Continua la parabola discendente dell’alleanza delle banche per il clima
Il tempo stringe per fermare la crisi climatica. Ma l’alleanza delle banche per il clima (NZBA) appare sempre più debole e controversa
Le accuse di incoerenza, l’addio di uno dei fondatori, il rischio concreto di perdere un membro dopo l’altro. L’alleanza delle banche per il clima (NZBA) è da mesi nel bel mezzo di una crisi da cui fatica a risollevarsi.
Cos’è l’alleanza delle banche per il clima (NZBA)
È il mese di novembre del 2021, a Glasgow è in corso la Cop26 e l’ex-governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney, insieme al magnate dell’editoria Michael Bloomberg, presentano ufficialmente la Glasgow Financial Alliance for Net Zero. Attraverso questa alleanza, gli attori della finanza si impegnano ad accelerare la decarbonizzazione dell’economia globale.
Questa coalizione si articola, a sua volta, in una serie di alleanze settoriali. C’è quella delle compagnie di assicurazione, chiamata Net-Zero Insurance Alliance (NZIA). C’è quella che riunisce gli asset manager, la Net-Zero Asset Managers Initiative (NZAM). E c’è, appunto, l’alleanza delle banche per il clima, nota con la sigla NZBA: Net-Zero Banking Alliance.
L’addio di GLS e i ripensamenti delle altre banche etiche
L’obiettivo dichiarato è quello di operare in modo coerente con il contenimento del riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi centigradi. Un intento senza dubbio lodevole. E doveroso. Ma le banche che hanno siglato l’alleanza per il clima (NZBA) sono davvero pronte a metterlo in pratica? Anche in queste condizioni di mercato, caratterizzate dalla guerra in Ucraina e dalla crisi dell’energia? All’inizio del 2023, un report scritto da tredici organizzazioni non governative ha svelato che 56 banche, a partire dalla loro adesione, hanno fornito 270 miliardi di dollari a un centinaio di società del comparto dei combustibili fossili.
Occhi puntati sulle banche
BNP Paribas è la prima banca citata in giudizio per inazione climatica
BNP Paribas è la prima banca in Europa per sostegno economico ai combustibili fossili. 4 associazioni e 600 scienziati le hanno fatto causa
È stato decisamente troppo per GLS Bank, la prima banca etica tedesca. Il suo addio, annunciato all’inizio dell’anno, ha doppiamente un peso. Innanzitutto perché GLS era tra le fondatrici dell’alleanza e ha dichiarato, pur senza fare nomi, che alcuni istituti più grandi avevano continuato a finanziare infrastrutture fossili. Oltretutto, potrebbe non essere l’unica. Altre due banche etiche – l’olandese Triodos Bank e la britannica Ecology Building Society – potrebbero fare lo stesso, avverte Les Echos.
Ma perché la governance della NZBA non interviene con regole più severe sul sostegno a gas e petrolio, visto che la questione potrebbe mettere in bilico la sua stessa esistenza? Stando al quotidiano transalpino, ci avrebbe provato. Scontrandosi, però, con le resistenze da parte dei grandi nomi di Wall Street.
«Il mondo non può permettersi che le banche facciano un passo indietro»
GLS, così come Triodos ed Ecology Building Society, fa parte della Global Alliance for Banking on Values. Nota come GABV, è una rete di oltre 70 banche etiche che messe insieme superano i 60 milioni di clienti, gli 80mila collaboratori e i 210 miliardi di dollari di asset in gestione. Ed è proprio una ricercatrice e manager della GABV, Adriana Kocornik-Mina, ad affidare a Reuters un editoriale dal titolo eloquente: «Il mondo non può permettersi che le banche facciano un passo indietro rispetto ai loro impegni per il net zero».
L’Agenzia Internazionale dell’Energia, ricorda Kocornik-Mina, ha pubblicato una tabella di marcia dettagliata. Basterebbe seguirla per decarbonizzare il sistema economico entro il 2050 e, quindi, scongiurare le manifestazioni più estreme della crisi climatica. Ad oggi, però, questo piano è sostanzialmente solo sulla carta. Un recente studio condotto da Bloomberg NEF sulle banche di importanza sistemica globale sostiene che il rapporto tra i finanziamenti ai progetti low carbon e quelli ai combustibili fossili sia di 0,81 contro 1. Dovrebbe essere di 4 contro 1 entro la fine del decennio. Anche tra le firmatarie dell’alleanza delle banche per il clima (NZBA) si arriva a malapena a 0,92 contro 1. Non è abbastanza, non lo è nemmeno lontanamente.
«Non possiamo tollerare che gli istituti finanziari si impegnino per la net zero ma indirizzino le risorse di cui abbiamo così tanto bisogno per supportare nuovi combustibili fossili o per fare greenwashing», scrive Adriana Kocornik-Mina. Invitando a prendere esempio proprio dalle banche etiche. «È il momento di imparare dalle organizzazioni che non solo credono che sia possibile fare le cose in modo diverso, ma lo fanno in modo trasparente».