L’adattamento, non solo la mitigazione

Fondamentale nella battaglia contro la crisi climatica anche la capacità di adattarsi all'aumento della temperatura media globale

Quando si parla di lotta ai cambiamenti climatici, spesso si pensa in prima battuta alle politiche cosiddette di mitigazione. Ovvero alla transizione ecologica, alla decarbonizzazione delle attività economiche, all’abbattimento delle emissioni di gas ad effetto serra, alle energie rinnovabili, alla carbon neutrality. Ma la battaglia contro la crisi climatica non passerà solo da qui. Fondamentale sarà anche la capacità che il mondo avrà di adattarsi all’aumento della temperatura media globale.

Soprattutto in alcune aree del mondo, le ondate di caldo, i fenomeni meteorologici estremi, i periodi prolungati di siccità o ancora la risalita del livello degli oceani, con la conseguente inondazione di vaste zone costiere, imporranno cambiamenti epocali per intere comunità. Il problema è che gli impatti più gravi saranno patiti dalle nazioni del Sud del mondo. Ovvero quelle che sono meno responsabili delle emissioni di gas ad effetto serra e, dunque, dello stesso riscaldamento globale.

Per questa ragione, già nel 2009 le economie più avanzate del mondo avevano promesso di stanziare 100 miliardi di dollari all’anno. Da destinare ai Paesi più poveri e vulnerabili. Tale somma, tuttavia, non è mai stata stanziata per intero. Nel corso dell’ultima Assemblea generale delle Nazioni Unite, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha promesso di raddoppiare i trasferimenti concessi da Washington. Arrivando così a 11 miliardi di dollari.

Il tempo, però, ormai stringe, poiché rispetto al 2009 le conseguenze dei cambiamenti climatici sono sempre più gravi e diffuse. Le politiche di adattamento, dunque, non possono essere meno importanti rispetto a quelle di mitigazione. Costruire un parco eolico o una centrale fotovoltaica è senz’altro più redditizio, per chi investe, rispetto ad esempio a stabilire un piano di evacuazione di una regione costiera. Ma le logiche economiche non possono prevalere sulla tutela delle vite umane.