L’industria del cacao in Ghana è sull’orlo del fallimento

Mancano i soldi per pagare i coltivatori e l'industria del cacao in Ghana va in crisi, completando un quadro economico preoccupante

Una fava di cacao © Alain Intraina/ IStockPhoto

L’industria del cacao in Ghana trema. Il Cocoa Board (Cocobod) – l’istituzione che si occupa della commercializzazione del cacao del Paese – non ha più soldi per pagare i coltivatori. Tutto ciò nonostante i prezzi del cacao siano a livelli record sui mercati internazionali. Fina ad ora Cocobod otteneva i fondi per acquistare e rivendere i semi da un consorzio di banche internazionali a tassi convenienti. Oggi però la situazione è cambiata. La crisi economica che dal 2022 sta colpendo il Paese, la più seria degli ultimi decenni, ha portato le banche a inasprire le condizioni di finanziamento. All’industria del cacao mancano i soldi per rimanere in piedi.

Come nasce la crisi del cacao in Ghana

Dopo la Costa d’Avorio, il Ghana è il secondo maggior produttore mondiale di cacao. I due Paesi, insieme, rappresentano circa il 60% della produzione mondiale di semi di cacao. A differenza della Costa d’Avorio però, dove il Conseil Café Cacao si limita a supervisionare i volumi e i prezzi di vendita, in Ghana i coltivatori sono legalmente obbligati a vendere i semi esclusivamente a Cocobod, l’ente che poi li rivende alle multinazionali. Quest’ultimo, però, non è più in grado di pagare i coltivatori. Avrebbe bisogno di un prestito di 400 milioni di dollari per il raccolto del 2023/2024, ma il Parlamento deve ancora approvarlo.

crisi economica in Ghana
Il Ghana è nel bel mezzo di una grave crisi economica © Africanway/iStockPhoto

Lo scontento che aleggia tra i parlamentari nei confronti dei rendimenti dell’istituzione potrebbe bloccare il finanziamento. Il Cocoa Board è in perdita da sei anni. Si teme che, non potendo più vendere legalmente il loro cacao, i coltivatori ghanesi ricorrano al contrabbando verso la Costa d’Avorio, dove è più facile trovare acquirenti. Il fallimento di questo comparto potrebbe avere conseguenze nefaste sull’economia del Paese. Il cacao rappresenta infatti il 15% delle esportazioni del Ghana. Questo comporterebbe anche la perdita di valuta estera, necessaria per stabilizzare la moneta locale, il cedi, il cui valore è precipitato ai minimi storici.

I prezzi del cacao sono alle stelle

In modo apparentemente paradossale, questa crisi si scatena in un momento in cui i prezzi di questa materia prima sono a livelli record sui mercati internazionali. A Londra una tonnellata di cacao viene quasi 3.500 sterline, il prezzo più alto dal 1989. A New York una tonnellata di semi costa circa 4.000 dollari, sfiorando il record degli ultimi 45 anni. I motivi alla base di questo aumento risiedono nella mancanza di offerta, con una produzione 2023 ben al di sotto delle aspettative.

Questo a causa del fenomeno meteorologico El Niño, responsabile del riscaldamento delle acque superficiali del Pacifico, che ha sconvolto il clima di tutto il Pianeta. In Costa d’Avorio e in Ghana prima il clima era troppo secco e impediva la crescita dei frutti. Poi è diventato troppo umido, favorendo la comparsa di malattie nelle piantagioni. Anche la siccità legata a El Niño ha contribuito a peggiorare la produzione di cacao in Africa Occidentale.

La crisi economica del Ghana e l’intervento del Fondo monetario internazionale

La crisi dell’industria del cacao completa un quadro economico a dir poco preoccupante. Da quando nel 2019 il Ghana spiccava come esempio virtuoso di performance economica, le cose sono cambiate. Se prima la scoperta di giacimenti di petrolio offshore, e i conseguenti accordi di estrazione con multinazionali come Eni, avevano portato il Paese sulla scena internazionale, ora il Ghana vive la crisi economica più dura degli ultimi decenni. A inizio 2022 l’inflazione è salita del 54%. Il valore della moneta locale – il cedi – è crollato di oltre il 50%. Le finanze pubbliche sono in stato di dissanguamento. Più della metà delle entrate del Paese – il 70% – è assorbita dal servizio del debito.

A gennaio il Ghana ha mancato il pagamento degli interessi sul suo debito e il governo ha dovuto chiedere aiuto al Fondo monetario internazionale (Fmi). Il programma di salvataggio prevede 3 miliardi di dollari in tre anni. Come ogni prestito, anche quello erogato dal Fmi presenta delle condizioni. Il governo del Ghana dovrà incrementare le proprie entrate, riducendo al contempo le spese.

«Ciò significa che probabilmente le tasse aumenteranno, così come il prezzo dell’acqua, dell’elettricità e del carburante», ha dichiarato alla BBC il professor Godfred Bokpin dell’università del Ghana. Nuove tasse su sigarette, bevande, alcolici e vino sono già state introdotte, oltre a un aumento dell’imposta sul reddito. Ai cittadini è stato detto che la crisi è stata causata dalla pandemia da Covid-19 e dalla guerra in Ucraina. Tuttavia in molti ritengono che la causa risieda anche nella cattiva gestione dell’economia da parte del governo.

Le proteste contro l’amministrazione di Nana Akufo-Addo

Il presidente del Ghana, Nana Akufo-Addo – eletto nel 2017 e riconfermato 4 anni dopo – per anni ha sostenuto che il Paese potesse farcela da solo. All’insegna del motto “Ghana Beyond aid” (Il Ghana oltre l’aiuto) aveva, infatti, abbandonato nel 2019 i programmi di aiuti internazionali. Durante il secondo mandato, però, il governo non è riuscito a realizzare le promesse fatte ai cittadini, per via dei costi che queste avrebbero comportato per lo Stato.  Tra queste, ad esempio, i 2,5 milioni di dollari all’anno per la formazione di insegnanti e infermieri. Oppure ancora il provvedimento che ha sospeso le bollette di acqua e luce durante le tre settimane di lockdown (9,4 milioni di dollari).

Nei mesi scorsi numerose proteste antigovernative hanno animato la capitale Accra. Dopo una serie di scioperi indetti dal sindacato nazionale dei lavoratori, il Trade Union Congress, l’esecutivo ha ceduto e ha firmato un accordo per l’aumento del salario del 30%. Akufo-Addo ha fatto anche marcia indietro sulla proposta di usare fondi pensione per il programma di revisione del debito pubblico. Altra idea contro cui il sindacato si è scagliato.