Eni, Enel, Leonardo in assemblea: ecco i target degli azionisti critici
Decarbonizzazione lenta, armi, diritti umani, riforestazioni sospette: decine le domande che la Fondazione Finanza Etica ha pronte per il top management dei tre colossi italiani
Inizia il 14 maggio la settimana più calda per l’azionariato critico di Fondazione Finanza Etica (FFE) nel 2019. Si debutta con Eni, la più classica di tutte le assemblee, che si tiene come sempre al laghetto dell’EUR, a Roma.
La fondazione di Banca Etica ci torna per la dodicesima volta consecutiva e sarà accompagnata dalle associazioni Re:Common, Global Witness, A Sud e da rappresentanti delle comunità più colpite dalle attività del cane a sei zampe in Italia: da Gela a Licata, da Taranto alla Val d’Agri.
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Riforestazioni sospette e decarbonizzazione: per Eni, un pacchetto di 50 quesiti
Oltre 50 le domande anticipate via mail, su cui l’impresa dovrà fornire risposte scritte, come previsto dalla normativa italiana. Altri quesiti saranno posti direttamente a voce. «Anche quest’anno punteremo sul piano di decarbonizzazione di Eni», spiega Andrea Baranes, presidente di FFE. «Il piano strategico 2019-2022 di Eni prevede investimenti per circa 33 miliardi di euro in quattro anni, di cui la maggior parte (77%) destinata alle tradizionali attività per le fonti fossili. Mentre alle tecnologie rinnovabili è riservata una fetta ben più piccola della torta (1,4 miliardi di euro in tutto o 4,24% del totale). Si sono fatti dei passi avanti ma bisogna invertire la rotta al più presto ed Eni procede al rallentatore».
Ecco @meggio_m, il nostro #AzionistaCritico ad #AgmEni. Chiederemo della strategia sulle rinnovabili che, sinceramente, poco convince. Magari ci saranno sorprese. Magari. #rinnovabili #fossili #petrolio #eni #clima pic.twitter.com/OmMMczqVfv
— Fond. Finanza Etica (@FFinanzaEtica) May 14, 2019
Nel mirino della Fondazione c’è anche il progetto di Eni di piantare in Africa 8,1 milioni di ettari di foreste (un quarto della superficie dell’Italia) per compensare tutte le emissioni dirette di gas serra entro il 2030. «Condividiamo le preoccupazioni di Greenpeace», continua Baranes. «Le emissioni che saranno compensate riguardano esclusivamente le attività di esplorazione ed estrazione di petrolio e gas, cioè una minima parte delle emissioni di gas a effetto serra che sono prodotte dalle fonti fossili che Eni commercializza per essere impiegate, per esempio, nel settore dei trasporti o nelle centrali termoelettriche. Da una parte l’impresa aumenta le emissioni incrementando l’estrazione di petrolio e gas e dall’altra cerca di correre ai ripari piantando alberi. È un controsenso».
Leonardo: armi in Turkmenistan sotto mentite spoglie?
Giovedì 16 maggio vanno invece in scena due assemblee diverse, sempre nella Capitale: quella di Leonardo (ex Finmeccanica), che inizia alle 10.30 all’Accademia dei Lincei e quella pomeridiana (alle 14) di Enel, nell’auditorium della sede, in Viale Regina Margherita.
Per Leonardo il piatto forte sono le esportazioni verso il Turkmenistan e il possibile coinvolgimento nel sanguinoso conflitto che si sta combattendo da quasi cinque anni in Yemen.
«L’esercito del Turkmenistan, un Paese considerato alla stregua di Corea del Nord ed Eritrea sul piano della libertà di stampa, starebbe utilizzando almeno tre elicotteri multiuso (civile e militare) AW 109 di AgustaWestland (gruppo Leonardo) in operazioni militari, anche se la loro vendita non è mai stata autorizzata come export militare dallo Stato italiano. Vogliamo che Leonardo faccia chiarezza su questa vicenda», spiega Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Italiana per il Disarmo, che accompagna FFE nell’azionariato critico con le imprese del settore difesa per il terzo anno consecutivo.
«Lo stesso discorso vale per lo Yemen: Leonardo deve dirci se armi del gruppo sono attualmente utilizzate o saranno impiegate nella guerra in corso nel paese arabo». Tra le 13 domande inviate prima dell’assemblea, anche per conto di Greenpeace Germany, ritornano due questioni che stanno interessando, in modo diversa, il settore italiano della difesa: la vendita di Piaggio Aerospace e l’acquisto, da parte di Leonardo, della Vitrociset.
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Enel e il giallo del carbone
Con Enel, invece, si cercherà di capire meglio il “giallo del carbone”, visto che la società, che da alcuni anni, sotto la direzione di Francesco Starace, ha iniziato a invertire seriamente la rotta sulle fonti di produzione energetica a favore delle rinnovabili, si oppone ora alla chiusura di tutte le centrali a carbone italiane entro il 2025, decisa a fine 2017 dal governo.
«È a dir poco singolare che l’azienda che si è dotata per prima tra le utility europee di un obiettivo di decarbonizzazione al 2050 e in ogni occasione dichiara di essere leader a livello mondiale nella sostenibilità, sia la prima – insieme alla Regione Sardegna – a opporsi all’unico decreto che ad oggi prova a rendere vincolante e legale l’uscita dell’Italia dal carbone», spiega Antonio Tricarico dell’associazione Re:Common, anch’essa presente in assemblea assieme alle avvocate ambientaliste spagnole di IIDMA.
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La Fondazione Finanza Etica richiamerà anche l’attenzione sulle risposte deludenti ottenute all’assemblea della compagnia energetica spagnola Endesa (controllata da Enel), dalla Fundacion Finanzas Eticas il 12 aprile 2019. «Endesa sta ritardando l’uscita dal nucleare e da alcune centrali a carbone e c’è un grosso problema legato al costo elevato dell’elettricità, che rende difficile il pagamento delle bollette da parte di una grossa fetta della popolazione», dichiara Jordi Ibañez, direttore di Fundacion Fiare.
Alle assemblee di Eni ed Enel, Fondazione Finanza Etica parteciperà e farà domande anche a nome della rete europea di azionisti attivi SfC – Shareholders for Change, in particolare dei due membri fondatori francesi Meeschaert Asset Management, che ha in portafoglio 82mila zioni di Eni, ed Ecofi Investissements, che investe in circa 200mila azioni di Eni e 18mila azioni di Enel.