Trasparenza e legalità: l’appello del Terzo settore per la fase 2

Con l'emergenza coronavirus meno controlli su appalti e spesa pubblica. Decisivo il ruolo del mondo non profit nella difesa di legalità e trasparenza

L'allarme del terzo settore: l'epidemia di coronavirus può generare un contagio parallelo ai danni della legalità. Foto: Città di Parma, manifestazione contro la mafia (21 marzo 2018) Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

«Contagio parallelo» a scapito della legalità. Possiamo definire così, secondo la Global Initiative against Transnational Organized Crime, la stretta correlazione tra coronavirus e mafie in Italia. La gestione emergenziale ha portato, infatti, all’allentamento dei controlli su appalti e spesa pubblica. Occasione ghiotta per la criminalità organizzata che potrebbe infettare, ancora più in profondità, la nostra economia legale. L’allarme arriva dalle maggiori forze investigative e istituzionali del Paese, già impegnate sul campo, come la Direzione Nazionale e la Commissione Antimafia. Gli unici anticorpi attivi, sembrerebbero, ad oggi, quelli delle organizzazioni di cittadinanza, che si battono a favore della legalità e della trasparenza. Elementi fondamentali in vista della «fase 2» e nel post crisi.

Emergenze: il grimaldello delle mafie per ampliare il proprio business

«Non dobbiamo perdere la memoria», spiega a Valori Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente, che per primo nel 1994 coniò il termine ecomafia, ribadendo come il pericolo per le infiltrazioni mafiose sia reso possibile anche dai varchi lasciati dalle stesse istituzioni. «Tutte le emergenze nazionali e le gestioni commissariali conseguenti, dal terremoto in Irpinia alla gestione dei rifiuti – precisa – sono state il grimaldello che ha permesso alle organizzazioni criminali di ampliare il proprio business».

Decreto Liquidità: crediti anche alle imprese senza certificato antimafia

Tra le norme sotto la lente anche il Decreto Liquidità, approvato lo scorso 8 aprile dal Consiglio dei ministri, che prevede garanzie finanziarie per 400 miliardi di euro alle imprese messe in ginocchio dal lockdown. L’articolo 13 comma 5, ad esempio, prevede che il credito possa essere concesso anche alle aziende che non siano in possesso della certificazione antimafia. «Non possiamo finanziare ecomafiosi, ovvero chi ha compiuto reati», ribadisce Fontana. «Il governo deve essere consapevole di aver commesso degli errori. Accettabili in un momento di decretazione d’urgenza, ma a cui bisogna porre rimedio immediato».

Non è ancora stato preso, invece, nessun provvedimento economico a sostegno del terzo settore, che chiede di non essere fermato nel suo ruolo fondamentale per la tenuta sociale del Paese. Ruolo che dovrà essere ampliato, pensando alle nuove misure necessarie di tutela per la salute di bambini, anziani. Ma anche, per esempio, a tutela delle terre e dei beni confiscati alle mafie, recuperati a scopo sociale. Nel generale «abbassamento della guardia» quindi, il ruolo delle organizzazioni di cittadinanza a sostegno della legalità è decisivo.

Monitoraggio civico, regola della ripartenza

«Da tempo l’associazionismo ha sviluppato una capacità di monitoraggio civico che va valorizzata. Ma oltre che diventare protagonista della ripartenza, deve essere riconosciuta dalle Istituzioni» ribadisce Fontana. Ricordando come l’allerta lanciata da Bankitalia, dalla DNA e dallo stesso ministero dell’Interno  sia stata anticipata da tutte quelle realtà dell’economia civile e del Terzo Settore che già lavorano nelle città e nei quartieri più a rischio, specie al Sud. «Realtà che hanno denunciato subito come la criminalità si fosse già organizzata per offrire i propri servizi nell’emergenza in sostituzione dello Stato».

Un universo attivo, insomma, che con varie modalità e sfaccettature, come il numero verde di Linea Libera ad esempio, rimane in ascolto dei cittadini e continua a raccogliere, anche in forma anonima, le segnalazioni su corruzione e illegalità. «Un capitale sociale straordinario per esercitare un controllo di legalità che non può essere affidato solo alle forze dell’ordine» sottolinea Fontana.

Openpolis: non si può derogare alle regole su appalti e atti emergenziali

Dello stesso avviso è Openpolis, fondazione per la trasparenza, da tempo impegnata, in un’intensa attività di accountability della Pubblica Amministrazione, attraverso la raccolta dati e l’esercizio del Freedom of Information Act (FOIA). «Abbiamo avviato un monitoraggio su tutti gli atti che sono stati prodotti in fase di emergenza e sulla composizione degli organi straordinari che sono stati istituiti» spiega Vittorio Alvino, il presidente di Openpolis a Valori. «Le strutture commissariali sono diventate una vera e propria organizzazione parallela al Parlamento, in cui però regna molta confusione. Un contesto complicato e preoccupante dal punto di vista istituzionale» sottolinea Alvino.

«Ingentissime somme di denaro pubblico sono gestite in deroga. E non solo alla normativa e al codice degli appalti, ma anche ai controlli che sono normalmente previsti, sia preventivi che a consuntivo». Contesto preoccupante, secondo il presidente di Openpolis. «Perché sappiamo dell’esperienza che proprio in questi contesti è facile che ci sia spazio per attività illecite e pratiche corruttive». Il punto è che far fronte all’emergenza, non vuol dire agire in assenza di trasparenza.

Informazione e trasparenza  in emergenza e nella fase 2

Dal monitoraggio di Openpolis sulle norme emanate con la decretazione d’urgenza della Presidenza del Consiglio emerge il continuo riferimento agli atti del Comitato Tecnico Scientifico, i cui verbali di attività non sono noti. Dopo una prima lettera aperta a Borrelli, Arcuri e Cannarsa,  intanto, un risultato è stato ottenuto. «Ma finora solo la Protezione Civile ha accolto e risposto alla nostra richiesta di pubblicazione dei contratti e degli appalti prodotti» spiega Alvino.

Mancanza di trasparenza che rischia di lasciare la società civile impotente, proprio a partire dall’esercizio della propria cittadinanza. «È vitale concentrarsi sull’emergenza sanitaria. Ma l'informazione e la trasparenza su tutti gli atti emessi, le procedure messe in atto, la composizione degli organi straordinari, come abbiamo chiesto al responsabile della Task force per la fase 2, Vincenzo Colao, devono essere il minimo indispensabile. Non vanno in conflitto con l'esigenza dell'urgenza» conclude Alvino.

Il diritto di sapere non è derogabile

In un momento in cui l’opinione pubblica è concentrata sulla pandemia e le sue ricadute sulla popolazione, alle associazioni tocca essere presidio di legalità. «In una gravissima crisi sanitaria senza precedenti, la difficoltà maggiore è proprio quello di mantenere alta l’attenzione della società civile, giustamente colpita da quanto sta succedendo» conferma Davide Del Monte, direttore di Transparency Italia.

«Il nostro intento è quello di non far perdere la bussola. Ci preoccupiamo per tutte le nostre libertà sospese. Ci auguriamo che il diritto di sapere e alla trasparenza, non tornino ad essere caratteristiche accessorie del nostro sistema sociale» ribadisce Del Monte. Transparency insieme ad altre associazioni ha sollecitato, nei giorni scorsi, la pubblicazione in formato aperto dei dati sull’epidemia ai presidenti di tutte le regioni italiane. Banche dati chiuse, invece, durante l’emergenza, come successo in Lombardia.

La corruzione resta: ma i cittadini possono denunciare

Il coronavirus, purtroppo, non ha fatto scomparire la corruzione, che può continuare ad avere effetti sulla salute di cittadini e degli stessi operatori sanitari. Per combatterla, oltre aver dato vita al Forum sull’integrità in sanità, con REACT e il patrocinio dell’Associazione Italiana per l’Integrità della Salute, Transparency  accoglie, in modo rigorosamente anonimo, le segnalazioni dei whistleblower.

«Il nostro servizio di allerta anticorruzione, (ALAC) è aperto» conclude del Monte. «Agiamo in sussidiarietà alle istituzioni, ma pensiamo sia fondamentale tutelare e stare vicino a chi, in questo momento difficile,  decide di denunciare irregolarità». È stata proprio una segnalazione anonima a sventare la distribuzione di mascherine non conformi agli operatori sanitari di un ospedale, durante l’emergenza sanitaria.

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