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Addio di Enel al carbone, Starace accende la luce

L'Ad della multiutility conferma chiusure centrali italiane e spagnole, ammette problemi in quelle russe. Soddisfazione dagli azionisti attivi. Ma le note dolenti arrivano dalla Colombia

Luca Manes
Luca Manes
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Nella settimana più ricca di assemblee degli azionisti, quella di Enel regala finalmente qualche bagliore di luce. Già nei discorsi introduttivi della presidente Patrizia Grieco e dell’ad Francesco Starace a tenere banco è stato il ruolo della più grande utility italiana nel promuovere le fonti rinnovabili (43,4 GW di capacità) e nel perseguire gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio fissati dall’Onu, con tanto di solenne promessa che la decarbonizzazione sarà completata ben prima del 2050.

Il processo di transizione dell’Enel è però ancora lungo e non privo di difetti. Ma almeno l’ad Starace, come già accaduto negli ultimi anni, ha distillato qualche notizia positiva, sopattutto sul fronte del carbone.

Enel smentisce Endesa: centrali spagnole chiuse entro il 2030

Incalzato da un combattivo drappello di azionisti critici provenienti da tutta Europa e dalla Colombia, ai quali ha fatto parzialmente sponda il rappresentante del Fondo Pensione della Siemens, il board dell’Enel ha confermato in maniera definitiva l’intenzione di chiudere le sei centrali su suolo italico entro il 2025 e le due rimanente in Spagna (As Pontes e Litoral) entro il 2030, di fatto smentendo le recenti affermazioni fatte dalla controllata Endesa durante la sua assemblea degli azionisti.

L’Enel ha ritirato il ricorso presentato al Tar del Lazio lo scorso febbraio nei confronti del provvedimento emesso dal ministero dell’Ambiente al fine di aprire la revisione delle autorizzazioni integrate ambientali di molti impianti a carbone ed inserire la data vincolante di chiusura entro il 2025.

La motivazione dell’opposizione da parte della compagnia era il mancato passaggio formale dell’atto al ministero dello Sviluppo Economico ma, visto che il passaggio è propedeutico proprio per fissare la data di chiusura delle centrali, non erano mancate le preoccupazioni che si stesse assistendo a un parziale passo indietro da parte dell’utility energetica.

Starace: centrale gas a Brindisi usata solo se necessario

Starace ha cercato di ridimensionare anche la notizia apparsa sui media poche ore prima dell’inizio dell’assemblea riguardo a una riconversione a gas della centrale a carbone di Brindisi – la più grande e inquinante d’Italia. «Sarà a ciclo aperto, ovvero utilizzata solo se necessario», ha spiegato l’Ad, aggiungendo che più cresceranno le rinnovabili e meno si farà ricorso al gas di Brindisi, riconoscendo anche lui che quella fonte energetica è pur sempre un combustibile fossile e per questo tutt’altro che pulito.

Miniere russe, we have a problem

L’amministratore delegato ha poi riconosciuto che nelle miniere russe da cui viene importato carbone «ci sono dei problemi» e che non ha alcuna intenzione di tenere aperte per forza le centrali cilene oggetto di controversia.

La centrale cilena di Bocamina 2, insieme a quelle di Tarapace e alla ancora più vecchia Bocamina 1, che risale addirittura ai tempi di Pinochet e non ha mai ricevuto alcun tipo di valutazione ambientale, sono da tempo al centro delle critiche degli azionisti attivi intervenuti all'assemblea soci di Enel.
La centrale cilena di Bocamina 2, insieme a quelle di Tarapace e alla ancora più vecchia Bocamina 1, che risale addirittura ai tempi di Pinochet e non ha mai ricevuto alcun tipo di valutazione ambientale, sono da tempo al centro delle critiche degli azionisti attivi intervenuti all’assemblea soci di Enel.

Parliamo degli impianti di Bocamina 2 e Tarapace, e del vetusto Bocamina 1, che risale addirittura ai tempi di Pinochet e non ha mai ricevuto alcun tipo di valutazione ambientale, sui quali Starace afferma di non «avere alcun attaccamento economico». Insomma, non rendono e se troveremo un accordo con il governo locale chiuderemo in tempi brevi Bocamina 1 e Tarapace.

Note dolenti sul carbone colombiano e sul “mostro” Cerrejon

Sul fronte colombiano, invece, sono arrivate solo le vere note dolenti della giornata. Nel 2017 Enel aveva ufficialmente comunicato di aver cessato l’import di carbone dalla controversa azienda statunitense Drummond attiva nella regione del Cesar, segnata da continue e gravi violazioni dei diritti umani. Ma è pur vero che l’azienda continua a usare polvere nera che proviene dalla Guajira (circa 1,4 milioni di tonnellate nel solo 2018). In quella porzione della Colombia al confine con il Venezuela è attiva la più grande miniera di carbone a cielo aperto del Sud America, il Cerrejon (69mila ettari), gestita da Glencore, BHP Billiton e Anglo American.

La miniera colombiana del Cerrejon, una delle 10 più grandi del mondo a cielo aperto.
La miniera colombiana del Cerrejon, una delle 10 più grandi del mondo a cielo aperto e la principale di tutto il Latinoamerica.

Il Cerrejon è una fonte infinita di problemi, come abbiamo appreso dall’intervento più toccante della giornata, quello dell’attivista del Movimento Fuerza de Mujeres Wayúu.

L’aria è molto contaminata e ben 14 corsi d’acqua sono stati deviati e poi prosciugati dallo sfruttamento della miniera. La Guajira è una zona semi-desertica, per cui l’emergenza idrica è molto forte. Inoltre la presenza di unità paramilitari è massiccia, tanto che le stessa Fuerza de Mujeres Wayúu è stata oggetto di pesanti minacce.

Tuttavia per Enel tutte queste criticità sembrano essere marginali, almeno a quanto appresso da un’interlocuzione diretta con le comunità. Che però in vari casi aspettano ancora l’implementazione di sentenze ultra-decennali della Corte Costituzionale in merito al reinsediamento…

Preoccupazione per il capitolo “compensazioni”

Gli azionisti critici non mollano e promettono di non allentare la pressione su Enel su questo punto così delicato, in solidarietà con le organizzazioni locali. Così come sulla questione delle possibili compensazioni che Enel sembra voler chiedere al governo italiano per la chiusura delle centrali a carbone nostrane. Enel ha dato il suo apprezzamento per un controverso meccanismo di compensazione introdotto dall’esecutivo tedesco sin dal 2016. Quel sistema prevede ben 600 milioni di Euro per GW installato – la compagnia ha ancora quasi 7 GW ad oggi in Italia…

Risposte esaurienti ma azionisti esteri penalizzati

Nota finale su come ha funzionato e si è svolta la stessa assemblea. È senza dubbio encomiabile che siano arrivate risposte abbastanza esaurienti a tutte le domande poste, a differenza di altre multinazionali italiane, che a volte svicolano. È invece molto criticabile che lo spazio di intervento per gli azionisti stranieri sia di soli cinque minuti comprensivi di traduzione consecutiva. Una lettura draconiana del regolamento, che limita in maniera severa la possibilità di interlocuzione di persone disposte a sobbarcarsi migliaia di chilometri di viaggio per presentare le proprie istanze.