Microcredito e inclusione finanziaria in Italia: i dati e le idee per un’economia più equa
L'inclusione finanziaria in Italia cresce, il microcredito regge ma con qualche punto interrogativo: i dati nel report di Fondazione Finanza Etica
Che cos’è l’inclusione finanziaria? Volendo dare una definizione da vocabolario, è la capacità di individui e imprese di accedere – a costi ragionevoli – agli strumenti finanziari di base, a partire dal conto corrente bancario, passando poi al credito (anche nella forma di microcredito) e alle opportunità di investire i propri risparmi. In un senso più vasto, l’inclusione finanziaria è un caposaldo dell’inclusione economica e sociale. Diventa quindi ancora più importante in un periodo come questo, in cui la crisi dei prezzi dovuta alla guerra si è sommata alla crisi sanitaria. Determinando – anche in Italia – un’impennata di fame, disuguaglianze e povertà. Alla luce di questa premessa è ancora più interessante sfogliare il rapporto «Inclusione finanziaria e microcredito per rispondere alla crisi sistemica», curato da Fondazione Finanza Etica, frutto della collaborazione tra Gruppo Banca Etica, Carlo Borgomeo & Associati e Ritmi (Rete italiana di microfinanza e inclusione finanziaria).
Passi avanti per l’inclusione finanziaria in Italia
Partiamo dalla buona notizia: l’inclusione finanziaria, in Italia, è migliorata. La curva, in discesa dal 2012, dal 2018 ha virato verso l’alto, con un’accelerata nel 2020 che le ha fatto sfiorare i livelli di partenza. Ma come si fa a misurare l’inclusione finanziaria? L’indice viene calcolato a partire da altri due dati: l’intensità creditizia, cioè il rapporto tra finanziamenti e prodotto interno lordo (Pil) al netto delle sofferenze bancarie, e l’offerta del credito, cioè la propensione delle banche a erogare nuovi finanziamenti in una determinata area del Paese.
Questo, però, è un dato medio. Il livello di inclusione finanziaria si mantiene visibilmente più alto al nord-ovest e al centro della Penisola (rispettivamente a quota 108,8 e 103,7 punti) rispetto al sud e alle isole (81,6 e 83,7). Peculiare la situazione del nord est. Di per sé l’indice è piuttosto alto (101,1) ma è l’unico a non avere ancora recuperato i livelli del 2012. Questo perché sconta ancora gli strascichi dello scandalo delle banche venete.
Come sostenere l’inclusione finanziaria di fronte a questa nuova crisi
Il trend positivo è figlio da un lato della politica monetaria espansiva adottata dalla Banca Centrale Europea negli ultimi anni, dall’altro lato della maggiore propensione delle banche a erogare finanziamenti, anche attraverso piattaforme digitali. Con l’inflazione che cresce a due cifre, però, è cambiato tutto. Per mantenere il valore del denaro, le banche centrali hanno alzato i tassi di interesse. Il che rischia di rendere più difficile l’accesso al credito, proprio nel momento in cui ce n’è ancora un grande bisogno per «non lasciare indietro troppe persone».
Per evitare che la crescita dell’inclusione finanziaria subisca un brusco arresto, i promotori dello studio propongono di consolidare e moratorie sui prestiti, come quelle avviate durante l’emergenza Covid-19, come strumenti di supporto per l’impresa sociale. E di sostenere, con misure specifiche, gli enti del Terzo Settore che lavorano per il welfare e l’inclusione, anche finanziaria. Le istituzioni europee, da parte loro, sono invitate ad applicare le loro regole bancarie in modo più proporzionato alle dimensioni degli intermediari per non penalizzare troppo gli istituti piccoli, spesso fondamentali nelle aree a maggiore rischio di esclusione sociale. Per la lotta alla povertà energetica, potrebbe essere utile anche ridurre i requisiti patrimoniali dei finanziamenti legati alla transizione energetica ed ecologica.
A che punto è il microcredito in Italia
Perché il tema dell’inclusione finanziaria va a braccetto con quello del microcredito? Perché il microcredito «affronta le difficoltà di accesso ai servizi finanziari tradizionali di persone e imprese, proponendo soluzioni e modalità organizzative per offrire risposte durevoli», si legge nello studio.
I dati: nel 2021 sono stati 132 i soggetti attivi nella promozione del microcredito: istituti di credito e fondazioni di origine bancaria, ma anche privati, enti religiosi, amministrazioni statali e locali, università. Il frutto del loro lavoro è che nel corso dell’anno sono stati concessi prestiti a 15.239 soggetti, per un ammontare complessivo di 216,8 milioni di euro. Questi prestiti sono stati concessi, salvo rarissime eccezioni, senza bisogno di garanzie personali. 7.036 hanno un importo inferiore a 25mila euro, 7.113 si attestano fra i 35mila e i 75mila e solo 1.090 superano i 75mila euro.
Una grossa fetta dei prestiti è destinata a vario titolo all’imprenditoria, con programmi per startup o lavoro autonomo (per un volume totale di 18,65 milioni di euro), imprese esistenti (43,3 milioni di euro) e startup o imprese esistenti (56,9 milioni). Rispetto al 2020, calano leggermente i programmi per famiglie (3.566 prestiti per 21,7 milioni di euro complessivi). Quelli per lavoratori invece scendono in numero (1.565) ma non in volume totale (3,66 milioni). Valgono più di 21 milioni di euro i programmi di microcredito antiusura antiusura, 49,6 milioni quelli destinati agli studenti. Ancora minoritari, ma in forte crescita, i cosiddetti programmi complessi, cioè quelli che perseguono obiettivi tanto produttivi quanto sociali. Rispetto al 2020, infatti, il loro volume è raddoppiato arrivando a 1,6 milioni.
«I tempi sono maturi per un’agenda di riforma di microcredito e inclusione finanziaria»
Come leggere questi dati? Stando ai firmatari del report, si assiste ancora a uno squilibrio tra una «forte domanda di microcredito espressa dai territori italiani» e una risposta ancora debole, in termini sia di volumi sia di persone servite. Questo anche perché manca un quadro organico di riferimento che favorisca l’insediamento di istituti permanenti e la creazione di «sinergie ed economie di scala a partire dalle tante singole iniziative già esistenti». Insomma, ad oggi un’offerta di servizi finanziarie e ausiliari esiste. Ma è instabile e ibrida, perché vede convivere interventi una tantum e servizi più stabili mirati alla sostenibilità economica e sociale.
I tempi sono maturi per un’agenda di riforma del microcredito e dell’inclusione finanziaria, conclude il rapporto. Un’agenda che ridefinisca a monte i programmi di microcredito. Rendendoli più efficaci attraverso un’opera sistematica di definizione dei target, scelta degli strumenti, promozione, analisi delle cause di morosità, tutoraggio, ricorso ai meccanismi di garanzia, servizi digitali. Con il Terzo settore a occuparsi dei servizi ausiliari. Una proposta politica che nasce da una convinzione. Ben lungi dall’essere in declino, il microcredito può contribuire a superare la crisi e costruire «un’economia più inclusiva, moderna ed equa».
La diretta della presentazione, 24 marzo ore 11