Dalla ricchezza all’Eudaimonia: il nuovo volto dell’economia
Per rimettere al centro umanità e Terra occorre ripensare i criteri delle decisioni economiche. Non più votate al profitto, ma ispirate dalla ricerca della felicità
Da secoli, Assisi continua a ispirare il mondo in modo così profondo. È alla base del Rinascimento e non può non ispirare chi, come me, vuole parlare di Rinascimento dell’economia. Ad Assisi un processo è già stato avviato, volto a ricostruire l’economia quale campo di conoscenza ed etica. Il prossimo marzo si terrà uno straordinario evento storico, “L’Economia di Francesco”, in cui i giovani di tutto il mondo si riuniranno per parlare dell’economia di cui abbiamo bisogno per il nostro benessere e futuro.
Guardare al passato per un futuro auspicabile
Occorre intraprendere una nuova strada. Ma ovviamente, per ispirare e animare questo cammino è necessario anche guardare al passato, e precisamente a San Francesco, agli insegnamenti dei grandi filosofi, e certamente a Gesù e al Discorso della Montagna. Dobbiamo ricostruire la nostra vita economica intorno all’etica e dobbiamo prevenire comportamenti distruttivi e auto-distruttivi. L’urgenza della ricostruzione appare sempre più evidente.
Ma di quale filosofia dell’economia abbiamo bisogno per il futuro? La strada fondamentale da seguire è indicata da Papa Francesco nella sua magistrale enciclica Laudato si’. Mi piace collegare l’enciclica e il meraviglioso concetto di Papa Francesco di Ecologia Integrale a un altro termine che amo particolarmente: Eudaimonia, ovvero l’antica dottrina greca che vede la felicità quale fine ultimo assegnato agli uomini.
#LaudatoSi. 4 riflessioni sull’Enciclica di Papa FrancescoDisuguaglianze inaccettabili
Abbiamo bisogno di un’economia dell’eudaimonia e credo che Papa Francesco e gli insegnamenti sociali della Chiesa riguardanti l’economia ci mostrino una nuova strada da seguire. Papa Francesco invita tutti i popoli del mondo a restare uniti nel futuro, guidati da un imperativo ecologico affinché si prendano cura della nostra casa comune. L’imperativo ecologico è profondamente collegato al concetto fondamentale di dignità umana.
Assisi in quanto senso è una metafora perfetta: ispira da secoli lo spirito ecologico. L’economia dell’eudaimonia, ovvero l’economia della felicità, contrasta con l’attuale sistema economico globale, che persegue la ricchezza e che tuttavia non ha come scopo la felicità.
L’economia mondiale oggi tollera vergognosamente le estreme condizioni di povertà e privazioni. Quest’anno la produzione mondiale è stata di circa 100 trilioni di dollari statunitensi (centomila miliardi di dollari) e attualmente sul nostro pianeta vivono 7,7 miliardi di persone. Il reddito medio pro capite è quindi di circa 11.500 dollari all’anno.
Non è un reddito “estremamente ricco” secondo gli standard di un mondo ricco, ma è piuttosto notevole. Con quel livello di reddito non vi sarebbe assolutamente motivo di sopportare l’estrema povertà.
Il paradosso: l’estrema povertà in un mondo ricco
Tuttavia circa cinque milioni di bambini al di sotto dei 5 anni quest’anno moriranno perché i loro genitori erano troppo poveri per avere accesso anche alle cure sanitarie di base. 260 milioni di bambini in età scolare non potranno andare a scuola quest’anno perché vivono in condizioni di miseria o in zone di guerra dove la violenza è fomentata dalla deprivazione.
Tutto ciò non ha senso. Abbiamo un mondo ricco ma circa un miliardo di persone vive in estrema povertà. Siamo un mondo ricco, ma troppe persone sono escluse dai vantaggi delle moderne tecnologie. Oltre un miliardo di persone non ha accesso all’elettricità. Tali condizioni di deprivazione – di cure sanitarie, di istruzione, di elettricità, di acqua potabile, di strutture igienico-sanitarie, e di altri bisogni primari – sono semplicemente prive di senso in un modo ricco.
Abbiamo molti scienziati di talento, molti più oggi che nei secoli passati. Stiamo vivendo una rivoluzione scientifica e tecnologica senza precedenti. Disponiamo del know-how e delle conoscenze tecnologiche per passare a fonti di energia pulita, per combattere le malattie, per assicurare una nutrizione adeguata, e per garantire a ogni bambino l’accesso all’istruzione. Tuttavia cosa fa l’umanità? Diamo alle fiamme la Foresta Amazzonica, disboschiamo la foresta pluviale in Indonesia, causiamo un catastrofico riscaldamento globale. È così che sfruttiamo il nostro know-how: per distruggere le cose. E, ancor peggio, ne siamo consapevoli, ma continuiamo imperterriti.
Il falso mito della massimizzazione del profitto
Faremo la scelta giusta? Come fare la scelta giusta? Voglio dare una risposta filosofica a questa domanda. Stiamo percorrendo la strada sbagliata perché affrontiamo questi problemi nel modo sbagliato, perché le nostre politiche e strategie sono organizzate nel modo sbagliato, e perché l’economia che ho studiato all’università e che i miei colleghi continuano a insegnare oggi è l’economia sbagliata.
L’economia attuale si basa su una falsa antropologia: insegniamo che ciascun individuo dovrebbe massimizzare il profitto, o utile, e dovrebbe pensare solo al proprio interesse. Ciò è un egoismo filosofico e psicologico: l’individuo è responsabile per sé stesso e basta. Questa antropologia, questa “auto-incomprensione” causa gravi disuguaglianze, emarginazione sociale e degrado ambientale, e a causa di tale approccio, non possediamo il discernimento di correggere la nostra rotta.
Come scrive Papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’, abbiamo bisogno di una diversa antropologia, che egli chiama Ecologia Integrale. Dobbiamo tenere a mente un’ecologia che integra gli individui gli uni con gli altri e con l’ambiente. In quanto umani, noi dobbiamo confrontarci con la saggezza pratica, ciò che i greci chiamavano phronesis, con noi stessi e con le nostre stesse azioni, con gli altri, e con l’ambiente, con la società e con Dio.
Platone e Aristotele
Nell’affresco di Raffaello “La scuola di Atene”, è raffigurato Platone che solleva il dito verso l’alto a indicare l’iperuranio, e Aristotele, che protende la mano verso la Terra. Aristotele regge il suo libro l’“Etica”, l’Etica Nicomachea, il primo libro nella filosofia occidentale dedicato all’etica e, secondo il mio parere, ancor oggi il miglior libro mai scritto. Ovviamente ha attinto alle riflessioni di Socrate e Platone e le ha sviluppate e approfondite.
Nell’Etica Nicomachea, Aristotele offre un’idea di base: Eudaimonia, ovvero vivere una buona vita. Ma in che modo? Secondo Aristotele, una buona vita si ottiene coltivando la ragione e le virtù (eccellenze) della ragione, tra cui la saggezza pratica, il coraggio, la temperanza e la giustizia. Dobbiamo coltivare la virtù e dare ai nostri figli esempi positivi che possano seguire. La virtù non è solo per ottenere vantaggi; si ottiene coltivando la ragione.
Aristotele scrisse un libro correlato all’Etica Nicomachea, La Politica. Anche quest’opera ha inventato una disciplina scientifica, la scienza politica, e anche questo è il miglior libro mai scritto in detta disciplina.
Secondo la visione di Aristotele, la politica non è separata dall’etica. La politica è etica a livello della comunità (polis): lavorare per il bene della polis. Un governo teso al bene della comunità contribuirà a creare una popolazione più virtuosa che a sua volta è attenta al bene comune. Un cattivo governo genererà cittadini meno virtuosi. È questa l’ecologia integrale di cui parla Papa Francesco. Le virtù individuali e le virtù civiche sono due aspetti chiave dell’ecologia integrale.
Dai Greci a Gesù Cristo
Con il Discorso della Montagna, Gesù ha aggiunto un principio fondamentale alla filosofia greca: il principio dell’amore, inclusa la virtù della carità. Con il Cristianesimo, le tre virtù teologiche (fede, speranza e carità) si sono aggiunte alle quattro virtù aristoteliche (saggezza, coraggio, temperanza e giustizia). Secondo la tradizione greco-cristiana, queste sette virtù insieme costituiscono le eccellenze su cui si basa una buona vita. E ad Assisi San Francesco e i Francescani hanno aggiunto un’altra virtù: quella dell’ecologia naturale. L’amore per la Luna, per il Sole e gli animali, e per la Creazione.
Gli errori di Machiavelli e della Riforma
Se dicessi a gran parte dei miei colleghi economisti e imprenditori americani che la buona economia dovrebbe essere basata sulla virtù, mi chiederebbero: «Che problema ha, professor Sachs?». La visione di un’economia e di una società basate sulla virtù è stata sostituita da quella di un’economia e di una società basate su ricchezza e potere. Queste sono le idee accattivanti che troviamo ne Il Principe di Machiavelli, che ha dato vita al concetto e alla pratica della “politica machiavelliana”.
Per lo scrittore fiorentino, la cui prima edizione de Il Principe cominciò a circolare intorno al 1513, la politica aveva ben poco a che fare con l’eudaimonia. Politica significa lotta per il potere e sotterfugi affinché il principe detenga il potere. Il potere quindi divenne il principio dell’amministrazione, non il benessere.
Anche Martin Lutero, nello stesso decennio di Machiavelli (1510), fu il fautore di un fatidico scisma dalla grande tradizione greco-cristiana e dalla teologia e pratica cristiana, dichiarando che la salvezza si ottiene per sola fede (sola fide), per la sola grazia di Dio, e non per le opere buone. La Riforma ebbe un ruolo fondamentale nella rotta verso l’egoismo psicologico e filosofico rendendo la salvezza un’esperienza personale con Dio, e non un’esperienza umana all’interno della società come con le sette opere della misericordia, tra cui dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi.
Le influenze britanniche sull’economia
Fu soprattutto la visione economica britannica che diede vita all’economia moderna. Due pensatori britannici sono stati decisivi nello sviluppo della moderna economia britannica. Thomas Hobbes, in base al quale «la vita è solitaria, breve, brutale e sudicia», non credeva che la ragione umana avesse il potere di superare le passioni. Secondo la filosofia di Hobbes, le persone agiscono implacabilmente per il massimo della ricchezza, del piacere e del potere. L’unico modo di controllare queste passioni travolgenti, secondo Hobbes, è il Leviatano: un sovrano assoluto che governa sugli uomini affinché non si uccidano l’uno con l’altro. Tuttavia questa è una filosofia oscura e negativa. Invece di invitarci a coltivare la virtù, suggerisce che l’oppressione degli insaziabili appetiti umani è la risposta alla socialità.
Il grave passo falso di Hume
David Hume fu un altro brillante filosofo britannico, ma anche un uomo che, secondo il mio parere, ha fatto dei gravi passi falsi. Come Hobbes, anche per Hume gli uomini sono spinti dalla passione: solo la passione spinge un individuo ad agire.
È di Hume la famosa dichiarazione secondo cui «la ragione è, e può solo essere, schiava delle passioni, e non può rivendicare in nessun caso una funzione diversa da quella di obbedire e di servire a esse».
Il risultato è che, secondo quanto riteneva il pensiero britannico, la ragione poteva reprimere ben poco il desiderio di ricchezza, potere e gloria. E da lì il passo fu breve (con il poeta e polemista satirico Bernard Mandeville e in seguito con Adam Smith) nel credere che la ragione non deve neanche tentare di reprimere l’ambizione.
In base al concetto di Adam Smith della “Mano Invisibile” (La Ricchezza delle Nazioni, 1776), se ogni individuo aspira alla ricchezza, alla massimalizzazione di quello che venne poi definito “profitto”, la società diventerà ricca. Smith espresse questa idea di interesse personale sul mercato in questo celebre passo:
“Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro sostentamento, ma dalla cura che essi hanno per il proprio interesse. Noi ci affidiamo non alla loro umanità ma al loro egoismo, e non gli parliamo mai dei nostri bisogni ma del loro vantaggio”.
La potenza (pericolosa) della visione di Adam Smith
Con le sue geniali intuizioni sui meccanismi del mercato e del commercio globale, e con la sua difesa del perseguimento dell’interesse personale nelle relazioni di mercato, Smith divenne il fondatore dell’economia moderna. E poiché la Gran Bretagna divenne lo stato più potente del mondo, il principale impero del XIX e XX secolo, le idee di Smith divennero le idee del mondo.
La visione britannica non si basava più sulla filosofia greco-cristiana delle virtù, e dell’autocontrollo, bensì sull’idea di ”Andate avanti e arricchitevi”.
R.W. Tawney, studioso e filosofo britannico del XX secolo esperto di storia dell’economia, si espresse in questi termini: immerse nelle acque purificatrici del tardo puritanesimo, le stesse qualità che le epoche meno illuminate avevano denunciato quali vizi sociali emersero come virtù economiche. Esse emersero inoltre come virtù morali. In quanto il mondo esiste non per essere goduto, ma per essere conquistato. Solo il suo conquistatore merita il nome di cristiano (R.H. Tawney, La Religione e Genesi del Capitalismo – 1926).
La visione di Smith dell’interesse personale fu potente. Sguinzagliando la propria ambizione e cupidigia, il mondo è riuscito a diventare ricco. Ma anche molto violento, e molto infelice sotto molti aspetti. Le virtù furono ampiamente abbandonate. L’autocontrollo, la temperanza e la saggezza pratica divennero idee eccentriche. Abbiamo perso l’arte di imparare l’equilibrio, al punto di minacciare persino il nostro stesso futuro attraverso la distruzione dell’ambiente, talmente alimentati dall’avidità.
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I grandi insegnamenti della Chiesa moderna
Nel 1891 Papa Leone XIII pubblicò l’enciclica Rerum Novarum con lo scopo di analizzare la natura dell’economia industriale e la relativa risposta morale della Chiesa. Iniziarono così i grandi insegnamenti sociali moderni della Chiesa riguardanti l’economia di mercato, l’arte internazionale di governare, lo sviluppo economico globale, e ora con Papa Francesco, l’aggravarsi delle crisi ambientali.
Tutti gli insegnamenti sociali della chiesa hanno supportato un’economia di mercato e la proprietà privata, che contribuiscono sia alla libertà personale sia all’efficienza. Tuttavia la Chiesa ha costantemente insegnato che il sistema di mercato deve operare all’interno di confini morali. I diritti proprietari non sono inviolabili. I ricchi devono pagare, attraverso le tasse o azioni filantropiche, per i poveri. I datori di lavoro devono onorare e rispettare i propri dipendenti. Le società hanno l’obbligo di proteggere l’ambiente naturale. La cupidigia non deve essere mai confusa con la moralità.
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La nostra responsabilità è verso il bene comune, e otteniamo il bene incoraggiando le virtù della temperanza, dell’amicizia, della misericordia e della giustizia. Laudato si’ aggiunge la virtù ecologica, il rispetto per la Creazione, e la difesa della Terra e della sua biodiversità.
Papa Francesco sottolinea che «l’interdipendenza ci obbliga a pensare al mondo come fosse un unicum con un piano comune». Dobbiamo superare la globalizzazione dell’indifferenza. Dobbiamo superare le false divisioni e intraprendere nuove forme di cooperazione globale. Il 25 settembre 2015, Papa Francesco ha lanciato il suo invito verso questa cooperazione globale davanti alle Nazioni Unite. Al termine del suo discorso, i capi di stato mondiali hanno adottato per acclamazione gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
Verso un’economia che coltivi le virtù
Ora, dobbiamo lavorare con urgenza e diligenza verso un’economia e una politica globale, basate sull’Ecologia Integrale e coltivando le virtù. Ricerchiamo il Benessere delle nazioni piuttosto che la mera Ricchezza delle nazioni. Tali richiami alla felicità vengono invocati da ogni parte del mondo. Ricordiamo la capacità di comando del Bhutan, in cui il quarto re invitò ad adottare la Felicità Interna Lorda al posto del Prodotto Interno Lordo.
Le sue idee sono state incluse nelle politiche del Bhutan, e nel 2011 una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato la ricerca della felicità un caposaldo degli impegni di sviluppo delle Nazioni Unite. Più recentemente, gli Emirati Arabi Uniti e l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico si sono impegnati a creare accordi di governo che pongano l’eudemonia, il benessere, al centro delle loro politiche.
Queste idee non sono eccentriche. Sono ispiratrici. Sono vitali per la nostra sopravvivenza.
L’autore è un economista e saggista statunitense. Dal 2002 è direttore dell’Earth Institute alla Columbia University.