Rilanciare l’economia e salvare il clima? Costa meno di quanto si immagini
Secondo un rapporto dell’associazione Climate Action Tracker, per rispettare l’Accordo di Parigi sul clima potrebbe bastare meno dell’1,2% del Pil mondiale
Le emissioni mondiali di CO2 dovrebbero scendere, nel 2020, di una quota compresa tra il 4 e l’11% rispetto all’anno precedente. Ciò a causa della crisi del coronavirus e del conseguente confinamento di buona parte della popolazione mondiale nel corso del primo semestre. Inoltre, nel corso del 2021 i dati potrebbero rimanere ad un livello inferiore rispetto a quello del 2019. Tuttavia, è molto probabile che il “contributo” concesso al clima dalla recessione possa essere vanificato negli anni successivi, per via della volontà dei governi di far ripartire la macchina economica ad ogni costo.
A confermare i rischi è un rapporto pubblicato dall’organizzazione non governativa Climate Action Tracker. Secondo il quale, tuttavia, potrebbe bastare uno sforzo relativamente limitato per indirizzare definitivamente il Pianeta verso una crescita sostenibile.
Emissioni di CO2 in calo dell’8% nel settore dell’energia
Che il 2020 si chiuderà con una sensibile contrazione della CO2 dispersa nell’atmosfera è ormai assodato. L’associazione inglese Carbon Brief ha stimato che, alla fine dell’anno, la diminuzione possa essere pari al 5,5%, a livello mondiale, rispetto al 2019. Mentre la società di consulenza Sia Partners di Parigi ha parlato, facendo riferimento alla sola Europa, di un -5%.
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I dati non cambiano di molto per quanto riguarda uno dei settori a maggiore impatto dal punto di vista climatico: quello dell’energia. Secondo una stima dell’International Energy Agency (IEA), il comparto dovrebbe registrare quest’anno un calo di circa l’8% delle emissioni mondiali. Si tratterebbe della contrazione più marcata mai registrata finora. Sei volte più importante rispetto a quella del 2009, anno successivo all’esplosione della crisi finanziaria mondiale.
Notizie senz’altro positive, dunque. Ma che devono essere prese con le pinze. Fatih Birol, direttore dell’IEA, ha infatti ammonito: «Questo calo storico delle emissioni mondiali non deve in alcun modo essere festeggiato. Se facciamo riferimento a ciò che accadde nella crisi precedente, presto assisteremo ad un rimbalzo. Non appena miglioreranno le condizioni economiche». A meno che, appunto, non si decida di sfruttare il momento attuale per cambiare rotta.
Clima, 5 possibili scenari
Quella che abbiamo di fronte è infatti un’occasione storica. Forse unica. Climate Action Tracker spiega che se adotteremo politiche di rilancio favorevoli al clima, ciò «ci consentirà di rendere il calo delle emissioni duraturo». In che modo? Investendo nella transizione. Per comprendere in concreto cosa ciò comporti, l’associazione ecologista ha individuato cinque possibili scenari. Due pessimisti e tre ottimisti.
Il peggiore è quello che ipotizza addirittura un aumento dell’uso di combustibili fossili, rispetto agli anni pre-crisi. Dipeso dalla volontà di alcuni governi di ripartire ad ogni costo e dal flusso di denaro che continua ad arrivare dal mondo della finanza. In questo caso, secondo l’analisi, anche qualora la crescita economica fosse debole il quantitativo di emissioni aumenterà rispetto al periodo pre-coronavirus. Andremmo dunque incontro ad un peggioramento della situazione dal punto di vista della protezione del clima.
L’altro scenarioSi tratta di una rappresentazione verosimile e spesso semplificata del possibile clima futuro.Approfondisci negativo è quello che immagina “soltanto” un mantenimento delle emissioni al livello del 2019. Il che continuerebbe comunque ad allontanare il Pianeta dagli obiettivi indicati dall’Accordo di Parigi sul clima.
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Per la pandemia da coronavirus le emissioni di anidride carbonica caleranno del 5,5% nel 2020. Ma per mantenere il riscaldamento globale a +1,5°C bisognerebbe arrivare al -7,6%
Al contrario, in caso di rilancio “verde”, la crisi del coronavirus potrebbe rappresentare il primo passo di una svolta. Che non solo consentirebbe di limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 2 gradi centigradi, di qui alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. Ma anche, con qualche sforzo in più, di raggiungere il più ambizioso obiettivo degli 1,5 gradi.
In quest’ultimo caso, però, occorrerebbe, secondo Climate Action Tracker, incrementare (stabilmente) gli investimenti nella transizione di una quota pari ad almeno l’1,2% del Pil mondiale. Ovvero circa mille miliardi di dollari all’anno. Ciò comporterebbe, infatti, un netto abbassamento delle emissioni di gas ad effetto serra totali. Esse scenderebbero infatti a 24-27 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2 all’anno (GtCO2eq) nel 2030. Se invece si centrasse solo l’obiettivo dei 2 gradi, le emissioni mondiali annuali ruoterebbero attorno ai 40 miliardi.
Come attuare concretamente la transizione ecologica
Lo scenario più pessimista, invece, prevede appunto un aumento dei gas ad effetto serraGas che compongono l’atmosfera terrestre. Trasparenti alla radiazione solare, trattengono la radiazione infrarossa emessa dalla superficie terrestre, dall'atmosfera, dalle nuvole.Approfondisci. Questi ultimi in tal caso supererebbero i 55 miliardi all’anno. Un risultato nefasto, che sarebbe prodotto da un calo degli investimenti in politiche “green” pari a circa 300 miliardi di dollari all’anno. E da un contemporaneo aumento del denaro concesso ai combustibili fossili.
In termini concreti, per scongiurare tale scenario e rilanciare invece l’economia in modo sostenibile, il rapporto propone sei assi sui quali agire. Energia, mobilità, industria, aviazione, costruzioni e uso delle terre. Per ciascuno di essi, è stato indicato ciò che andrebbe fatto (e ciò che invece è necessario evitare).
Occorrerebbe, ad esempio, una riforma dei sussidi fiscali alle fonti fossili. Assieme al sostegno ai progetti di ricerca e sviluppo di tecnologie a basso impatto. Ma si propone anche di concedere finanziamenti alle compagnie solo in cambio di piani di rilancio ecocompatibili. O ancora di avviare un vasto piano mondiale di riforestazione. Gli strumenti, insomma, ci sono. Occorre la volontà politica di utilizzarli.