Il tracollo di SVB rischia di trascinare anche alcuni fondi ESG
Quando crolla una banca, le conseguenze sono vaste e difficili da controllare. Nel caso di SVB, le subiranno anche alcuni fondi sostenibili
Quando Silicon Valley Bank ha iniziato a scricchiolare, per poi fallire, era chiaro che ci sarebbero state delle conseguenze. Perché era dal 2008 che non si assisteva al tracollo di una banca statunitense così grande. E perché il mondo della finanza è fatto di intrecci fittissimi, come dimostra il crack di Credit Suisse, avvenuto dopo pochi giorni – e per motivi diversi – dall’altra parte dell’Oceano. La vicenda di SVB è dovuta a tanti fattori: una gestione spregiudicata, il rialzo dei tassi di interessa, la crisi di fiducia. E potrebbe fare anche alcune vittime insospettabili: alcuni fondi ESG (cioè quelli basati su criteri ambientali, sociali e di governance).
Quanti fondi ESG sono esposti nei confronti di SVB
Il quotidiano francese Les Echos è andato a scandagliare i dati di Morningstar, scoprendo che ben 294 fondi articolo 8 (light green) e 32 fondi articolo 9 (dark green) detengono quote di SVB. Sul totale dei fondi europei investiti in SVB, dunque, quelli classificati come sostenibili ai sensi dell’apposito regolamento (la Sustainable Finance Disclosure Regulation, SFDR) rappresentano quindi quasi il 70% in termini di valore. Il che non può essere un caso, come dimostra peraltro il fatto che solamente quattro fondi articolo 9 avessero investito in Credit Suisse, l’altro istituto (ben più grande) finito al centro del terremoto. Tra questi, ad esempio, non ci sono i fondi di Etica Sgr, che non aveva investito nel colosso elvetico né in SVB.
Ma perché tutto questo interesse della finanza sostenibile nei confronti di SVB? Per un motivo molto semplice: rispettava i requisiti. La banca era diventata celebre come finanziatrice di startup. Stando al New York Times, a partire dal 2008 avrebbe lavorato con ben 1.550 imprese che sviluppano tecnologie legate alle energie pulite, allo stoccaggio di energia o ad altre soluzioni contro i cambiamenti climatici. Anche in termini sociali (la S di ESG) poteva fornire delle garanzie, spiega Les Echos. Soprattutto in materia di valorizzazione dei dipendenti, diversità e inclusione.
I repubblicani continuano la loro crociata anti-ESG
Considerato il fervore con cui i repubblicani statunitensi ultimamente si scagliano contro la finanza sostenibile, era inevitabile che approfittassero di questa crisi per avere un’altra freccia al proprio arco. Il governatore della Florida Ron DeSantis, intervenuto a Fox News, ha accusato i vertici di SVB di essersi «preoccupati di diversità, equità, inclusione e politica così tanto» da essersi «distratti dalla loro missione primaria». È della stessa opinione Bill Hagerty, senatore del Tennessee che fa parte della Commissione sulle banche. «Credo che le banche debbano occuparsi di attività bancarie, non di ingegneria sociale», ha dichiarato a Politico. L’accusa rivolta ai fondi ESG è sempre la stessa: quella di violare il dovere fiduciario, cioè l’impegno ad agire nel migliore interesse dei propri clienti.
Il chiodo fisso dei repubblicani
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Suona quantomeno curioso che insinuazioni così pesanti arrivino dalla stessa compagine politica che era alla Casa Bianca nel 2018. L’anno in cui (con il sostegno decisivo anche di alcuni democratici) è stato approvato l’Economic Growth, Regulatory Relief, and Consumer Protection Act. Cioè una legge che alleggerisce la regolamentazione per le banche di medie dimensioni, quelle non che non porrebbero un “rischio sistemico”. Come SVB, appunto. Che ha fatto lobbying per l’approvazione di questo testo, ha guadagnato dei margini di libertà e ne ha approfittato. Con i risultati che ben conosciamo.