Perché l’Europa rischia di compromettere i propri impegni sul clima

La Commissione europea potrebbe classificare come “verdi” gli investimenti nel gas. Il che vanificherebbe gli impegni sul clima.

Una marcia per il clima © Yhteiskuntaoppi/Wikimedia Commons

Le scelte che potrebbero essere assunte dalla Commissione europea per applicare concretamente la tassonomia – ovvero il sistema sulla cui base vengono classificate le attività economiche in funzione del loro impatto sul clima e sull’ambiente – non convincono le organizzazioni non governative. Nello scorso mese dicembre, ben 130 sigle hanno sottoscritto un documento nel quale hanno manifestato in modo diretto le loro perplessità. Chiedendo all’organismo esecutivo di Bruxelles di seguire meno le pressioni delle lobby industriali e di più le raccomandazioni del Gruppo tecnico di esperti (Teg). L’organismo che, dal luglio 2019, su incarico della Commissione, ha lavorato sui diversi capitoli contenuti nell’Action Plan (la strategia dell’Ue per regolamentare la finanza sostenibile). Tra cui la tassonomia stessa e i criteri per applicarla. 

Le promesse sul clima, le lobby industriali e il rischio-dietrofront

Coordinate dal WWF, nella loro dichiarazione le Ong hanno puntato il dito soprattutto contro le bozze di “atti delegati”. Ovvero i testi sulla cui base si dovrà applicare concretamente la tassonomia delle attività “verdi”. Benché ispirati al rapporto finale del Teg, consegnato nel mese di marzo del 2020, tali documenti presentano infatti differenze non di poco conto. 

Facciamo però un passo indietro. La tassonomia europea rappresenta il cuore della strategia europea per garantire sostenibilità alla finanza. Serve, in altre parole, per orientare i flussi finanziari privati e pubblici verso attività che contribuiscano alla transizione ecologica. Per questo è vista con preoccupazione da numerose grandi industrie responsabili di grandi quantitativi di emissioni di gas ad effetto serra, principali responsabili dello stravolgimento del clima. 

Come si è arrivati a questo punto? Nel gennaio scorso la Commissione europea ha inviato una lettera alla Piattaforma per la finanza sostenibile (insediata a settembre 2020). Nel testo, si chiedevano consigli «sull’uso esistente e potenziale della tassonomia per permettere il finanziamento della transizione verso un’economia sostenibile». «Se a prima vista la lettera non sembra preoccupante – spiega l’organizzazione non governativa Reclaim Finance – la percezione cambia esaminandone nel dettaglio il contenuto. La Commissione ha infatti posto numerose questioni che rischiano di annacquare la tassonomia. Il pretesto è la necessità di garantire flessibilità e finanziare la transizione di settori “non verdi”. Il che potrebbe aprire la strada all’inclusione di attività finora escluse». 

Lo scambio di lettere “incriminato” che coinvolge la Commissione europea

Un rischio che appare chiaro nella risposta fornita dal presidente della Piattaforma, Nathan Fabian, alla Commissione: «La tassonomia può fare di più per riconoscere gli sforzi di miglioramento delle performance. Anche per quei settori economici che oggi hanno a disposizione strumenti limitati per rispondere ai criteri della stessa tassonomia». 

Tassonomia sostenibilità clima
Dalla tassonomia europea dipenderà la classificazione delle attività e degli investimenti compatibili con la lotta ai cambiamenti climatici © ChinnaPong/iStockPhoto

Per usare termini ancora più semplici, lo scambio tra Piattaforma e Commissione appare una risposta alle critiche giunte dalle grandi industrie. Secondo queste ultime, esistono infatti dei settori che sono più difficili da “decarbonizzare”. E i criteri indicati dalla tassonomia sarebbero troppo restrittivi.

«Si tratta di un’argomentazione pericolosa – prosegue Reclaim Finance – poiché figlia, da una parte, di un’interpretazione sbagliata della tassonomia. Dall’altra, della volontà di preservare alcuni settori nonostante il loro impatto climatico». Uno dei nodi più complicati da sciogliere è ad esempio quello del gas: «Includerlo nella classificazione degli investimenti “verdi” – spiega Sebastien Godinot, economista dell’Ufficio politico europeo del WWF – potrebbe rappresentare la fine della tassonomia. Poiché ne minerebbe totalmente la credibilità». 

Il nodo del gas e delle bioenergie: «Così vanifichiamo gli impegni sul clima»

«Esiste un concreto rischio di greenwashing», spiega Isabelle Brachet, di ActionAid. «Consentire di premiare gli investimenti nel gas fossile significa compromettere l’impegno europeo per fronteggiare l’emergenza climatica», le fa eco il direttore dell’ufficio europeo di Legambiente, Mauro Albrizio.

In particolare, le Ong critiche hanno identificato dieci aspetti problematici. Gli inceneritori, i combustibili fossili, la bioenergia, l’idroelettrico, la deforestazione, i biocarburanti, il trasporto idrico via terra e via mare, l’idrogeno e gli allevamenti. Secondo le organizzazioni non governative, ad esempio, sull’idroelettrico «non sono state seguite le indicazioni del Gruppo tecnico di esperti e non vengono considerati gli impatti negativi dei piccoli impianti sulla biodiversità in acqua dolce. Nonché il loro scarso apporto in termini di produzione di energia». Mentre per quanto riguarda la bioenergia è stato sottolineato come la proposta della Commissione sia «fortemente pericolosa. Basata sulla sbagliata direttiva “Energie rinnovabili”, considererebbe come sostenibile ogni tipo di legno bruciato per produrre energia. Ciò contraddice tutte le recenti ricerche scientifiche e la stessa valutazione di impatto europea del 2016». 

ActionAid: «Si rischia un via libera agli investimenti nelle fonti fossili»

«Numerose attività elencate nella bozza di atti delegati della tassonomia europea – prosegue Isabelle Brachet di ActionAid – non sono amiche del clima e dovrebbero essere rimosse. È il caso delle bioenergie prodotte da legname proveniente da foreste o alcune colture. Poiché rischiano di stimolare il land grabbing (l’accaparramento delle terre, ndr) e la fame nel Sud del mondo». Brachet conferma quindi i rischi legati al gas considerato “verde”: «Gli investitori lo interpreterebbero come un via libera a continuare a finanziare le fonti fossili anziché puntare sulle rinnovabili. Dieci nazioni e l’industria del gas stanno esercitando pressione sulla Commissione. E solo un numero più esiguo di Paesi membri chiede che venga escluso». 

Secondo la militante di ActionAid, tuttavia, «la sicurezza energetica dell’Europa è importante, ma non riguarda la tassonomia. Questa deve semplicemente determinare cosa è classificato come investimento green. Non impedisce finanziamenti privati a industrie che inquinano, dal momento che non esistono sanzioni né divieti».