Foreste dell’Indonesia distrutte dalle miniere di nichel: la denuncia delle ong
In Indonesia un'area di foreste grande quanto la città di New York è stata abbattuta per estrarre nichel. Puntare sul riciclo è una priorità
La casa automobilistica statunitense Ford, la brasiliana Vale, la cinese Tsingshan e la Jardine Matheson di Hong Kong hanno investito nell’estrazione di nichel in Indonesia per la produzione di batterie per i veicoli elettrici. Ma queste miniere rischiano di sacrificare ampie aree in alcune delle foreste con il più alto grado di biodiversità del mondo. Lo spiega il gruppo ambientalista Mighty Earth (insieme all’organizzazione Brown Brothers Energy and Environment), citato dal Financial Times.
L’Indonesia fornisce la metà del nichel globale
Secondo l’organizzazione, l’Indonesia fornisce metà del nichel a livello mondiale. Grazie alle sue vaste riserve, il Paese asiatico spera di diventare una potenza nel settore dei veicoli elettrici. Il presidente indonesiano Joko Widodo e il fondatore di Tesla Elon Musk hanno avviato nel 2022 una relazione commerciale del valore di 5 miliardi di dollari per l’acquisto di forniture di nichel. Inoltre, dopo aver bloccato le esportazioni di nichel per attrarre gli investitori, l’Indonesia ha offerto una serie di incentivi diretti a Tesla, tra cui concessioni minerarie, agevolazioni fiscali e un piano di sussidi per l’auto elettrica.
Questo accordo ha però un risvolto amaro, in quanto l’Indonesia sta accompagnando la crescita della domanda di nichel assegnando nuovi lotti di estrazioni ai danni di ecosistemi fragili, generando rifiuti tossici e inquinando l’ambiente.
Così almeno 76.301 ettari di foreste tropicali, un’area grande quanto New York City, sono stati abbattuti nell’ambito di 329 concessioni di estrazione di nichel. Circa il 30 per cento di queste (ovvero 23mila ettari) nel solo 2019, dato l’aumento della domanda di auto elettriche e di batterie. E a poco sono servite le compensazioni suggerite dal presidente indonesiano verso le società di estrazione, invitate a rimboschire le miniere esaurite.
Economia circolare
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Le miniere di nichel minacciano anche i popoli indigeni
Non è la prima volta che le miniere di nichel sono al centro di critiche come questa. Ad aprile, Survival International aveva denunciato l’estrazione di questo metallo sull’isola di Halmahera. Destinata, secondo l’ong, a distruggere vaste aree forestali abitate da circa 300-500 membri incontattati del popolo hongana manyawa.
Delle concessioni analizzate, almeno 25 riguardano le cosiddette foreste a elevato stock di CO2 (HCS, High Carbon Stock), cioè che immagazzinano grandi quantità di anidride carbonica nelle piante e nel suolo. Le associazioni ambientaliste chiedono all’Indonesia di non ripetere gli stessi errori provocati nel campo dell’agricoltura intensiva di olio di palma.
Ed è proprio guardando all’olio di palma che fa specie quanto stia facendo l’Indonesia sul nichel: la deforestazione per le piantagioni di olio di palma è ora ridotta a un quinto rispetto all’apice raggiunto in passato, proprio grazie all’azione del governo e alle iniziative volontarie delle aziende. Se anche i minatori di nichel dovessero applicare gli stessi standard previsti oggi per le aziende produttrici di palma, molte delle concessioni non potrebbero essere toccate a causa della loro biodiversità.
Tracciabilità e trasparenza nelle catene di approvvigionamento
Ma allora la transizione ecologica non si può fare? Certo che si può fare: questi report non hanno l’obiettivo di fermare la produzione di veicoli elettrici, bensì di proteggere le foreste, gli ecosistemi e le popolazioni locali durante la transizione. Una delle potenziali soluzioni più efficaci risiede nel creare tracciabilità e trasparenza nelle catene di approvvigionamento.
Aumentare la tracciabilità significa ricostruire la provenienza dei minerali in tutti i suoi passaggi, dalla miniera alla raffineria, ai trasformatori, fino ai produttori che utilizzano il nichel nelle batterie delle automobili. Trasparenza significa rendere pubblica questa filiera, consentendo ai consumatori e alla società civile di seguire la filiera del nichel. Tutte le aziende coinvolte nella catena di fornitura dei veicoli elettrici, case automobilistiche comprese, possono iniziare a ridurre al minimo i danni garantendo che il nichel che utilizzano non provenga da miniere all’interno di habitat naturali chiave o altre aree ad alto valore di conservazione (le aree cosiddette HCV).
Riciclo del nichel, a che punto siamo?
Un’altra soluzione praticabile è rappresentata dal riciclo. Come molti altri metalli, anche il nichel può essere riciclato più volte senza perdita di qualità. E si adatta quindi perfettamente al modello di economia circolare. Oggi il riciclo del nichel è legato quasi esclusivamente all’industria dell’acciaio, ma ci sono già diverse aziende in grado di riciclare il nichel delle batterie esauste. Il Nickel Institute, un’organizzazione che associa le più grandi società di produzione di metalli tra cui Glencore, ha pubblicato un rapporto in cui si dice che quasi il 70% del nichel veniva avviato al riciclo nel 2015.
Ma da allora le cose sono cambiate poiché la domanda di nichel per le batterie è cresciuta. Nel 2021, secondo le stime dell’International Nickel Study Group, venivano raccolte tra le 4,4 e le 4,6 milioni di tonnellate l’anno di rottami metallici, da cui si estraggono 350mila tonnellate di nichel. Ovvero un quarto della domanda mondiale. Dati più aggiornati, forniti dal ReCell Center del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, parlano del 52% di nichel riciclato rispetto al consumo americano.
Ma, nell’ottica di assicurare le forniture e la loro sostenibilità, sarà fondamentale potenziare il riciclo delle materie prime in tutto il mondo. In questo senso si è già mossa la Commissione europea che, a marzo di quest’anno, ha presentato il regolamento sulle materie prime critiche (Critical Raw Materials Act, CRMA). Quest’ultimo impone agli Stati membri di aumentare il riciclo di materie raggiungendo almeno il 15% rispetto al consumo. L’approvazione della legge, che si spera arrivi entro Natale 2023, sarà sicuramente un passo importante nel percorso della transizione ecologica. Eppure, data l’emergenza raccontata dalle associazione ambientaliste, questo dovrà rappresentare solo il primo di una lunga lista di traguardi, sempre più ambiziosi.