Folgorazione o greenwashing? La verità sugli impegni “verdi” di BlackRock
Il fondatore del colosso d'investimenti, Larry Fink scrive agli azionisti, promettendo azioni per il clima. Ma con cifre irrisorie rispetto agli investimenti nelle fossili
Ecologia, responsabilità, lotta ai cambiamenti climaticiVariazione dello stato del clima rispetto alla media e/o variabilità delle sue proprietà che persiste per un lungo periodo, generalmente numerosi decenni.Approfondisci. La lettera annuale che Larry Fink, fondatore e numero uno di BlackRock, la più grande società d’investimenti del mondo, ha inviato ai proprio azionisti ha fatto il giro del mondo. Così come una seconda missiva, redatta da membri del comitato esecutivo. In essa, l’azienda americana promette di operare una trasformazione delle proprie pratiche, in senso appunto ambientalista.
Even Larry Fink, the boss of BlackRock, agrees that climate change will cause a shift towards sustainable investing https://t.co/4MbORJNe6g
— The Economist (@TheEconomist) January 20, 2020
«Quella climatica sarà la crisi più lunga e strutturale»
«Le imprese, gli investitori e i governi devono prepararsi ad una significativa riallocazione dei capitali. E ciò in un futuro prossimo. Più prossimo di quanto la maggior parte delle persone credano», si legge nel documento. «Riteniamo che gli investimenti sostenibili – ha aggiunto Fink – rappresentino ormai il miglior modo di garantire solidità ai portafogli dei clienti». Ciò in quanto i cambiamenti climatici «rappresentano una crisi più strutturale e più di lungo termine» di qualsiasi altra crisi economica attraversata negli ultimi 40 anni.
Una posizione netta. Almeno a parole. Talmente tanto da aver suscitato il plauso di buona parte della stampa economica. C’è chi si è spinto addirittura nell’affermare che «la migliora amica di Greta (Thunberg, ndr) è la finanza». Facile rispondere che più che “esserlo”, “potrebbe esserlo”. Se i colossi della finanza davvero si impegnassero nella battaglia climatica, potremmo considerarci in effetti ad una svolta. Basti pensare che il valore gegli asset gestiti dalla sola BlackRock ha superato i 7mila miliardi di dollari alla fine del 2019.
Cosa ha promesso, in concreto, BlackRock
Il punto dunque è: cosa propone di fare, in concreto, la società americana? Nelle loro lettere, Fink e il comitato esecutivo del fondo d’investimenti hanno confermato l’adesione all’iniziativa per la lotta ai cambiamenti climatici Climate Action 100+. Ma hanno anche annunciato che chiederanno alle imprese nelle quali investono di rendere note le loro strategie per limitare la crescita della temperatura media globale a 2 gradi centigradi, entro il 2100, rispetto ai livelli pre-industriali. Alle assemblee generali di chi non presenterà un piano, BlackRock afferma di essere «incline a votare contro» la riconferma dei gruppi dirigenti.
Inoltre, la società prevede di aumentare la quota di investimenti sostenibili. E di disinvestire dalle aziende che traggono più del 25% dei loro ricavi dallo sfruttamento del carbone. Verrà quindi aperto un un nuovo “fondo a impatto” per sostenere le imprese a basso impatto climatico.
Le scelte di Berlino
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Extinction Rebellion: «Vogliono distogliere l’attenzione dalla verità»
Una vera svolta, dunque? Solo in piccola parte, secondo il movimento ecologista Extinction Rebellion. «Poco non è sempre meglio di niente. Soprattutto – ha spiegato in un comunicato – se quel poco è utilizzato per distogliere l’attenzione dalla verità. E la verità è che i proprietari di miniere e i più grandi inquinatori del mondo non perderanno il sonno per via delle dichiarazioni di BlackRock. Che continuerà ad investire nei combustibili fossili e a finanziare imprese che distruggono la foresta amazzonica, ignorando i diritti dei popoli autoctoni».
Chi ha dunque ragione? Va detto che l’impegno assunto da BlackRock non è “dall’oggi al domani”. Si tratta dell’inizio di un percorso. Occorrerà perciò aspettare per valutarlo. Ciò che si può fare, tuttavia, è tentare di comprendere se la volontà del gruppo americano di impegnarsi nella battaglia climatica sia o meno reale. Un’occasione è arrivata dal forum economico di Davos, nel corso del quale la Francia e la Germania hanno annunciato la creazione di un fondo d’investimenti proprio assieme a BlackRock.
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Alla Climate Finance Partnership appena 100 milioni di dollari
L’iniziativa – battezzata “Climate Finance Partnership” (CFP) – è stata presentata in pompa magna. Con tanto di rilanci di tutta la stampa mondiale, foto e strette di mano. La dotazione della CFP, però, sarà inizialmente di 100 milioni di dollari. Con l’obiettivo di arrivare a 500. Ora, la comunità internazionale, alla Cop 15 di Copenaghen, nel 2009, ha scritto nero su bianco che per aiutare i soli Paesi in via di sviluppo ad adattarsi alle conseguenze dei cambiamenti climatici servono almeno 100 miliardi di dollari all’anno. Miliardi: la CFP rappresenta oggi lo 0,1% di tale cifra. E, al massimo, arriverò allo 0,5%.
#Climate We joined the Climate Finance Partnership @blackrock, alongside @KfW, and foundations such as @Hewlett_Found and Grantham Foundation.
Our aim: directing investments towards #ClimateChange mitigation projects in emerging countries ➡️https://t.co/WE0NsHlMo9 pic.twitter.com/Po39YxAtfu— AFD_en 🇫🇷 🇪🇺 (@AFD_en) January 24, 2020
Ma non è tutto. Nel 2016 il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente ha spiegato che il costo reale che occorre prevedere per le politiche di adattamento (infrastrutture, dighe, conversione dei sistemi alimentari, ecc.) nei Paesi più vulnerabili è compreso tra 140 e 300 miliardi di dollari all’anno. Senza dimenticare che questo tipo di opere viene spesso considerato poco redditizio da parte degli investitori. Che preferiscono far convergere il denaro sui progetti di mitigazioneRappresenta il secondo asse maggiore delle politiche sui cambiamenti climatici, assieme all’adattamento.Approfondisci dei cambiamenti climatici, a partire da parchi solari, eolici o centrali idroelettriche.
Con Vanguard e State Street, da BlackRock $300 miliardi per le fossili
È utile poi ricordare come BlackRock abbia già pubblicato, nel settembre del 2016, un rapporto che annunciava all’insieme dei propri investitori il fatto che si sarebbe tener conto della tutela di ambiente e clima nelle scelte aziendali. Uno studio pubblicato nell’ottobre del 2019 dal quotidiano inglese The Guardian ha rivelato che le «Big Three» della gestione del risparmio (assieme a BlackRock, anche Vanguard e State Street) hanno accumulato quasi 300 miliardi di dollari di investimenti nelle energie fossili.
La prima in assoluto è Vanguard, con 161 miliardi distribuiti in 1.712 fondi. Terza State Street con 38 miliardi. E al terzo proprio la società di Fink, con 87 miliardi. Ovvero 870mila volta lo stanziamento iniziale concesso al CFP. Non solo: come sottolineato dall’associazione Attac sul quotidiano francese Bastamag, «le riserve di carbone, petrolio e gas delle imprese nelle quali i tre fondi in questione possiedono quote di capitale è aumentata del 34,8% dal 2016 ad oggi. Il che li rende i più importanti investitori al mondo nelle energie fossili. Soltanto nella compagnia Total, BlackRock controlla il 6% delle azioni». Mentre in termini di potenziale di emissioni di gas ad effetto serra, «si è passati da 10,6 a 14,3 miliardi di tonnellate».
“the combined fossil fuel portfolio of BlackRock, Vanguard and State Street is $286bn” https://t.co/Ldsc43HoDP
— Climate Clock (@Climate__Clock) October 17, 2019
Dal punto di vista dei voti nelle assemblee generali, poi, il fondo americano «ha sostenuto soltanto il 10% delle risoluzioni legate al clima». Per questo, secondo l’analisi dell’associazione, «alla luce dei fatti, da parte di Parigi e Berlino, offrire ad uno dei gestori di asset più implicati nel settore delle fonti fossili la possibilità di presentarsi come portabandiera degli investimenti sostenibili è un regalo. Non ci aspettavamo che i poteri pubblici si incaricassero di coordinare le operazioni di greenwashing di BlackRock». Tra l’altro a fronte di stanziamenti irrisori: il CFP, anche raggiungesse i 500 milioni di euro, rappresenterebbe meno dello 0,01% del valore degli asset controllati dal fondo statunitense.