«Le banche etiche europee ancora indietro sulla parità di genere»

Sulla parità di genere le banche etiche somigliano ancora troppo a quelle tradizionali. Intervista a Anita Wymann, che guida la svizzera ABS

Barbara Setti
La presidente della banca svizzera ABS, Anita Wymann © Hannah Grüninger/www.abs.ch
Barbara Setti
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Qual è il grado di diversità di genere all’interno delle banche etiche e alternative? E quali obiettivi occorre porsi per il futuro? L’opinione di Anita Wymann, presidente della svizzera Alternative Bank Schweiz (ABS). Banca orientata alla sostenibilità, membro di FEBEA e della GABV, la Global Alliance for Banking on Values.

Pensa che le banche etiche e alternative non si pongano ancora il problema della rappresentatività di genere nella loro governance?

Guardando ai dati, le banche etiche e alternative non sono diverse dalle banche tradizionali, in questo ambito. Ed è, oltretutto, un errore, perché l’esperienza pratica e numerosi studi dimostrano chiaramente che gruppi di lavoro eterogenei danno ottimi risultati.

Ci può fare qualche esempio?

L’esempio di ABS può mostrare come una singola azienda possa lavorare per intervenire su questo tema. I nostri fondatori hanno avuto la lungimiranza di fissare nello statuto una quota di genere per il consiglio di amministrazione. Un genere non può essere rappresentato nel cda per più del 60%. In questo modo, le regole per l’organo di gestione strategica sono state formulate chiaramente. E vale la pena sottolineare la sottile ma importante differenza che si tratta di una quota di genere e non di una quota di donne.

Su quali ambiti state lavorando in tal senso?

Presupposti importanti per un maggior numero di donne nel management sono: una promozione precoce delle donne, la compatibilità tra famiglia e carriera, il lavoro part-time a tutti i livelli gerarchici, asili nido con orari di apertura più flessibili, una pianificazione della carriera che tenga conto dei piani di vita delle madri lavoratrici, e così via.

In ABS abbiamo anche avuto difficoltà a individuare figure femminili per il gruppo gestionale. Due anni fa abbiamo deciso di pubblicizzare la posizione di responsabile finanziario come un ruolo di job-sharing 60-60 e non una posizione al 100%. Diverse donne altamente qualificate si sono candidate. Le nostre due attuali responsabili, entrambe madri di bambini piccoli, apprezzano l’opportunità di condividere la leadership e di avere tempo per la famiglia. Sì, il lavoro part-time a livello manageriale richiede flessibilità da parte di tutte le persone coinvolte. Ma chi è alla ricerca di donne dovrebbe pensare al lavoro part-time o al job-sharing.

L’UE sta lavorando sulla Social Taxonomy. La bozza di rapporto di luglio 2021 spiega che l’obiettivo di una futura tassonomia sociale qualificherebbe un’entità economica «come abilitante comunità inclusive e sostenibili quando promuove l’uguaglianza e la crescita inclusiva anche: fornendo formazione, sviluppo di capacità e opportunità di lavoro mirate alle comunità interessate, compresi i gruppi in situazioni di vulnerabilità; […] promuovendo la parità di genere affrontando un divario di genere riconosciuto o avendo un impatto trasformativo sulla parità di genere e sul risparmio di tempo per le donne; creando posti di lavoro per le donne, sia diretti che indiretti, comprese misure speciali per attirare le donne nella forza lavoro o per abbattere la segregazione professionale (ad esempio, strutture per l’infanzia, politiche di diversità che vanno oltre la semplice conformità alla legislazione esistente)». Cosa pensa dell’approccio della tassonomia sociale in questo campo?

Trovo l’approccio stimolante, ma mi chiedo se non si tratti di una “tigre di carta” (tanta scena e niente sostanza, ndt), che porterà, nella pratica, a scarsi cambiamenti reali e vero sostegno alle donne. Tuttavia, potrebbe essere utile per accrescere la consapevolezza sul tema.

In Svizzera – ricordo che non siamo membri della UE – si lavora per esercitare pressioni attraverso le norme giuridiche. Da un lato, la legge sulle pari opportunità offre la possibilità di combattere la discriminazione e di intraprendere azioni legali. Per esempio, sono state intentate e vinte numerose cause rivoluzionarie sul tema dei salari. Da gennaio 2021, le grandi società quotate in Borsa devono avere almeno il 30% di donne nel consiglio d’amministrazione e almeno il 20% nel comitato esecutivo. Ciò significa che la Svizzera è ancora molto indietro rispetto alle quote dei Paesi nordici europei. Ma queste quote imposte possono essere un passo nella giusta direzione.

ABS cerca di porsi come precursore anche nell’area della promozione delle donne. È un elemento fondamentale della nostra visione fin dall’inizio. Con circa il 40% di donne nel management, abbiamo un buon posizionamento. Affinché questa percentuale possa aumentare in futuro, le donne devono essere in grado di acquisire esperienza manageriale fin dall’inizio della loro attività. Noi cerchiamo di renderlo possibile a tutti i livelli.

leadership femminile nelle imprese © Ponomariova_Maria iStockPhoto
Nelle imprese, così come nel mondo delle università e in quello finanziario, le donne faticano a raggiungere posizioni dirigenziali © Ponomariova_Maria/iStockPhoto

Pensa che le istituzioni finanziarie etiche e alternative dovrebbero avere una posizione forte e dare l’esempio?

Mi piacerebbe molto che le banche etiche promuovessero sia le donne che gli uomini su un piano di parità e permettessero loro di vivere i loro diversi stili di vita. Invece è ancora troppo poco riconosciuta la responsabilità nei confronti dei dipendenti. Anche le banche etiche, che per il resto sono molto attente alle questioni sociali, hanno un posizionamento “tradizionale” su questo tema. È necessaria una chiara azione in tal senso.

Come vive il suo ruolo di presidente donna di un istituto finanziario?

In qualità di presidente del consiglio di amministrazione, sento di avere pari diritti sotto molti aspetti, ma mi capita di vivere situazioni in cui mi chiedo se un presidente uomo sarebbe trattato allo stesso modo. Troppo spesso le donne vengono ignorate e il loro contributo non viene preso sul serio. Quindi, oltre a guardare i numeri e le percentuali, c’è anche la necessità di aumentare la consapevolezza di fattori apparentemente meno evidenti come il linguaggio e il comportamento.