Debiti & derivati. La “bolla” dell’auto miccia per una nuova crisi
Crescono i debiti per acquistare un auto ($1,25 trillioni). Banche e case automobilistiche si proteggono con i derivati. Una storia già sentita ai tempi della crisi
Uno spettro si aggira per il settore a quattro ruote: quello degli auto loans, i prestiti per l’acquisto dei veicoli. Non è propriamente una novità ma i numeri in ascesa destano preoccupazione. E raccontano un altro aspetto emblematico di un’industria sempre più dipendente dalle alterne fortune della finanza.
I debiti reali del settore? Più di 5mila miliardi di dollari
Lo evidenzia, ad esempio, il peso del debito. Quello del settore auto in senso stretto, segnalava lo scorso anno Moody’s, rappresenta il 3% del totale accumulato dalle imprese (corporate debt): 320 miliardi di dollari. Ma se ad esso si aggiungono i debiti dei settori correlati (materie prime, tecnologia etc.) il valore sale a quota 54%, ovvero più di 5mila miliardi. Il tutto, ovviamente, senza contare il contributo delle istituzioni finanziarie che ruotano attorno al settore. Per non parlare dei debiti dei consumatori.
A dieci anni dalla crisi, scriveva nel settembre 2017 il Financial Times, i prestiti concessi dalle maggiori case automobilistiche europee ai propri clienti erano raddoppiati. Con Volkswagen, BMW, Daimler e Renault esposte per oltre 400 miliardi di euro. Ma i numeri più impressionanti arrivano dagli Stati Uniti, dove i debiti privati sono in crescita da tempo.
Debito a quattro ruote
Alla fine dello scorso anno gli americani hanno contratto un debito complessivo di 584 miliardi di dollari per l’acquisto dell’automobile. Il peso totale dei debiti in essere sul mercato, segnala il Center for Microeconomic Data della Federal Reserve Bank of New York è salito a quota 1,27 trilioni di dollari (53 miliardi in più rispetto al 2017) facendo così registrare il nono incremento annuale consecutivo.
Dalla fine della crisi, in pratica, il debito dei consumatori USA nel mercato automotive è in continua crescita.
Il dato è in linea, per altro, con la generale ascesa dei debiti privati. Fin qui nulla di strano, se non fosse per un particolare: oltre un quinto dei debiti – il 22% – è attualmente classificato come subprime. Un aggettivo reso celebre dalla bolla immobiliare del decennio scorso che identifica l’insieme dei prestiti affidati ai clienti più a rischio. E qui cominciano i problemi.
Le rate auto come i mutui subprime?
La quota dei prestiti subprime sul totale – il già citato 22%, appunto – è diminuita nel corso del tempo. Ma le buone notizie finiscono qui. «La qualità del credito sta migliorando ma la performance dei prestiti peggiora» ha spiegato l’amministratore dello stesso Centro, Joelle Scally. Tradotto: a trascinare l’aumento del debito sono i prestiti concessi agli acquirenti più sicuri ma i casi di insolvenza aumentano.
«La crescita delle insolvenze dei debitori subprime è responsabile del peggioramento della performance creditizia – prosegue Scally – e sono soprattutto i più giovani ad avere maggiori difficoltà nel sostenere un prestito per l’acquisto di un’automobile». Un fenomeno visibile ormai da diversi anni. Che ha coinvolto consumatori particolarmente a rischio.
Insolvenza in crescita
Le ultime cifre suonano come una conferma: il tasso di insolvenza “grave” – percentuale dei debitori che accumulano oltre tre mesi di ritardo nel pagare le rate dell’auto – è salito al 2,4%. Cinque anni fa era solo l’1,5%. Tra i debitori subprime la percentuale supera l’8% circa, un livello che non si vedeva dal 2010.
Detto in altri termini, 7 milioni di americani – 1 milione in più rispetto a 8 anni fa – non riescono a ripagare il proprio debito con i venditori. Il prezzo medio delle auto acquistate con un finanziamento sfiora i 36.700 dollari, il valore della rata mensile viaggia attorno ai 550 biglietti verdi.
Esposizione record per le case automobilistiche
Facciamo un po’ di conti. Alla fine del terzo trimestre 2018 (l’ultimo per il quale esistono dati disaggregati) i prestiti nel settore auto valevano 1,25 trilioni di dollari. 431 miliardi provenivano dal settore auto attraverso le divisioni finance (150 miliardi) e le sussidiarie specializzate in finanziamenti (281).
I prestiti classificati come subprime ammontavano a 285 miliardi. Le grandi banche ne avevano concessi per 97 miliardi, pari a un quarto dei prestiti totali nel comparto, il dato più alto in valore assoluto. Ma in termini relativi il primato spettava alle divisioni finance delle stesse case automobilistiche che avevano erogato la metà dei loro prestiti alla clientela più a rischio.
I dati riflettono solo l’origine dei prestiti. Non è chiaro, in altre parole, quanti di questi incidano effettivamente sui bilanci di banche, case automobilistiche e altri emittenti. Secondo Wells Fargo le cartolarizzazioni – ovvero le trasformazioni dei prestiti in derivati di tipo ABS (asset-backed securities, i titoli della crisi per capirci) interesserebbero non più del 10% dei crediti. Parte del restante 90% dei prestiti potrebbe essere stato ceduto sul mercato ma le stime, in questo senso, non sono disponibili.
Boom dei derivati
Quanto dobbiamo preoccuparci dunque dei prestiti subprime nel settore auto? Non a tal punto da andare nel panico, sostiene Bloomberg guardando ai numeri in valore assoluto. Gli auto loans non sono i mutui della crisi, visto che il loro peso sui bilanci di banche e società società finanziarie è decisamente inferiore. Ma ciò non toglie, commenta ancora l’agenzia, che il mercato possa registrare problemi.
«Negli ultimi tre anni» scrive ancora Bloomberg, «le aziende che offrono prestiti agli acquirenti più rischiosi tendono ad essere quelle che utilizzano maggiormente la cartolarizzazione. Allo stesso tempo, la forte domanda di rendimenti più elevati ha portato a un aumento del numero di obbligazioni a basso rating».
Secondo Standard & Poor’s, le emissioni di asset-backed securities nel 2018 sono salite del 12% a quota 81,7 miliardi di dollari contro i 73 miliardi del 2017. il dato più alto dal 2006. Gli emittenti che hanno registrato la crescita più rilevante sono stati Santander Consumer USA (+3,1 miliardi), World Omni Financial (+2,5) e Volkswagen Credit (+2,3). Nonostante il probabile calo delle vendite di automobili, sostiene ancora S&P, i nuovi collocamenti di ABS sul mercato dovrebbero aumentare ancora del 5% nel corso del 2019. Il valore di questi derivati, in ogni caso, rappresenta oggi meno dell’8% dei prodotti della cartolarizzazione globale.