Capitalismo etico: ancora un sogno lontano. Ma qualcosa si sta muovendo

Ho sognato un mondo pulito dove regna la pace. La realtà è diversa: guerra e inquinamento. Ma qualche progresso c'è, una nuova cultura economica sta crescendo

Alessandro Messina
Alessandro Messina
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Sto facendo un sogno. Sono in un mondo verde, sostenibile, fatto di concordia sociale, aria pura e limpida, amicizia fra i popoli. Il cambiamento climatico è stato messo sotto controllo da governi responsabili e banche orientate al bene comune. Leonardo ed ENI sono aziende in prima linea per la pace nel mondo e il risparmio energetico.

Il sogno…

Il divario tra Nord e Sud del Paese, e del Pianeta, è stato cancellato da concrete opportunità offerte a tutte le persone per istruzione, accesso alle risorse naturali, alla sanità e al lavoro, grazie ad una equa tassazione che finanzia un efficiente apparato pubblico. La piena occupazione è stata raggiunta grazie al microcredito e all’efficace lavoro dell’omonimo ente nazionale. Le imprese sono finanziate dalle banche e in modo trasparente regolate dai governi.

I risparmiatori sanno dove vanno i loro soldi e possono scegliere, in base a ciò, come orientarne l’impatto, selezionando la banca più coerente con i propri valori. Ogni banca, infatti, rende pubblici i finanziamenti e gli investimenti che effettua. Ogni flusso di denaro è così orientato ai suoi effetti di lungo termine.

Il ritorno alla realtà

Poi una sirena mi sveglia. È la radio accanto al letto a trasmetterne l’urlo.  Proviene da Rojava, Kurdistan siriano. Un macabro suono di guerra. Di bombe sopra le case di popolazioni inermi. Donne, bambini, giovani, anziani piangono, gemono, fuggono. Quel suono dice in modo inequivocabile che troppe banche, le stesse che si dichiarano responsabili, finanziano imprese, le stesse che a loro volta si proclamano campioni di sostenibilità, che producono armi per profitto e le esportano senza criterio, regolarmente autorizzate da un governo che si dichiara contro la guerra. Avviene dall’Italia verso la Turchia, dagli USA verso l’Asia, dalla Francia verso l’Africa…

Mi alzo, affranto da questi pensieri. Apro la finestra. L’aria della metropoli mi colpisce putrida, mefitica, maleodorante. Come prima l’udito, ora è l’olfatto a svegliarmi dall’ingenuo sogno. E mi ricorda che, giorno per giorno, le grandi imprese del Paese continuano a sfruttare le fonti fossili, a produrre e vendere macchinari basati su tecnologie obsolete ed energeticamente inefficienti, a lucrare sugli spazi di debolezza dei regolatori, che ne consentono i cartelli e le manipolazioni del mercato, mai veramente libero.

Imprenditori senza scrupoli, su scala locale quanto globale, evadono il fisco e sfruttano i lavoratori, mentre le organizzazioni di questi ultimi non comprendono che potrebbero incidere sui nuovi equilibri attraverso le loro risorse finanziarie, che invece affidano ai più spietati dei fondi globali, padroni dei mercati speculativi.

Un nuovo modello è possibile

Provo a reagire. Mi dico che no, una nuova cultura economica sta crescendo. Manager illuminati, che sanno guardare oltre le stock options e il valore istantaneo del titolo in Borsa, sono impegnati a conciliare business e bene comune. E con loro consumatori attenti, capaci di scegliere, informati e critici, si esprimono attraverso il voto col portafoglio. Il mondo è sempre più impegnato nella ricerca di una prosperità inclusiva.

Non possiamo cadere nell’errore di una radicalità che ci acceca e impedisce di vedere i lenti ma significativi progressi che abbiamo dinanzi. L’impatto è la nuova cultura d’impresa. Tutti si preoccupano di come il proprio business ricade su società e ambiente. E i governi si cimentano nel costruire adeguate cornici normative, di incentivo e facilitazione.

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite ormai ispirano l’azione di banche, multinazionali, big tech e ogni altro rilevante attore economico. È la settimana della finanza responsabile! È il mese dell’educazione finanziaria! Quanto impegno profuso per insegnare a far di conto a quei risparmiatori, giovani, pensionati che altrimenti vengono turlupinati dalle banche! Le stesse, non v’è dubbio, che si impegnano per essere sostenibili e responsabili.

Ci siamo, tutto e tutti ormai sono ingaggiati nella corsa del momento: civili, responsabili, sostenibili, ecologici, circolari, impattanti e d’impatto, ambientali, biologici, biodinamici, sociali, umanisti, umanitari, etici…

Mi viene sonno. Di nuovo. In uno stato di dormiveglia, torno a sognare un mondo migliore, sostenibile, all’insegna di un capitalismo etico che mi accarezza amorevolmente. Forse è meglio continuare a dormire.

Oppure aprire gli occhi e trovare la forza di reagire, rimboccarsi le maniche e fare scelte politiche, di consumo e di vita che cambino davvero le cose.


* L’autore è direttore generale di Banca Etica.