Azionisti attivi, ecco i nostri piani sulle multinazionali per il 2019
Multinazionali, ambiente, giustizia sociale. Da Parigi la rete di azionisti Shareholders for Change (SfC) prepara un 2019 all’insegna dell’engagement
È nata da un anno e ha già all’attivo 15 interventi alle assemblee degli azionisti di grandi imprese multinazionali europee. Oltre a lettere dense di domande su emissioni di CO2, paradisi fiscali, diritti dei lavoratori e incontri a porte chiuse con gli amministratori.
La rete di investitori europei Shareholders for Change (SfC), partita a Milano nel dicembre del 2017, si è incontrata oggi a Parigi per programmare le attività di “engagement” (o di azionariato critico) per il 2019. Un impegno attivo da parte di chi possiede azioni o obbligazioni e non si limita ad incassare cedole e dividendi ma vuole anche far valere i propri diritti di azionista per influenzare le strategie di gestione delle società in modo favorevole all’ambiente e alla giustizia sociale.
Domande scomode e vistosi calzini. La dura vita dell’azionista critico
Tasse e multinazionali nel mirino
«L’anno prossimo ci dedicheremo in particolare alle tasse» spiega Andrea Baranes, presidente di Fondazione Finanza Etica, uno dei sette membri fondatori di SfC. «Le multinazionali continuano a pagarne troppo poche, spostando i profitti in paradisi fiscali o Paesi a tassazione agevolata, come abbiamo dimostrato nel rapporto Bad connection. Nel nostro mirino ci saranno imprese del settore telecomunicazioni come Vodafone, Telecom Italia, Deutsche Telekom, Orange, ma non solo. Daremo spazio anche agli altri due temi portanti della nostra rete. I cambiamenti climatici e il rispetto dei diritti umani lungo tutta la catena di produzione».
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Aurélie Baudhuin al vertice
Nel corso dell’incontro i soci hanno approvato lo statuto di SfC, che parte come associazione di diritto italiano, con sede a Firenze. E hanno nominato il consiglio dei membri fondatori, il presidente e il vice-presidente.
A guidare la rete, per i prossimi tre anni, sarà Aurélie Baudhuin, vice-direttore generale di Meeschaert Asset Management, società francese specializzata negli investimenti socialmente responsabili, uno dei sette soci fondatori di Shareholders for Change. La vice-presidenza, invece, è andata a Ugo Biggeri, presidente di Etica sgr. Sono stati infine ammessi due nuovi soci ordinari: la fondazione ginevrina Ethos, che rappresenta i voti di 230 fondi pensione pubblici elvetici, e la britannica Friends Provident.
Ethos, una leggenda per gli azionisti critici
Con i suoi interventi alle assemblee delle multinazionali, Ethos, fondata nel 1997, è entrata nella leggenda dell’azionariato attivo. Come nel 2005, quando chiese a Peter Brabeck, allora presidente e Ceo di Nestlé, di rinunciare a una delle due cariche. La mozione, che puntava a dare maggiore equilibrio nella gestione dell’impresa, raccolse poco meno del 40% dei voti e non passò. Ma da allora Brabeck finì sotto il tiro incrociato della stampa internazionale e degli investitori istituzionali.
Si aprì un vero e proprio “caso Nestlé”, che si chiuse solo con la nomina di un nuovo amministratore delegato. E la vittoria degli azionisti attivi organizzati. Oppure nel 2009 e nel 2010, quando – per la prima volta – si votarono in Svizzera, grazie proprio a Ethos, mozioni “say on pay” (dì la tua sulle paghe), chiedendo alle imprese di sottomettere al voto (consultivo) degli azionisti i piani di remunerazione dei manager. Una pratica che, nel frattempo, si è diffusa in tutta Europa e, dalla stagione assembleare 2011, anche in Italia.