblica. Tutto dipenderà dalle mosse del nuovo ad nei prossimi mesi e dalle reazioni dei mercati. Una cosa è certa: gli azionisti critici non molleranno il colpo. «Come azionisti ci auguriamo che Enel continui ad essere un esempio avanzato di transizione energetica per il nostro Paese», ha dichiarato Fondazione Finanza Etica in assemblea. «Come azionisti critici monitoreremo con severità gli obiettivi di decarbonizzazione che Enel si è posta e siamo pronti a tornare allo scontro se necessario».