«Le imprese femminili un volano. Per questo occorre dar loro credito»

Imprese, donne e credito: la situazione italiana e le prospettive. Intervista a Claudia Segre, presidente di Global Thinking Foundation

Barbara Setti
Claudia Segre, economista, presidente di Global Thinking Foundation © claudiasegre.com
Barbara Setti
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L’accesso al credito e ai servizi finanziari è fondamentale se si vuole aprire un’azienda. Così come se si vuole investire per ampliarla. Ma non sempre è facile ottenere i fondi necessari. E per le donne, spesso le complicazioni aumentano. Intervista a Claudia Segre, economista e presidente di Global Thinking Foundation.

Il Rapporto Unioncamere 2020 evidenzia macroscopicamente le difficoltà di accesso al credito da parte delle donne. Quali sono secondo lei gli strumenti più efficaci che lo Stato e gli enti pubblici potrebbero mettere in campo (fondi di garanzia, fondi per l’imprenditoria femminile, ecc.) per colmare il divario?

Indubbiamente uno dei maggiori problemi per uno sviluppo dell’imprenditoria al femminile è quello dell’accesso al credito, oltre a quello della formazione. Ma le cose stanno cambiando rapidamente. Ormai nell’ultimo biennio, a livello regionale e nazionale, dal fondo di garanzia sino al Pnrr. Sono molteplici le iniziative a favore di un sostegno finanziario dell’imprenditoria femminile. Dimostrato anche da alcune misure straordinarie legate al periodo emergenziale dovuto alla pandemia.

Cosa emerge dall’osservatorio della Global Thinking Foundation?

Proprio quest’anno abbiamo condotto a giugno con la Fipe, la Federazione Italiano dei Pubblici Esercizi, un sondaggio tra 200 donne imprenditrici che fanno parte del Direttivo del Gruppo Donne presieduto da Valentina Picca Bianchi. Per lo più, gestiscono attività tra le più colpite dalla pandemia: dalla ristorazione al turismo, dai bar allo spettacolo.

L’84,8%% ha fatto richiesta delle misure di sostegno previste dal decreto Liquidità con un esito che nell’81,6% dei casi è stato favorevole. Mentre il 56,2% ha richiesto un prestito per avviare la propria attività ricorrendo alle forme più tradizionali del credito. Di queste, oltre il 70% si è rivolto alle banche. Il restante 43,8%, invece, si è appoggiato all’ambito familiare o ha utilizzato i propri risparmi per supplire le difficoltà nell’ottenere un finanziamento da parte degli istituti di credito.

Nessuna ha preso in considerazione le piattaforme fintech di prestito, che per lo più lavorano sulle nuove opportunità offerte dall’open banking. Questi risultati confermano il permanere di difficoltà di orientamento e burocratiche per accedere alle forme di finanziamento pubblico. Nonostante queste siano tra le priorità della strategia nazionale per la parità di genere sostenuta dal governo e avviata con convinzione proprio nell’anno della presidenza del G20.

donne impresa credito © seb_ra iStockPhoto
L’accesso al credito per le imprenditrici non è sempre semplice © seb_ra/iStockPhoto

Molti dei corsi che Global Thinking Foundation realizza sul territorio nazionale con il Progetto Donne al Quadrato sono rivolti alle neo-imprenditrici e incentrati sulla fattibilità del business plan. Fondamentale per ottenere il credito necessario ad avviare una nuova attività o a migliorarne una già esistente.

Per quanto riguarda invece la finanza privata (banche e assicurazioni), in che modo potrebbero fare la propria parte?

Proprio da quanto emerso è evidente come le banche e gli istituti finanziari rappresentino la scelta più comune. E occorre anche sottolineare come si stiano adoperando per facilitare l’accesso al credito proattivamente superando i limiti di sistemi di rating o del merito creditizio. Che spesso sono più rigidi sui parametri discrezionali. In questo senso, si stanno rafforzando i servizi all’imprenditoria.

Abbiamo potuto rilevare che sono le start up e le piccole e medie iniziative aziendali con principale vocazione all’esportazione a soffrire maggiormente le lungaggini o difficoltà tecniche nel facilitare il buon esito delle pratiche creditizie.

Quali sono gli strumenti di credito più efficaci?

Da questo punto di vista il fintech è venuto in aiuto, dando una spinta cruciale ai finanziamenti digitali. La tecnologia ha permesso di rendere più veloce il processo di gestione delle pratiche e di finanziare più velocemente i crediti commerciali, anche e soprattutto quando queste hanno già ricevuto un esito positivo dal fondo di garanzia. Si è creata una sinergia positiva tra comparto pubblico e privato dei finanziamenti grazie alla rivoluzione digitale. Negli ultimi dieci anni, l’entrata in vigore della normativa comunitaria – ora meglio conosciuta come PSD2 – ha permesso una comunione di intenti tra banche e nuovi operatori del mondo Fintech.

Il parlamento europeo ha approvato il 21 gennaio 2021 la nuova strategia comunitaria per la parità di genere 2020-2025. Come primo passo, la Commissione ha proposto nuove misure per assicurare la parità di retribuzione nel marzo 2021. Cosa ne pensa? E quali saranno, a suo avviso, le ricadute sul comparto italiano?

Bisogna riconoscere che l’Italia aveva guidato il primo G7 sulle Pari Opportunità nel 2017. E al centro della Road Map siglata dalle delegazioni c’era proprio una riduzione del 25% del divario per l’accesso al lavoro delle donne. Questo obiettivo è stato ripreso quest’anno a giugno durante i lavori del G20 dal presidente del Consiglio Mario Draghi. Ha rafforzato con un riferimento a precisi indicatori che consentano di monitorare la parità di genere nel mondo del lavoro. Focalizzandosi sulla priorità nell’ottenimento di maggiori informazioni e impegno delle aziende proprio sul divario salariale.

Ci sono esempi di progettualità già in corso?

Si è messo in moto un impegno virtuoso in tal senso da parte delle regioni, partendo dalla Regione Lazio. In seguito poi dal Piemonte e dalla Puglia, che si sono dotate di strategie per la parità salariale e l’occupazione femminile.

A questi temi abbiamo dedicato il nostro impegno con le associazioni del territorio, in particolare con un Convegno lo scorso Luglio a Bari con il Consiglio regionale di Puglia e Matria Puglia, per illustrarne le peculiarità. Una spinta al cambiamento partita dalle associazioni femminili e raccolte dalle istituzioni locali con lungimiranza. Voglia di riscatto da una situazione pandemica che ha penalizzato fortemente e soprattutto le donne lavoratrici e imprenditrici. Una bella risposta che vuole portare anche a un cambiamento culturale, che resta per noi necessario per un rilancio sociale ed economico del Paese.

Nel rapporto CONSOB 2020 su “Le scelte di investimento delle famiglie italiane” emerge come solo nel 26% dei casi la donna rappresenti il “decisore finanziario”. Nonostante, dice sempre la ricerca, le donne abbiano conoscenze finanziarie simili a quelle del partner. E nonostante presentino un’attenzione e una scarsa propensione al rischio che – come confermato da una ricerca del 2018 realizzata da Forum per la Finanza Sostenibile e Doxa, con il sostegno di Etica Sgr, sono punti di forza. Soprattutto nell’ottica di una finanza non speculativa e attenta agli impatti. È così o occorrerebbe rendere le donne investitori più dinamici?

L’obiettivo deve essere quello di passare da un atteggiamento prudenziale, spesso dettato da preconcetti, a un atteggiamento pienamente consapevole. Che porti le donne, ma in generale le persone, a investire con una capacità di analisi dei rischi economici e finanziari più solida. Ciò che complica il raggiungimento di questo obiettivo sta nel permanere, e quindi nella necessità di superare, un divario digitale e pensionistico in gran parte causato da una scarsa occupazione femminile. Così come dalla difficoltà conseguente ad avere una propria indipendenza economica. Se il livello di consapevolezza finanziaria negli adulti in Italia è così basso ciò rappresenta un boomerang non solo sugli investimenti, e quindi occasioni mancate di ottimizzazione nella gestione dei propri risparmi, ma soprattutto espone a frodi, malversazioni e abusi economici che danneggiano le famiglie.

Per questo le donne diventano il volano fondamentale di questo cambiamento culturale e di un passaggio intergenerazionale di competenze che sarà di esempio per le nuove generazioni. Soprattutto se l’educazione finanziaria entrerà nelle scuole sin dalle elementari.