Centri d’accoglienza straordinaria, l’84% dei bandi è scritto male (e aiuta i furbi)
Un rapporto della cooperativa In Migrazione rivela: le carenze dei CAS impongono enormi costi supplementari allo Stato e impediscono di integrare i migranti
Strutture carenti, formazione deficitaria, servizi inadeguati. La fotografia scattata dal rapporto “Straordinaria Accoglienza” della cooperativa sociale In Migrazione è desolante. I “CAS”, i Centri di Accoglienza Straordinaria sparsi sul territorio italiano, sono già oggi, in larga maggioranza, incapaci di garantire l’integrazione dei migranti che arrivano nel nostro Paese.
Scarica il nostro rapporto "Straordinaria Accoglienza". Una fotografia inedita e completa sui Centri di Accoglienza Straordinaria in tutta Italia.https://t.co/m8HFck5HID pic.twitter.com/1j9i4YjIIv
— In Migrazione (@InMigrazione) July 14, 2018
Il che si traduce in maggiori difficoltà da parte di donne e uomini nell’accesso alla nostra società. Nel trovarvi una collocazione. Nel fornire il loro apporto alla crescita economica. I veri “porti chiusi” dell’Italia, in altre parole, non sono in riva al mare. O quanto meno non sono gli unici.
Analizzati i bandi di gara di oltre 100 prefetture
Il rapporto si è concentrato in particolare sulla “prima accoglienza”, poiché secondo gli autori è proprio in questa fase che si concentrano le maggiori criticità. «Dal 30 maggio al 15 giugno 2018 sono stati “passati al setaccio” tutti gli ultimi bandi di gara e procedure pubbliche d’appalto di 101 prefetture. Avviate per “l’affidamento dei servizi di accoglienza e di quelli connessi ai cittadini stranieri richiedenti asilo presso strutture temporanee”». Ovvero per l’apertura e la gestione dei CAS che devono ospitare i migranti.
Per ciascun caso, sono stati analizzati non solo i bandi. Ma anche i disciplinari, i capitolati tecnici, i criteri di valutazione delle offerte, le dotazioni minime di personale richieste. Fino agli schemi di convenzione e ai documenti di affidamento dei servizi. Un lavoro imponente ma necessario: «Ѐ proprio nei capitolati e nei disciplinari delle gare che si trova “l’anima” del sistema di accoglienza che si vuole realizzare. I bandi presi in esame sono lo strumento con cui lo Stato seleziona gli enti gestori. Inserendo tutti quei “paletti” qualitativi che incidono direttamente sulle modalità di gestione e sull’efficacia dei CAS».
Bandi scritti male? Un favore ai malintenzionati
Il che significa che è nei bandi che si trovano “le regole del gioco” per i gestori privati. «Tanto più è ben fatto il bando – prosegue il rapporto – e concreti, puntuali e dettagliati sono i “paletti”, tanto più si accresce l’efficacia del controllo. E, in caso d’inadempienza, la possibilità di applicare penali o rescindere convenzioni».
E chi trae vantaggio da bandi scritti male? «Incompetenti e malintenzionati» spiega Simone Andreotti, direttore della cooperativa In Migrazione. C’è infatti una diretta correlazione tra la qualità di scrittura di un bando e il tipo di realtà che possono parteciparvi. «Più è scritto bene, più dovranno essere qualificati i partecipanti. E di conseguenza sarà anche migliore il livello di accoglienza e integrazione».
Un esempio? I bandi dovrebbero prevedere lezioni di italiano per i richiedenti asilo. Ma se il testo si milita a dire «sei ore di italiano senza specificare quanti studenti deve avere al massimo un professore, basta fornire un docente per 300 persone e comunque i dettami del bando sono rispettati. Altra cosa se si indica l’obbligo di organizzare 12 ore di lezione a settimana con rapporto docente-studenti di massimo 1 a 30».
Promossi solo 16 bandi su 101. Gli altre sono “carenti” o “molto carenti”
Ma i casi virtuosi sono purtroppo pochi. L’analisi ha portato alla valutazione di ciascun caso e all’attribuzione di un punteggio finale. Da un minimo di zero ad un massimo di 110. Ebbene, dei bandi di gara pubblicati dalle 101 prefetture per l’apertura e la gestione dei CAS, soltanto 16 sono stati valutati nel complesso positivamente». Ovvero con un punteggio “buono” o “sufficiente”. Al contrario, 64 sono stati valutati come “carenti”. E 21 come “molto carenti”.
Una bocciatura senza appello. Che si va ad aggiungere a questioni più meramente logistiche. Come quella relativa al numero di posti. Secondo il rapporto, infatti, il numero dei posti realmente attivati sono inferiori rispetto a quelli ufficiali. Ciò «anche in virtù del fatto che la partecipazione ai bandi non sempre è sufficiente a coprire l’intero fabbisogno».
«È evidente che l’invasione dei migranti non esiste»
«In termini assoluti – si legge nel documento – a ospitare più richiedenti asilo sono la Lombardia (27.131 posti), la Campania (17.500) e il Lazio (16.449). In rapporto ai residenti queste Regioni ospitano appena lo 0,3% di beneficiari. In proporzione è invece il Molise (3.673 posti) ad avere una maggiore presenza di richiedenti asilo accolti nei CAS. Oltre uno ogni 100 abitanti».
Secondo In Migrazioni, perciò, «appare evidente che non assistiamo ad alcuna “invasione”. Da un lato i numeri assoluti per Regione non sono eccezionali. Dall’altro, in proporzione alla comunità ospitante, i richiedenti asilo rappresentano un numero veramente esiguo».
Eppure la prima accoglienza garantita dai CAS vive una perenne emergenza. E lamenta una carenza di posti, soprattutto nel periodo estivo. Perché? Secondo il rapporto le ragioni sono due. Innanzitutto, «nei CAS i beneficiari sono accolti sino al termine della loro procedura per la valutazione internazionale. I cui tempi in Italia sono estremamente lunghi (arrivando in casi limite anche a superare i due anni)».
Investendo nell’accoglienza risparmieremmo 620 milioni di euro all’anno
In secondo luogo, «nei CAS in cui ci si limita ad un approccio assistenzialista, senza proporre adeguati servizi per l’integrazione, gli ospiti spesso finiscono il periodo di accoglienza senza i necessari strumenti per continuare il proprio percorso migratorio all’insegna dell’autonomia, della dignità e della legalità. E le prefetture si possono trovare costrette a concedere proroghe».
“L’accoglienza straordinaria aumenta i costi e abbassa i livelli di tutela; porta a soluzioni a livello dei singoli territori non razionali e non condivise” (accoglienza straordinaria vs Sprar nel nuovo rapporto #ISMU sulle migrazioni) pic.twitter.com/YechqCaBJk
— Marina Petrillo (@alaskaHQ) December 5, 2017
In altre parole, secondo la cooperativa In Migrazione esiste «una diretta relazione tra la qualità dell’accoglienza e i tempi dei beneficiari che ne fruiscono». Per cui, «investire su tutta la “filiera della domanda di asilo” e accrescere la qualità porterebbe a diminuire drasticamente la necessità di Centri di Accoglienza Straordinaria per almeno 50mila posti. Con un risparmio annuo per le casse dello Stato di 620 milioni di euro ogni anno».