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Una nuova crisi finanziaria è in arrivo. Per colpa del climate change

Uno studio inglese spiega: i cambiamenti climatici possono provocare «una nuova crisi simile a quella del 2008». Per colpa di una serie di effetti a catena

Mena kamil (Own work) [CC BY-SA 4.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], via Wikimedia Commons

La crisi finanziaria del 2008 potrebbe ripresentarsi. I mercati potrebbero attraversare una nuova bufera. Il sistema potrebbe tornare a vacillare e i conti pubblici degli Stati a tremare. Ciò non solo per le speculazioni spericolate e la bulimia finanziaria di certe banche e fondi d’investimento, che sembrano non aver imparato nulla dall’ultimo decennio. A causare il nuovo terremoto, infatti, potrebbero essere i cambiamenti climatici.

Ecco la crisi che dovrebbe allarmarci davvero«Sottovalutati i legami tra clima e crisi economica»

A stabilire il legame tra la crisi ambientale ed un nuovo possibile crollo del sistema finanziario è uno studio dell’Institute for public policy research (IPPR) del Regno Unito. Una conclusione che riprende da vicino, in modo scientifico, la preoccupante previsione fatta dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella nei giorni scorsi, celebrando l’anniversario del disastro del Vajont. Secondo gli autori del rapporto inglese, le interconnessioni tra rischi climatici, sociali ed economici sono state finora sottovalutate.

I ricercatori hanno analizzato decine di studi universitari, rapporti governativi e di organizzazioni non governative. E hanno concluso che finora le conseguenze del riscaldamento globale sono state analizzate troppo spesso in modo isolato. «I climatologispiega il rapporto – esaminano le perturbazioni del sistema meteorologico. I biologi si concentrano sulla perdita di biodiversità. Gli economisti calcolano i danni potenziali derivanti da uragani e siccità».

La realtà, invece, è che la crescita della temperatura media globale provocherà effetti a catena. Che interagiranno gli uni con gli altri. Con conseguenze economiche e sociali. Basti pensare al fatto che – secondo un rapporto della Banca asiatica per lo sviluppo del 2017 – il numero di profughi climatici potrebbe esplodere.

Un concetto confermato anche dagli esperti presenti all’ultimo Forum internazionale Greenaccord di Giornalismo ambientale a San Miniato (Pisa): «Se i governi non prenderanno misure urgenti per contenere i cambiamenti climatici, entro il 2050 si troveranno a dover far fronte a un miliardo di migranti ambientali» ha spiegato la giornalista finnico-canadese Kaarin Rugiero, citando dati del Club di Roma.

«Questi eventi – ha ricordato Alfonso Cauteruccio, presidente dell’associazione Greenaccord – dagli anni 80 ad oggi sono triplicati. Ma inondazioni, tempeste, tifoni o, al contrario, siccità e ondate di calore estreme non sono solo problemi climatici. Hanno infatti un impatto sociale enorme sugli esseri umani. E ciò li trasformerà in un’emergenza mondiale che produrrà conflitti, carestie, malattie».

Quella climatica sarà la più grande crisi mai affrontata dall’umanità

«Nel peggiore degli scenari – aggiunge l’IPPR – il degrado ambientale potrebbe innescare un circolo vizioso. Nel quale si moltiplicherebbero gli shock economici, sociali e politici a livello globale. Proprio come accaduto all’indomani della crisi finanziaria del 2007-2008». L’istituto propone alcuni esempi concreti in questo senso.

L’esplosione delle richieste di indennizzo potrebbe mettere a repentaglio la tenuta delle compagnie d’assicurazione. Con innumerevoli effetti a catena. La moltiplicazione delle siccità e delle ondate di caldo potrebbe moltiplicare per dieci i migranti in fuga dal Medio Oriente. Così come dall’Africa centrale e settentrionale. E mettere a rischio l’approvvigionamento idrico e alimentare per milioni di persone. «Sarà forse la più grande sfida della storia per il genere umano», ammoniscono i ricercatori.

Che, per questo, hanno esortato i decisori politici ad agire. Prima che sia troppo tardi. Soprattutto attraverso due trasformazioni socio-economiche. In primo luogo, aumentando la resilienza di infrastrutture, mercati e processi politici. Quindi trasformando le attività umane «in modo da combattere le diseguaglianze». Altrimenti, la somma di cataclismi climatici e società inique potrebbe creare una miscela esplosiva.

65 milioni di posti di lavoro salvando il clima

Che la transizione ecologica rappresenti un’opportunità di cambiamento e di crescita alternativa rispetto a quella dettata dal modello attuale è stato ribadito da università, istituti di ricerca, conferenze internazionali. Eppure in molti non sembrano ancora convinti dell’interesse non solo ambientale e climatico, ma anche economico del cambiamento.Qui per approfondire: http://bit.ly/2R1E5Iz

Posted by Valori.it on Thursday, September 27, 2018

 

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