Per salvare il Pianeta deve cambiare anche la finanza globale
Una finanza che guardi al lungo periodo e agli impatti sull'ambiente delle attività economiche. E finanzi solo l'economia green, sociale e non speculativa
A Madrid non sarà l’ennesimo appuntamento per parlare di clima, ma un passaggio di fondamentale importanza. Le più recenti ricerche concordano nell’affermare non solo che l’impatto dell’uomo sui cambiamenti climatici è pesante quanto concreto, ma che tali cambiamenti stanno avvenendo a velocità persino superiori a quanto fino a oggi preventivato. E soprattutto che la finestra di possibilità per agire si sta chiudendo.
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Servono impegni seri, da parte di ogni Paese
La venticinquesima conferenza delle parti (Cop 25) che si apre oggi (2 dicembre) a Madrid, dovrà dare gambe – ovvero numeri, obiettivi, tempistiche e impegni vincolanti – prima di tutto riguardo il taglio delle emissioni. Il nodo principale è proprio sull’impegno di ogni Paese partecipante (i cosiddetti NDC o National Determined Contributions). Un accordo per lo meno difficile.
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A Parigi, durante la COP21 del 2015, sono stati fissati alcuni obiettivi concreti (contenere il riscaldamento ad un massimo di 2 gradi centigradi, puntando a 1,5 gradi) e dati indirizzi su come rispettarli in termini prima di tutto di taglio delle emissioni e riconversione dell’economia. Ad oggi nessun Paese europeo risulta allineato all’Accordo che prende il nome della capitale francese. E diversi partecipanti sono ormai guidati da governi apertamente contrari, a partire dagli USA di Trump che hanno ufficialmente dichiarato di volere uscire dagli accordi già sottoscritti.
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Se a prevalere sono gli interessi economici
Più in generale, fino a oggi gli interessi economici nazionali di breve termine hanno prevalso su visioni di lungo periodo. Un problema che riguarda tanto la finanza pubblica quanto quella privata. La prima non comprende unicamente le risorse che i governi dovrebbero mettere a disposizione per contrastare i cambiamenti climatici e per la mitigazione e l’adattamento. Parliamo anche dell’impegno delle istituzioni internazionali, che dovrebbero e potrebbero fare molto di più, come decine di organizzazioni hanno recentemente ricordato alla Lagarde nel caso della Banca centrale europea.
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Come disincentivare le emissioni inquinanti?
Ma finanza pubblica significa più in generale anche l’approccio seguito per disincentivare le emissioni di gas climalteranti. Fino a oggi la strada principale è stata quella del criticatissimo ETS, acronimo di Emission Trading Scheme: il mercato delle emissioni, nel quale le aziende possono acquistare e vendere diritti di inquinamento. Al di là dei risultati, fino a oggi per lo meno deludenti, l’ETS rappresenta una mercificazione, se non una finanziarizzazione, del clima.
Non «chi inquina paga» ma «chi paga può inquinare», mentre cresce il volume di strumenti quali derivati legati a clima e emissioni e vere e proprie scommesse speculative sul futuro del pianeta.
Da molte parti, da anni, si sostiene come la strada principale dovrebbe invece essere quella della leva fiscale, tassando il contenuto di carbonio di prodotti e servizi. Un modo per rendere sconvenienti quelli più inquinanti premiando Paesi e aziende più virtuosi.
Finanza sostenibile a rischio greenwashing e annacquamento
Se il settore pubblico è fondamentale, sia per la dimensione della finanza pubblica sia ovviamente per la capacità di emanare normative e controlli, per affrontare la crisi climatica è altrettanto importante considerare la finanza privata. Se oggi tutti parlano di finanza “sostenibile”, in troppi casi più che un reale impegno per un cambiamento concreto si assiste al proliferare di iniziative che sembrano essenzialmente di marketing, pensate per rispondere alla crescente attenzione dei risparmiatori senza spostare il proprio business.
Per alcuni versi analogo è il percorso delle istituzioni europee sulla finanza sostenibile, caratterizzato da luci e ombre. Il rischio è che i criteri sviluppati per definire la sostenibilità siano estremamente diluiti e quindi inefficaci rispetto all’emergenza attuale. Nell’incertezza attuale e sotto il peso delle lobby persino settori come il nucleare o il carbone potrebbero rientrare nel perimetro della “sostenibilità”, svuotandone del tutto i contenuti.
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..e mancano sempre sociale e speculazione
Ma allargando lo sguardo, il problema è ben più complesso. Nei documenti europei non c’è nulla o quasi su impatti sociali o diritti umani. E in maniera, se possibile, ancora più incredibile, nulla su speculazione, orizzonti di brevissimo termine della finanza, instabilità dei mercati, crisi e bolle finanziarie. Un approccio destinato a fallire in partenza. Se anche volessimo parlare solo di clima, infatti, gli orizzonti di brevissimo periodo dei mercati finanziari sono uno se non il principale motore della devastazione ambientale. Il fine delle imprese è unicamente quello di massimizzare il profitto sul breve termine per fare salire le quotazioni azionarie e compiacere le aspettative degli investitori (e dei top manager retribuiti anch’essi secondo ottiche puramente finanziarie e di breve periodo). Ogni considerazione ambientale deve essere sacrificata sull’altare degli indici finanziari e dell’insaziabile appetito dei mercati.
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Serve un cambiamento radicale del sistema finanziario globale
Cambiare rotta significa quindi in maniera prioritaria cambiare complessivamente il sistema finanziario. Orientarlo verso ottiche di lungo periodo, mettendo al centro gli impatti non economici dell’attività economiche. È quello che quotidianamente fa la finanza etica, la cui sfida principale oggi è probabilmente nel contaminare il sistema tradizionale e nel mostrare al grande pubblico come sia concretamente possibile un’alternativa. Nella quale la finanza torni ad essere un mezzo al servizio della società e del pianeta e non un fine in sé stesso per fare soldi dai soldi.
Che si guardi al mercato delle emissioni (ETS) o al ruolo della finanza privata, la finanziarizzazione dell’economia – e persino del clima e della stessa vita su questo Pianeta – è oggi uno se non il principale problema. Per quanto possa sembrare incredibile, di fatto ci troviamo a discutere se la quotazione dei titoli sui mercati finanziari debba venire prima del futuro di tutte le specie viventi, noi inclusi. Ecco cosa c’è in ballo a Madrid. O la Borsa o la vita.