I cambiamenti climatici costeranno all’Italia il 7% del Pil

Uno studio del National Bureau of Economics: anche gli Stati ricchi faticheranno ad adeguarsi al climate change. E il Pil crollerà quasi ovunque

I cambiamenti climatici comporteranno perdite economiche enormi se non saranno affrontati in tempo. In questa immagine, una manipolazione digitale che mostra il Pantheon di Roma sommerso © BrasilNut1/iStock

I cambiamenti climatici colpiranno l’intera umanità. In modo non uniforme, certo, ma nessuno sarà esente. Neppure chi avrà a disposizione i mezzi – tecnologici e, soprattutto, finanziari – per rispondere alle inondazioni derivanti dalla risalita degli oceani, alle ondate di caldo senza precedenti, ad episodi inediti di siccità e ad altri fenomeni meteorologici estremi che colpiranno con sempre maggiore frequenza e in modo sempre più violento.

«I cambiamenti climatici colpiranno tutti, ricchi e poveri»

È noto infatti che alcune aree del mondo risultano particolarmente vulnerabili di fronte agli effetti del clima che cambia. Numerose aree costiere asiatiche, ad esempio, verranno inondate. Alcune piccole nazioni formate da atolli nel Pacifico, come nel caso della Repubblica di Kiribati, verranno completamente sommerse e cancellate dalle carte. E in tutto il mondo decine ci milioni persone saranno costrette ad abbandonare le loro terre.

L’idea, promossa da alcuni, secondo la quale i Paesi ricchi saranno in grado di approfittare economicamente dei cambiamenti climatici è tuttavia priva di ogni fondamento. A confermarlo è uno studio del National Bureau of Economics, think tank americano senza scopo di lucro. Che ha pubblicato, nell’agosto scorso, un rapporto nel quale si analizzano gli impatti macroeconomici che ciascuna nazione subirà.

«L’ipotesi che vede gli Stati agiati e temperati immuni rispetto ai cambiamenti climatici, e anzi in grado di arricchirsi nei prossimi decenni, è semplicemente inverosimile», ha affermato Kamiar Mohaddes, economista e co-autore del rapporto, curato da un gruppo di ricercatori dell’università di Cambridge.

Secondo questi ultimi, infatti, tutte le nazioni del mondo patiranno le conseguenze delle mutazioni del clima di qui al 2100. Qualora infatti i governi non saranno in grado di limitare la crescita della temperatura media globale, il prodotto interno lordo delle nazioni più ricche potrebbe subire flessioni storiche.

Lo studio del National Bureau of Economics si è concentrato sui dati economici di 174 Paesi, nel periodo compreso tra il 1964 e il 2017. Le conclusioni indicano che con un riscaldamento globale a +4 gradi di qui alla fine del secolo, il Pil degli Stati Uniti potrebbe perdere il 10,5%. Quello del Canada il 13%. In Svizzera la contrazione arriverebbe al 12%. In Giappone, India e Nuova Zelanda al 10%. In Italia al 7%.

USA, i cambiamenti climatici abbatteranno il Pil del 10,5%

Mohaddes, secondo quanto riferito dal Washington Post, propone l’esempio del Regno Unito, in cui si sono registrati record di caldo. «Le ferrovie sono andate in tilt, l’asfalto ha fuso e migliaia di persone sono rimaste bloccate. Eventi come questi hanno un costo economico e non faranno che diventare più frequenti».

«La nostra analisi – si legge nel rapporto – suggerisce che un persistente incremento della temperatura media globale, pari a 0,04 gradi all’anno, in assenza di politiche di mitigazione, potrà ridurre il Pil mondiale pro capite del 7,22 per cento nel 2100. Al contrario, centrando gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, con una crescita di 0,01 gradi all’anno, la perdita sarebbe ridotta all‘1,07%».

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Le perdite economiche stimate per le economie di tutto il mondo nel caso in cui si centrassero gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Immagine tratta dall’account Twitter del ricercatore Kamiar Mohaddes

D’altra parte, un rapporto dello United Nations Office for Disaster Risk Reduction (UNDRR) ha indicato che tra il 1998 e il 2017 il costo delle catastrofi climatiche è cresciuto del 251%. Il che, in termini monetari, ha significato danni per 2.908 miliardi di dollari.

Nel caso in cui, invece, si centrassero gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, limitando la crescita della temperatura media globale a 2 gradi centigradi, alla fine del secolo, le perdite risulterebbero nettamente più contenute.

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