Per colmare le disparità di genere serviranno 136 anni
Nessuno di noi vivrà abbastanza a lungo da vedere colmato il gender gap. E la pandemia di Covid ha aggravato la situazione
Nessuna delle persone che sta leggendo questo articolo vivrà abbastanza a lungo da vedere colmato il gender gap. Ovvero la distanza tra uomini e donne in termini di diritti e parità di trattamento. Occorreranno 135,6 anni perché questo scenario si realizzi, al ritmo attuale. È quanto emerge dall’edizione 2021 del Global Gender Gap Report del Forum Economico Mondiale.
Come prevedibile, la pandemia ha avuto un impatto significativo in questo senso. Pari a 36,1 anni, per la precisione: il tempo necessario per passare dai 99,5 anni del 2019 agli attuali 135,6. Sono in maggioranza le donne ad essere impiegate, infatti, nei settori interessati dai provvedimenti di contenimento più severi che sono stati imposti nei mesi più duri della crisi sanitaria. E sono sempre le donne a gestire con più frequenza gli impegni derivanti dalle attività di assistenza domiciliare.
Il divario di genere nella partecipazione e nelle opportunità economiche rimane il secondo più grande dei quattro gap-chiave tracciati dal report. Il ritardo è l’esito di due tendenze di segno opposto. La prima riguarda il crescente numero di donne che svolgono professioni qualificate e i progressi verso la parità salariale. La seconda le disparità di reddito complessive, solo parzialmente colmate e una mancanza endemica di donne che ricoprono posizioni apicali. Tra le varie dimensioni prese in analisi, anche il divario di genere nell’ambito politico rimane tra i più ampi.
Gender gap: un problema generalizzato ma diseguale nel mondo
Sebbene le disparità esistano in tutto il mondo, sono più diffuse nei Paesi in via di sviluppo. Le disuguaglianze di genere nell’allocazione di risorse come l’istruzione, l’assistenza sanitaria e la rappresentanza politica sono fortemente correlate con il benessere, la produttività e la crescita economica. Le disuguaglianze iniziano già dall’infanzia e adolescenza. I ragazzi, per esempio ricevono abitualmente una quota maggiore di istruzione e di spesa sanitaria rispetto alle ragazze.
Il grafico della Banca Mondiale mostra un deciso progresso nella rappresentanza delle posizioni decisionali di governo negli ultimi 10 anni. Anche se è chiaro che non ci si può limitare a una questione quantitativa nel misurare la parità di genere nella politica di un Paese, anche se un importante indicatore. Dove le donne non sono rappresentate in politica, non lo sono neanche nella società.
Ferie, formazione e inclusione: le raccomandazioni del Forum Economico Mondiale
Il Rapporto del Forum Economico Mondiale è arricchito ricorrendo a dati prodotti dall’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro). Da una sezione dedicata all’impatto che la pandemia ha prodotto sulla partecipazione al mercato del lavoro in una prospettiva di genere. Benché il coronavirus non abbia risparmiato nessuno, sono le donne ad aver pagato il prezzo più alto. Il 5% (64 milioni) delle occupate ha perso il lavoro, contro il 3,9% (80 milioni) dei lavoratori uomini.
Sulla scorta di queste considerazioni, il Forum Economico Mondiale ha lanciato alcune raccomandazioni per dare impulso a una ripresa che si fondi su politiche volte ad aumentare parità di genere nella partecipazione economica. Che miri a scongiurare il rischio che gli effetti della pandemia diventino irreversibili attraverso la creazione di sistemi socio economici più resilienti. Sono richiesti ulteriori investimenti per un accesso equo al congedo di assistenza per uomini e donne. Una seconda raccomandazione invita i policy maker a concentrarsi in modo proattivo sul superamento della divisione occupazionale per genere. Incoraggiare la redistribuzione, le opportunità di formazione e di reimpiego delle donne in posti di lavoro emergenti.
Ma se la parità di genere nella rappresentanza parlamentare è ancora lontana dall’essere realizzata, diventa difficile, per le donne, influenzare le scelte politiche anche affinché tali raccomandazioni vengano recepite dai governi
L’Italia solo al 63esimo posto nel mondo per gender gap
Restringendo l’analisi alla situazione italiana, il quadro che emerge ci dice che c’è poco di cui possiamo rallegrarci: ci attestiamo al 63esimo posto globale. Nonostante un miglioramento rispetto al 2018, il gender gap in Italia è stato colmato solamente per il 72,1%. Ben di sotto alla media europea e di poco superiore a quella mondiale.
Il caso dell’Italia conferma le tendenze riscontrate a livello mondiale e anche in questo caso il maggior punto di fragilità risiede nella insufficiente rappresentanza femminile nelle sedi politiche. Secondo il rapporto, il divario di genere nel mondo della politica è stato colmato al 31,3%. Infatti, solo il 36% del parlamento italiano è composto da donne, mentre 16 dei 24 membri del consiglio dei ministri sono uomini.
Le donne continuano a essere sottorappresentate anche nelle fila dirigenziali. Del personale che ricopre ruoli manageriali, soltanto il 28% è donna. Questo dato è addirittura inferiore alla media mondiale (35%). Dal rapporto emerge inoltre come soltanto una donna su due sia lavorativamente attiva (56% circa), rispetto al 75% degli uomini. Questi dati ci classificano al 114esimo posto al mondo per quanto riguarda le opportunità e la partecipazione economica, con quasi il 40% del divario ancora da colmare.