Azioni critiche contro Eni ed Enel. Tutto iniziò da qui…

Come si può migliorare la politica di un’impresa? Comprando le sue azioni. Dai due colossi italiani è iniziata l’avventura della Fondazione Finanza Etica

Una manifestazione di Greenpeace al porto di Brindisi nel 2008 per contrastare la politica energetica di Enel (Francesco Cabras/ Greenpeace)

Questo articolo è stata pubblicato sul numero 57 di Valori nel marzo 2008. Lo riproponiamo perché descrive il momento della nascita dell’azionariato critico – tuttora in corso – verso due delle più importanti aziende italiane.

Dalle parole ai fatti. Lo avevamo annunciato, ora l’iniziativa di azionariato critico, promossa dalla Fondazione Culturale Responsabilità Etica, con la collaborazione di Valori e dell’Osservatorio Finanza, è diventata realtà. Le imprese italiane su cui puntare sono state scelte: Eni ed Enel. La Fondazione ha già comprato le azioni (250 di Enel e 80 di Eni), diventando così ufficialmente azionista delle due società, con tutti i diritti che comporta questo ruolo: in particolare poter accedere e votare alle assemblee e avere un contatto diretto con i vertici delle imprese.

«Negli ultimi anni abbiamo tentato in ogni modo di instaurare un dialogo con il Cda (consiglio di amministrazione) di Eni ed Enel, ma è stato praticamente impossibile», spiega Andrea Baranes (oggi presidente della Fondazione Finanza Etica, ndr), di CRBM (oggi ReCommon, ndr).

«L’azionariato critico è uno strumento in più, che si affianca alle campagne che già esistono, per cercare di influenzare la politica delle aziende che, in qualche modo, danneggiano l’ambiente, violano i diritti umani, insomma, non considerano il proprio impatto negativo sul mondo esterno».

Perché Eni ed Enel

A proporre i nomi delle due società sono state Crbm (oggi Re Common), per Eni, e Greenpeace, per Enel. La Fondazione Culturale Responsabilità Etica ha affidato la scelta a queste protagoniste della società civile, attive da anni nel monitoraggio e nella difesa dei diritti umani e dell’ambiente.

Ma perché proprio Eni ed Enel? Sono le imprese più “cattive” nel panorama italiano? «Non si possono attribuire etichette del genere – risponde Andrea Baranes – Diciamo che sono due tra le società che offrono maggiori spunti di critica. Abbiamo voluto puntare su imprese che fossero già nel mirino di diverse campagne di contestazione».

«Non vogliamo ripartire da zero, ma continuare il lavoro già avviato da altri», aggiunge Ugo Biggeri, presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica (oggi presidente di Banca Etica, ndr). Eni ed Enel sono le due società che Legambiente aveva scelto di inserire nel suo esperimento di “azionariato ecologista”, portato avanti negli anni Novanta.

I passi indietro di Enel

«Nel 2000, nell’ultimo intervento di Legambiente a un’assemblea di Enel, era stato presentato un documento in cui la società ambientalista lodava il comportamento della compagnia energetica sostenendo che, rispetto a vent’anni prima, aveva effettuato notevoli passi avanti verso un miglioramento dell’impatto ambientale, grazie alla totale liquidazione del nucleare e alla limitazione dell’uso del carbone – racconta Biggeri – Oggi, otto anni dopo, la situazione è completamente diversa: anziché andare avanti siamo tornati indietro. Enel ha ripreso a investire nel nucleare, anche se fuori dall’Italia, e nella produzione di energia dal carbone». Si pensi all’impianto di Belene, in Bulgaria, che dovrebbe sorgere in una zona altamente sismica. E Mochovce, la centrale nucleare della Slovenske Elektrarne, nella Repubblica Slovacca, dove Enel costruirà due nuovi reattori da 440 MW ciascuno. Un intervento su un vecchio impianto sovietico, che, secondo Crbm, comporta rischi elevatissimi in caso di fuoriuscite radioattive e di attacchi terroristici, perché sarà realizzato senza scudo di protezione.

Le critiche a Eni

Eni, invece, è nell’occhio del ciclone degli ambientalisti per l’impatto dei suoi giacimenti petroliferi. Come quello di Kashagan, sul mar Caspio, per cui Crbm denuncia i “rischi ambientali e sociali connessi all’esplorazione del giacimento, ricchissimo di un petrolio di qualità molto bassa, contenente nella sua parte gassosa oltre 40 sostanze tossiche” (da www.crbm.org). Ma Eni è accusata anche di violare i diritti umani nella zone sul Delta del Niger, dove sorgono numerosi impianti della compagnia e dove milioni di persone vivono con meno di due dollari al giorno.

Dietro le quinte

I prossimi passi dell’azionariato critico? Bisogna prepararsi per le assemblee delle due società, che si terranno il 28 (Enel) e il 29 aprile (Eni). «Stiamo studiando i bilanci, civilistici e di sostenibilità, di Eni ed Enel, e i verbali delle assemblee del 2007, per trovare spunti – annuncia Andrea Baranes – Poi ci occuperemo di coinvolgere i piccoli azionisti e di individuare i fondi etici che investono in Enel (sono ben 47) e in Eni, e verificare se possano essere interessati ad azioni congiunte». Il cammino è iniziato. «Un lungo cammino, non ci aspettiamo di ottenere dei risultati immediati. Ci vorranno anni – sottolinea Andrea Baranes – E non è una guerra contro nessuno, vogliamo sviluppare anche in Italia un nuovo strumento di partecipazione dei cittadini alla vita economica e cercare di influenzare il comportamento delle imprese».