Azionisti critici come Beppe Grillo? Proprio no
L'azionariato critico produce risultati solo con analisi meticolose e critiche fondate. Nulla a che vedere con gli showmen che usano le assemblee come palco mediatico
Correva l’anno 2005. Etica Sgr si presentava all’assemblea di Indesit a Fabriano chiedendo al consiglio di amministrazione di consultare «i vari portatori di interesse nel processo di redazione del bilancio di sostenibilità, come già avviene in altre società italiane quotate». Fu il primo intervento di un investitore istituzionale su temi sociali e ambientali in Italia. Un intervento tutto sommato innocuo ma dal grande valore simbolico.
La platea, composta da revisori contabili, manager dell’azienda, pensionati e qualche sparuto azionista si interrogava sorpresa su questo nuovo tipo di partecipazione, popolare negli Stati Uniti e in Gran Bretagna ma inedito nel nostro Paese, almeno in questa forma: negli anni novanta si erano infatti già presentati da Enichem, Sip, Sme, Fiat, ecc. gli “azionisti ecologisti” di Legambiente. E poi c’era Beppe Grillo, che aveva partecipato all’assemblea della Stet nel 1995 e, dal 2007, avrebbe preso di mira Telecom Italia e il suo amministratore delegato Marco Tronchetti Provera.
Grillo Vs TelecomIl diavolo nei dettagli
In effetti capita spesso che, nella vulgata comune, azionariato critico e attivo siano paragonati alle incursioni del comico e politico genovese. Ultima in ordine di tempo quella all’assemblea di Eni, nel 2015, quando Grillo accusò la società di aver «dato vita a un sistema corruttivo di portata internazionale», che sarebbe alla base del «dissesto politico e sociale dei Paesi nei quali Eni depreda, impoverisce e distrugge attraverso le tangenti». Un linguaggio aggressivo, subito definito «non consono» dalla presidente Emma Marcegaglia, che non mancò di alludere a precise responsabilità legali dell’azionista.
Correva l'anno
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In realtà l’impegno attivo o critico degli azionisti è molto lontano dagli show estemporanei di Beppe Grillo, per una serie di ragioni. Prima di tutto si tratta di un’attività continuativa, con degli obiettivi ben precisi, che acquista importanza nel tempo e si nutre di dettagli, dello studio meticoloso di bilanci, rapporti, interviste e del confronto con i principali concorrenti dell’impresa che viene individuata come target.
Prendiamo per esempio l’intervento di Fondazione Finanza Etica (FFE) all’assemblea del 2014, quando si criticò il “bonus etico”, pari al “10% dell’incentivazione variabile annuale”, attribuito sulla base di criteri di sostenibilità, “in relazione al mantenimento della presenza di Eni in almeno uno degli indici (azionari etici) Ftse4Good e Dow Jones Sustainability” .
FFE criticò il criterio di attribuzione del bonus, ritenendolo “non oggettivo”. A partire dal 2015, il criterio fu cambiato e si inserirono parametri oggettivamente misurabili, come l’indice di frequenza degli infortuni e la riduzione delle emissioni di CO2. In più, l’incentivazione variabile annuale legata alla sostenibilità passò dal 10% al 25% del totale. Una chiara vittoria per gli azionisti critici.
Chi è riuscito a leggere fino a questo punto senza addormentarsi si accorgerà però del fatto che, nella maggior parte dei casi, i successi dei piccoli azionisti sono microscopici e riguardano dettagli di politiche aziendali, che raramente interessano il grande pubblico. Se Grillo cerca lo scontro con uscite ad effetto per guadagnare visibilità sui media e, recentemente, voti alle elezioni, l’azionista critico o attivo vuole diventare un interlocutore dell’impresa e contribuire a migliorare, anno dopo anno, le sue politiche sociali e ambientali.
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Una questione di linguaggio
Un’altra grande differenza è il linguaggio: l’azionista critico (o attivo) può criticare ma non aggredisce. Presenta numeri, fatti e chiede all’impresa di rispondere in modo preciso a domande precise.
All’assemblea di Eni del 2015, Beppe Grillo chiuse il suo intervento senza aver fatto una sola domanda. Fondazione Finanza Etica ne fece dieci durante l’assemblea e ne inviò altre 43 prima dell’assemblea, in collaborazione con le organizzazioni Re:Common e Amnesty International Italia. Alle domande seguirono risposte, non sempre soddisfacenti. Alle risposte seguirono altre domande dopo l’assemblea.
Esemplare, a tale proposito, l’intervento di Daniela Patrucco, portavoce del comitato “Spezia Via dal Carbone”, delegata da Fondazione Finanza Etica all’assemblea di Enel del 2015. Patrucco intervenne presentando una sfilza di dati sulla centrale a carbone di La Spezia, chiedendone la chiusura. L’ad di Enel Francesco Starace ne contestò alcuni e l’attivista spezzina riprese la parola per ribattere con altri numeri.
La portavoce di “Spezia via dal carbone” replica all’Ad Enel, StaraceUn testa a testa con toni accesi, caratterizzato però da una prosa neutra, tecnica, basata sui nudi fatti e sul rispetto dei rispettivi ruoli di azionista e amministratore. Nello stile che caratterizza gli azionisti critici e attivi di tutto il mondo. Ad anni luce di distanza dalle intemperanze grilline.