Bisogno di credito? Dopo 10 anni, Sardex è una scommessa vinta
4mila aziende in Sardegna. "Copiato" in 12 regioni. Non è una moneta virtuale stile-Bitcoin, né un’alternativa all’euro. Aiuta le imprese se le banche latitano
Nel 2015 il Financial Times lo aveva definito il “Sardex factor”. La moneta complementare, nata nel 2009 come esperimento economico-sociale di un gruppo di ragazzi sardi, oggi, dopo dieci anni, è ormai una realtà affermata. La ricetta del suo successo è stata analizzata anche in un paper della London School of Economics.
Un sistema di accesso al credito
Il Sardex non è una moneta virtuale (come il Bitcoin) e non è un’alternativa all’euro. Si tratta di un sistema di scambio di debiti e crediti interno a un circuito di aziende, fondato sul principio che se qualcuno produce beni o servizi con un potenziale mercato nel circuito, questo è già di per sé un valore. Quell’azienda avrà diritto a ricevere crediti sotto forma di Sardex, proporzionali al valore dei beni e servizi che può offrire, da spendere presso le aziende e i professionisti aderenti.
«Il Sardex nasce come sistema di accesso al credito», spiegano i fondatori della moneta complementare.
«Le imprese si concedono credito sulla base del potenziale produttivo di ciascuna – spiegano da Sardex – I dati della Banca Mondiale parlano di un enorme gap nell’accesso al credito: globalmente 1.300 miliardi di dollari di credito di cui le imprese avrebbero bisogno, ma che non viene erogato».
«Il Sardex sopperisce a quello che le banche non riescono a erogare. In questo modo è anche un forte stimolo agli investimenti da parte delle imprese. Nel 2018 abbiamo registrato oltre 87 milioni di euro di beni e di servizi scambiati in Sardegna».
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Salvati dal Sardex
«Noi siamo il caso esemplare di un’azienda salvata dal Sardex», esordisce Annalisa Aru, responsabile del personale e delle relazioni esterne di Cermed, un piastrellificio a Guspini, in provincia di Cagliari, unico in Sardegna, nato negli anni ’90 per ricollocare i lavoratori rimasti a casa dopo la chiusura delle miniere della zona. Nel 2014, quando sono arrivata, il management dell’azienda stava decidendo se chiuderla. I bilanci erano in negativo e in Sardegna non avevamo mercato (vendevamo solo all’estero).
Il Sardex ha risolto entrambi i problemi: ci serviva liquidità, ma le banche, come spesso accade con le aziende in difficoltà, non volevano concederci prestiti.
Grazie al Sardex abbiamo potuto comprare pezzi di ricambio. E grazie al circuito degli associati a questa moneta complementare abbiamo trovato nuovi clienti nella regione. E pian piano ci siamo rialzati. Nel 2015 per la prima volta dal 2009 abbiamo chiuso in attivo». Il racconto di Annalisa Aru potrebbe essere replicato per molte delle 4.000 partite Iva iscritte al circuito nell’isola. Per il 90% si tratta di piccole e medie imprese, ma il panorama degli iscritti è variegato. Si va da Tiscali al piccolo artigiano».
Un’idea in evoluzione: una SpA…
Dal 2010, quando è nato, il Sardex ha compiuto enormi passi avanti: innanzitutto è diventato una SpA. E ha attirato l’interesse di società di grandi dimensioni. «Hanno investito nel nostro progetto: Banca Sella, un istituto con una lunga tradizione, ma molto attento all’innovazione», racconta Carlo Mancosu. «E poi uno dei maggiori venture capitalist italiani, Innogest; il ministero dell’Economia, attraverso Invitalia; e la Fondazione di Sardegna, ex Fondazione Banco di Sardegna, molto attiva nella regione e con cui stiamo sviluppando un nuovo progetto di sperimentazione».
E non è tutto, Sardex fa scuola in tutta Italia e non solo: Bankitalia invita i fondatori a convegni pubblici e incontri riservati; i commissari Ue li chiamano a Bruxelles per capire come hanno fatto, le Nazioni Unite gli richiedono progetti per lo sviluppo in Africa e America Latina.
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…e l’apertura ai privati
Sardex si è anche aperto ai privati con il programma Sardex Bisoo che coinvolge oltre 15mila consumatori sardi, che ricevono una ricarica in crediti sardex a fronte di una spesa affrontata in euro nelle attività che aderiscono all’iniziativa. «Significa che i consumatori hanno riorientato sul territorio il loro potere d’acquisto, dando ossigeno alle attività che, di contro, li hanno premiati con una ricarica in Sardex di una determinata percentuale», spiegano i creatori del circuito di monete complementari. «Ad oggi la spesa locale in euro fatta dai consumatori sardi a beneficio delle attività locali è pari a 5 milioni di euro».
In tutta Italia
Fino ad oggi sono nati 12 circuiti affiliati in tutta Italia, l’ultimo in Liguria quest’anno (gennaio 2019). Raggruppano 3.000 realtà socie (fuori dalla Sarde- gna). «Il nostro obiettivo è coprire tutta la penisola – raccontano da Sardex – e siamo ragionando per un possibile ampliamento a livello internazionale. Ci sono arrivate richieste da San Paolo in Brasile, dalla Catalogna, dalla Grecia, dai Paesi dell’Est e dalla Francia. Stiamo valutando la fattibilità dell’operazione, perché dobbiamo considerare la diversità delle normative nazionali».
Con il fisco tutto in regola
Il modello di business della società Sardex.net è basato sull’abbonamento annuale che ogni partita Iva paga per far parte del circuito: non c’è alcuna fee sulle transazioni, perché disincentiverebbe le compravendite.
Le tasse restano e si pagano in euro sul valore del transato in Sardex.
«L’articolo 52 del codice civile prevede la permuta – spiegano gli analisti della moneta complementare – lo Stato dice che va fatturata in moneta corrente e che si pagano le tasse. Abbiamo avuto modo di interloquire con l’Agenzia delle Entrate: è emerso che il Sardex ha contribuito a far emergere una fetta di sommerso perché ogni scambio deve essere accompagnato da uno scontrino o una fattura. Abbiamo dati chiari e incrociati tra le transazioni effettuate e le fatture emesse. Il tutto molto semplice da ve- rificare per gli organi di controllo».
Un modello umano prima che economico
«Con Sardex è stato creato un modello umano prima ancora che economico», ci tengono a sottolineare i fondatori. Intendendo che non è una semplice piattaforma informatica, Sardex è una rete di relazioni, compresa quella dei broker che facilitano gli interscambi, vicini al territorio, ai piccoli imprenditori e alle loro quotidiane difficoltà.
«L’aiuto da parte dei broker per noi è stato fondamentale», spiega Roberta Porceddu, della Cantina Liliu, produttrice di vini di qualità a Ussaramanna in provincia di Cagliari. «Grazie a loro siamo entrati in contatto con diverse realtà del circuito, che sono risultate utilissime. Più volte ci hanno consigliato su scelte aziendali da compiere, anche ultimamente, da quando abbiamo deciso di costruire noi stessi una nuova cantina seguendo i principi della bioedilizia: ci hanno dato consigli e contatti. Siamo stati tra i primi iscritti al circuito, quando era appena nato. Fin dall’inizio ci è sembrata un’idea geniale e abbiamo avuto subito enormi vantaggi: con un aumento delle vendite inaspettato. Ma quello che rende questa moneta unica è la fiducia, un concetto che manca nelle valute ufficiali. Il Sardex ci ha permesso di creare solidi rapporti di fiducia, ci ha cambiato modo di vivere».
I progetti sociali
Dallo sviluppo di relazioni umane, con alla base il valore della fiducia, al sostegno di progetti sociali il passo è stato breve. «Con la Fondazione di Sardegna abbiamo avviato un progetto di sperimentazione nel territorio di Sassari – raccontano da Sardex – un sistema di social pay che consente il sostegno alle fasce di povertà estrema. Ai soggetti selezionati viene dato un conto in unità di credito spendibile solo in un circuito di beni realmente utili sul territorio: alimentari, farmacie (non al videopoker o al negozio di superalcolici). I crediti sono temporizzati: dopo 90 giorni scadono e vengono riconvertiti in euro. In questo modo è possibile monitorare i contributi concessi e verificare i risultati sulle persone e sul territorio».
Un meccanismo simile è stato sviluppato dai fondatori del Sardex per superare le lungaggini di pagamento da parte della pubblica amministrazione: i creditori ricevono subito crediti in moneta complementare, non euro, da spendere in un circuito ristretto e in un tempo limitato. «Questo favorisce gli scambi permette di monitorare la spesa, aiuta i piccoli imprenditori nelle loro spese quotidiane, superando i problemi di liquidità delle pubbliche amministrazioni».